Enrico Marcoz per ANSA
Dieci anni fa Giuliano Gilardi, 60 anni, operaio della Cogne Acciai Speciali in pensione, è stato ucciso nella sua casa di Senin (Saint-Christophe), sulla collina sopra Aosta. Lo hanno colpito con otto coltellate all'alba del 27 dicembre del 2011, mentre era ancora a letto. Un delitto che è rimasto irrisolto, un classico 'cold case'.
Ora la procura di Aosta ha riaperto l'inchiesta, iscrivendo quattro persone nel registro degli indagati con l'accusa di concorso in omicidio aggravato: una è Cinzia Guizzetti, ex compagna della vittima, già principale indiziata del delitto in una precedente inchiesta che è poi stata archiviata. Gli altri tre sono uomini che non appartengono alla cerchia della famiglia o delle amicizie della donna.
Le indagini sono affidate ai carabinieri di Chatillon/Saint-Vincent. I militari nelle scorse settimane hanno raccolto nuovi elementi: si parla della 'soffiata' di un confidente, ma non ci sono conferme.
Gli inquirenti hanno stretto il cordone del riserbo su tutta la vicenda. Si sa però che molti sono i punti ancora da chiarire e gli accertamenti da compiere per avere un quadro più delineato.
A partire dall'incidente probatorio previsto domani su una gomma da masticare trovata all'epoca nel letto della vittima: il dna rilevato sarà comparato con quello dei tre uomini indagati.
Giuliano Gilardi era un tranquillo pensionato. Dal 2008 aveva lasciato il reparto 'treno di laminazione' della Cogne Acciai Speciali per dedicarsi alle sue passioni, in particolare il calcio e la moto (aveva un 'chopper' con cui girava per la Valle d'Aosta).
Nessun contatto con la criminalità, nessuna ombra nel passato. Divorziato e con una figlia, da qualche mese aveva una relazione con la Guizzetti. Proprio su di lei si erano concentrate le indagini della polizia, fin dall'inizio: per gli inquirenti c'erano "numerosi'' elementi indiziari a carico della donna (tra cui una traccia di sangue trovata sotto la scarpa e un violento litigio avvenuto la sera prima), considerata l'unica persona ad avere un movente ''valido e forte'' per il delitto, prettamente di natura sentimentale (era stata lasciata dal compagno il giorno prima, come confermano alcuni sms).
Vista la violenza dei colpi inferti sulla vittima, si è anche ipotizzato che potesse essere stata aiutata da qualcuno. La squadra mobile puntava ad una confessione, come accade spesso nei delitti passionali, ma l'autodifesa della donna ha retto anche durante l'interrogatorio davanti all'allora procuratore capo Marilinda Mineccia.
Il giudice aveva anche respinto una richiesta di arresto per l'assenza di "gravi indizi". Alla fine, accogliendo la richiesta della procura, nell'aprile del 2014 il gip aveva archiviato l'inchiesta.