Tommaso Rodano per il “Fatto Quotidiano”
Pare proprio Soldatino." Al minuto 69 di un Chievo-Roma pirotecnico nel tabellino (3-3) ma piuttosto scadente per la qualità del gioco, nei giallorossi esordisce un ragazzo classe 1997, maglia numero 52. Al posto di Salah entra Lorenzo Di Livio: è il figlio di Angelo - detto Soldatino, appunto - faticatore di fascia (e di successo) della Juventus anni 90.
Era il 6 gennaio: il suo esordio in serie A è durato 20 minuti, buoni per un' ammonizione, qualche pallone toccato e i complimenti di rito dei telecronisti: "Ha qualità", "La personalità non gli manca."
Probabilmente se li merita: Di Livio negli ultimi mesi si è messo in luce come uno dei talenti più vivaci della Primavera romanista. Però resta una sensazione spiacevole: per i figli dei calciatori sembra valere una regola non scritta: bisogna parlarne sempre bene.
La crisi azzurra e il "familismo amorale"
Proviamo a ribaltare il punto di vista: dopo il 2006, l' anno dei mondiali tedeschi, il calcio italiano ha vissuto stagioni tutt' altro che esaltanti. La capacità di produrre giovani campioni sembra scomparsa, tranne rare eccezioni. Nel frattempo le giovanili si riempiono di una quantità senza precedenti di "figli di".
Non sarà mica un certo grado di "familismo amorale" uno dei motivi dell' arretramento tecnico e culturale del nostro pallone?
È vero, i figli d' arte nel calcio ci sono sempre stati. C' è anche ci ha fatto la storia.
Paolo Maldini è stato uno dei più grandi difensori di tutti i tempi: il fatto che anche suo padre Cesare sia stato un campione del Milan, non ha spostato una virgola di una carriera destinata ad essere straordinaria. Per altri il cognome sulle spalle è stato più che altro una zavorra.
Daniele Conti è figlio di Bruno, imprendibile ala destra dell' Italia dell' 82 e della Roma dell' 83. Ha esordito tra i professionisti nella squadra del papà. Non una passeggiata, se hai l' etichetta del raccomandato: Conti è dovuto scappare via per fare il suo percorso. È diventato una bandiera del Cagliari. Ironia della sorte: non è mai stato un bomber, ma alla Roma ha segnato a ripetizione.
Le foto dei Maldini e le parate di Lentini
Nella Roma sta crescendo - altro paradosso - il figlio di una bandiera laziale. Gabriele Marchegiani è primogenito di Luca, ex portiere e capitano biancoceleste.
Ha esordito, guarda caso, proprio in un derby a Formello, tra i fischi. Ora è in prestito alla Pistoiese.
Hanno tentato la fortuna nelle squadre dei padri anche Nicolas Delvecchio e Miroslav Mihajlovic , eredi di Marco, ex punta della Roma, e Sinisa, idolo laziale dal '98 al 2004. Non è andata bene: a fine 2015 i loro contratti sono scaduti e le società non li hanno prolungati. Il fratello di Mirolsav, Dusan Mihajlovic , gioca ancora nelle giovanili biancocelesti: lo scorso primo novembre ha incontrato il padre all' Olimpico; lui era a bordo campo da raccattapalle, Sinisa sedeva sulla panchina del Milan.
Di Maurizio Ganz, ex bomber milanista, si diceva "El segna semper lü". Segna sempre lui. Simone Andrea Ganz , classe 1993, ha ereditato il vizio del papà, ma nonostante i gol a grappoli tra i Primavera, il Milan l' ha mollato. Ora segna in serie B, nel Como, e a giugno potrebbe andare alla Juve.
A Milanello invece sperano di continuare la fortunata saga Maldini. Christian , il più grande, fa il difensore, Daniel è attaccante. Il più giovane spopola su Instagram con foto in barca e sguardo piacione: per ora è l' eredità più evidente del padre fuoriclasse. Sempre nel Milan Primavera c' è spazio anche per Andrea Casiraghi , figlio di Gigi, classe '97, attaccante d' area proprio come il papà.
Federico Di Francesco , figlio di Eusebio, ex romanista e allenatore del Sassuolo, gioca in serie B nel Lanciano.
Prestazioni brillanti, meno le esultanze: a febbraio, dopo un gol al Modena, è corso sotto ai suoi tifosi e li ha omaggiati con un saluto romano. Nella Primavera della Fiorentina gioca Federico Chiesa ; il papà Enrico è stato uno dei più prolifici attaccanti italiani della storia recente: 138 reti in serie A e una Coppa Uefa vinta col Parma di Malesani.
Poi c' è Nicholas Lentini , cresciuto nella stessa squadra del padre Gianluigi. Il papà era una stella granata, prima dei miliardi di Berlusconi e di un incidente che gli ha rovinato la carriera. Nicholas è diventato un piccolo idolo torinista, nel 2014, parando tre rigori su quattro nella finale del campionato Primavera. Oggi gioca a Bellinzago, serie D.
Quando il nome non fa il calciatore Il cognome può spalancare porte che per i ragazzi comuni non si aprono, ma poi può diventare un peso tremendo, che fa incurvare le spalle. Matteo Mandorlini ha gli stessi occhi del papà Andrea, due gocce d' acqua.
Il suo talento si è smarrito per strada: ha 27 anni e gioca nel Pordenone. Per Filippo Boniperti , nipote di Giampiero, l' eredità è stata pesantissima. La sua carriera parte a razzo nelle giovanili della Juve: esordisce tra i grandi in Europa League contro il Manchester City, nel 2010. Poi scompare: oggi, a 24 anni, prova a ripartire dall' Alessandria.
Filippo Mancini , più di tutti gli altri figli d' arte, ha legato il suo percorso a quello del padre. Il papà Roberto chiuse la sua prima esperienza da allenatore dell' Inter nel 2008, a maggio. Due mesi dopo anche Filippo, che giocava nelle giovanili nerazzurre, fu lasciato libero di andarsene. Stesso destino in Inghilterra: Roberto coach del Manchester City, Filippo ingaggiato dall' academy dei Blues. Quando il padre fu licenziato, nel 2013, il figlio fu invitato a seguirne di nuovo le orme. Oggi Filippo studia negli Usa, dove gioca (nei Dc United) anche il figlio più piccolo del Mancio, Andrea.