Da fanpage.it
Novak Djokovic è sempre in copertina, il tennista serbo ha vinto il ricorso, il giudice gli ha detto ragione e grazie a quella sentenza ha saputo di avere la possibilità di giocare gli Australian Open, e soprattutto di muoversi liberamente in Australia. Anche se in questa vicenda tutto cambia rapidamente e ora il numero 1 ATP è in attesa di sapere se arriverà, per lui, un ulteriore provvedimento da parte del Governo australiano che potrebbe espellerlo. Ma intanto è stato reso noto l'interrogatorio a cui Djokovic è stato sottoposto quando è stato fermato all'arrivo a Melbourne. Interrogatorio avvenuto in aeroporto.
The Age ha pubblicato la conversazione tra il tennista e chi lo ha interrogato e cioè dall’addetto della dogana. La prima domanda a cui risponde è quella sul motivo della sua visita in Australia: «Sono un tennista professionista e il motivo principale per cui vengo in Australia è la partecipazione agli Australian Open a Melbourne, Victoria». Djokovic ammette subito di non essere vaccinato contro il Covid: «Sei vaccinato per il Covid-19?», la risposta: «Non sono vaccinato».
Poi arriva la domanda su eventuali positività del passato, il giocatore afferma di essere risultato due volte positivo, la prima a giugno del 2020, la seconda nel dicembre scorso: "Sì. Ho avuto il Covid due volte, a giugno 2020 e di recente sono risultato positivo – PCR – 16 dicembre 2021. Ho anche i documenti per confermare che se vuoi posso fornirti». E ‘grazie' a quel secondo contagio ha ottenuto l'esenzione medica.
Poi si passa a tecnicismi, il doganiere chiede a Djokovic se ha avuto un filo diretto con il governo federale o con Tennis Australia: «I documenti li ho forniti, non li ho con me, ma posso trovarli elettronicamente, abbiamo inviato un'e-mail a un pannello medico indipendente che è stato selezionato dal governo federale australiano per esaminare le richieste di esenzione medica che abbiamo inviato. C'erano due panel, uno federale e l'altro legato allo Stato del Victoria e del Tennis Australia», e soprattutto Nole spiega quali dati ha fornito e a chi: «Dato che sto partecipando agli Australian Open che sono gestiti da Tennis Australia, la mia comunicazione è stata diretta a loro perché è stata questa la procedura, a cui sono stato presentato, che mi hanno informato che questo è il modo per farlo. E a loro ho dato tutti i miei test PCR, positivi e negativi, i miei anticorpi e alcune informazioni aggiuntive e poi le hanno inviate al panel medico indipendente del Victoria, al governo statale del Victoria, al panel medico indipendente».
I toni si alzano, però, poco dopo, quando chi gli pone le domande e ha potere decisionale comunica a Djokovic che il visto sarà annullato. Il giocatore si infuria: "Non capisco, mi state cancellando il visto?". Voglio dire, non riesco davvero a capire cos'altro vuoi che vi fornisca. Ho fornito tutti i documenti che Tennis Australia e il governo dello Stato di Victoria mi ha chiesto di fare nelle ultime tre o quattro settimane, questo è quello che stiamo facendo. Quindi mi state dando legalmente 20 minuti per cercare di fornire informazioni aggiuntive che non ho? Alle 4 del mattino? Voglio dire, mi avete messo in una posizione molto imbarazzante, alle 4 del mattino non posso chiamare il direttore di Tennis Australia, non posso sentire nessuno del governo dello Stato del Victoria, sono in una posizione scomoda. Tutto ciò che mi è stato chiesto di fare è qui".
Il rappresentante della frontiera fa capire a Djokovic che il visto non lo avrà e a quel punto il 20 volte vincitore Slam si infuria per davvero: «Non sarei qui seduto di fronte a te se non rispettassi tutte le regole e i regolamenti stabiliti dal tuo governo. Voglio dire, per me è un po' scioccante che tu mi dia l'avviso di annullare il mio visto in base a cosa? Mi dai 20 minuti per fare cosa? Ti dico subito che non ho nient'altro da dirti. Se puoi, aspettiamo le otto del mattino e poi posso chiamare Tennis Australia e poi possiamo provare a capirlo. Ma in questo momento? Voglio dire, sono appena arrivato all'una di notte, non so cos'altro posso fare in questo momento. Semplicemente non ha alcun senso. Voglio dire, ho fatto tutto il possibile. In questo momento posso chiamare il mio agente. Mi hai detto di non usare il telefono, quindi non sto comunicando con nessuno, nessuno sa cosa sta succedendo».
A Djokovic poi è stato comunicato che non avrebbe potuto fare ciò che voleva e che sarebbe finito all'Hotel Park, dove risiedono migranti e richiedenti asilo, e del quale si è lamentato tantissimo e da dove si è fatto sentire. In attesa di essere trasferito ha scritto un ‘affidavit', un esposto in cui ha delineato il suo viaggio in Australia, volo partito dalla Spagna con passaggio per Dubai, e ha spiegato tutto, ha parlato dei documenti richiesti che aveva con sé e ha raccontato del dialogo con il doganiere: «Tutto è durato solo pochi minuti, l’ufficiale mi ha accompagnato in una piccola stanza con un tavolo, due sedie e una videocamera, mi è stato detto che la conversazione sarebbe stata registrata. Mi è stato chiesto anche di spegnere il mio telefonino e di metterlo nella borsa. Poi mi è stato concesso di andare nel corridoio a riposare su un divano. Molte ore dopo mi è stato consegnato un documento in cui mi è stata annunciata l'intenzione di annullare il mio visto. Non ho firmato perché ero confuso, contrariato e confuso. Erano le 4 del mattino e avevo bisogno di aiuto, ho chiesto di parlare con i miei avvocati, ma mi è stato detto che non era possibile».