NON PROPRIO UNO STINCO DI SANTONE - MAURO CIONI, L’EX PRETE CHE AVEVA CREATO UNA SETTA A CORTONA, IN PROVINCIA DI AREZZO, È STATO CONDANNATO A 14 ANNI E 8 MESI DI RECLUSIONE PER AVER RIDOTTO IN SCHIAVITÙ E VIOLENTATO I SUOI ADEPTI - SECONDO LE RICOSTRUZIONI, CIONI LI AVREBBE RIDOTTI "IN CONDIZIONI DI TOTALE SUDDITANZA PSICOLOGICA FACENDO FALSAMENTE CREDERE LORO CHE PER CONSENTIRE LA SALVEZZA ETERNA DOVEVANO…”

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MAURO CIONI MAURO CIONI

Erika Pontini per www.lanazione.it

 

L’accusa di riduzione in schiavitù ha retto al vaglio della Corte d’appello di Firenze, dopo il rinvio della Cassazione. E per l’ex prete Mauro Cioni che aveva creato una setta a Montecchio di Cortona, legando le anime degli adepti con lo spettro della dannazione eterna, i giudici hanno inasprito la pena. 

 

La Corte, presidente Alessandro Nencini, ha condannato l’ex sacerdote a 14 anni, 8 mesi e 12 giorni di reclusione - contro gli otto anni iniziali solo per violenza sessuale - ritenendo che Cioni avesse realmente ridotto schiavi nove aderenti alla congrega sia sessualmente che economicamente.

 

Dopo il verdetto di appello che aveva dimezzato la condanna a 15 anni in primo grado, e il ricorso in Cassazione, la Terza sezione aveva confermato la condanna a otto anni per violenza ma annullato la parte del dispositivo che aveva derubricato la riduzione in schiavitù in maltrattamenti (reato peraltro prescritto) mandando di nuovo in Corte per un nuovo giudizio di appello che si è celebrato ieri.

 

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La vicenda prese avvio nel convento di Montecchio dove Cioni aveva dato vita a una comunità religiosa che aveva diretto per circa due decenni prima come sacerdote poi, una volta uscito dalla chiesa, come una sorta di ‘santone’. Secondo l’accusa Cioni, difeso dagli avvocati Luca Bisori e Valeria Valignani, avrebbe guidato la comunità utilizzando metodi violenti ma, soprattutto approfittando della fragilità dei suoi seguaci. 

 

In particolare, secondo la ricostruzione accusatoria, Cioni avrebbe esercitato sugli adepti "quale guida spirituale potere tali da porli in condizioni di totale sudditanza psicologica facendo falsamente credere – è ricostruito nel capo di imputazione – che per consentire la salvezza eterna e liberarli dalle presenze maligne dovevano assecondarlo in ogni sua decisione minacciandoli che, in caso contrario, avrebbero sofferto per tutta la vita". 

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Con lo spettro della dannazione eterna l’ex sacerdote sarebbe riuscito a ottenere il distacco totale dei seguaci dalle rispettive famiglie, dalla vita sociale e lavorativa e avrebbe così ottenuto prestazioni sessuali e dazioni di denaro.

 

Una spaccatura interna alla setta e il gesto estremo di un giovane innescarono le indagini della squadra mobile che raccolse testimonianze impressionanti. Dal 2016 la prima condanna, ieri l’ultima prima del verdetto finale in Cassazione dove l’avvocato Luca Bisori ha intenzione di ricorrere, appena lette le motivazioni. 

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"Impugneremo la sentenza – spiega il legale – perché riteniamo che la Cassazione avesse solo dato indicazioni delle modalità corrette della fattispecie, senza un obbligo di condanna nei confronti di Cioni", spiega Bisori. Intanto l’ex prete divenuto santone è a casa, non è mai stato arrestato perché il verdetto non è ancora passato in giudicato. "Soffre di una sindrome di immobilizzazione ormai da dieci anni", spiega ancora il difensore.

 

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