Fulvio Fiano per corriere.it
Prima condanna nella vicenda legata all’omicidio di Luca Sacchi. Il gup di Roma ha condannato a 4 anni di reclusione Giovanni Princi, amico di infanzia del personal trainer ucciso nell’ottobre scorso davanti al John Cabot pub in zona Appio, accusato del tentativo di acquisto di 15 chilogrammi di marijuana. Il giudice Pier Luigi Balestrieri ha accolto la richiesta della pm Nadia Plastina che contesta a Princi la violazione della legge sugli stupefacenti.
Princi, che rimane agli arresti domiciliari, avrebbe fatto, secondo l’ipotesi investigativa, da intermediario assieme alla fidanzata di Luca, l’ucraina Anastasiya, nella trattativa, finita in tragedia, per l’acquisto di un quantitativo di marijuana (15 kg in cambio di 70mila euro) con il gruppo di San Basilio, capeggiato da Valerio Del Grosso, l’autore del colpo di pistola che ha ucciso Luca Sacchi, e dal complice Paolo Pirino.
Giovanni Princi con due amici la sera in cui fu ucciso Luca Sacchi
La condanna è sensibilmente più bassa (un terzo circa) di quanto aveva chiesto la procura ma è comunque un primo punto fermo nella vicenda che portò all’omicidio di Luca Sacchi. Il pm Nadia Plastina in tutte le fasi preliminari al processo ha sempre rimarcato la personalità manipolatoria di Princi e la sua determinazione a delinquere come mostrato anche dalla scelta di non collaborare mai alle indagini neanche dopo il suo arresto (ha sempre scelto di non rispondere negli interrogatori di garanzia).
Se Anastasiya era affascinata dalla sua capacità “imprenditoriale” tanto da aderirvi con convinzione, un dato che emerge sia dal suo ruolo nella serata che si rivelerà fatale per Luca sia nella scelta di mentire agli inquirenti per nascondere il giro nel quale era coinvolta, Sacchi subiva la personalità dell’ex amico che aveva allontanato da lui e dalla sua famiglia la fidanzata ucraina.
Le ultime intercettazioni depositate nel processo madre, che riprende domani, mostrano infatti come il personal trainer fosse partecipe degli affari di Princi e Anastasiya ma cercasse di tenere una distanza di sicurezza da quello che definiva «uno spacciatore di discreto livello». Temendo forse di veder stravolta la sua vita, avvisava Anastasiya: «Va bene farci affari, ma viverci insieme come una famiglia no».
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