Marco Mensurati e Fabio Tonacci per www.repubblica.it
Una cortina di silenzi e omissioni ha coperto le azioni e la fuga di "Igor il Russo", il criminale che nella primavera scorsa ha terrorizzato la pianura Padana a cavallo tra Ferrara e Bologna. Da allora Igor è sparito nel nulla. Probabilmente perché, nella fase più calda della caccia all’uomo, pezzi dello Stato hanno volutamente tenuto all’oscuro altri pezzi dello Stato. Incartandosi da soli. In queste ore l’Arma dei carabinieri, che ha condotto le indagini, è precipitata in un profondo imbarazzo e il goffo comunicato stampa diffuso ieri dal Comando provinciale di Ferrara ne è l’ultima testimonianza.
LA CORTINA DI SEGRETI
LE CAMPAGNE IN CUI SI NASCONDE IGOR VACLAVIC
Quando la fuga di Igor era appena agli inizi, e cioè subito dopo l’assassinio di Davide Fabbri, il tabaccaio di Budrio, i carabinieri di Bologna nascosero alle autorità di Ferrara (polizia e prefettura) l’identità del ricercato. Peccato che la polizia avesse appena concluso con successo un’inchiesta su Igor e la sua banda di rapinatori e, dunque, fosse in possesso di informazioni preziose e potenzialmente utili per individuarlo.
E che il prefetto di Ferrara, organismo responsabile dell’incolumità pubblica nella provincia dove il killer ha vissuto negli ultimi anni e dove si è sempre rifugiato, se avvertito tempestivamente avrebbe potuto (e dovuto) dire a tutti gli “operativi” che battevano il territorio di stare attenti. Invece, sette giorni dopo l’omicidio di Budrio, Igor il Russo ha potuto uccidere ancora. Un agguato nel parco delle Valli del Mezzano, proprio in provincia di Ferrara. Dove, sotto i colpi della sua Smith&Wesson calibro 9 è caduto Valerio Verri, un volontario. Stava cercando addestratori abusivi di cani. Ha trovato Igor.
L'ASSASSINO SENZA NOME
Che poi, Igor non è russo. È serbo, di origini ungheresi. E non si chiama nemmeno Igor, ma Norbert. Norbert Feher. Di lui, i carabinieri hanno sempre saputo tutto. Solo che non lo hanno detto a chi dovevano, non hanno condiviso informazioni trincerandosi dietro il segreto investigativo.
Ancora nella notte tra l’otto e il nove aprile, cioè una settimana dopo i fatti di Budrio e poche ore dopo l’omicidio del volontario, la compagnia di Porto Maggiore trasmise a svariati organismi istituzionali — tra cui la questura e la prefettura di Ferrara — un telex in cui negava di conoscerne l’identità. “Ignoto — così lo definiscono i militari nel documento che Repubblica ha visionato — esplodeva numero 5 colpi di arma da fuoco calibro 9 x 21 attingendo autovettura polizia provinciale Ferrara con a bordo l’agente scelto della Polizia provinciale Ravaglia Marco e Valerio Verri, volontario Legambiente”.
Ignoto. Eppure è documentato che i carabinieri dei due comandi provinciali, Bologna e Ferrara, stavano indagando su Norbert Feher già dalla notte del 30 marzo quando questi rubò la pistola a una guardia giurata. Fin da subito, un maresciallo di Bologna riconobbe il modus operandi del ben noto Feher, tanto che il 3 aprile gli investigatori misero sotto controllo il suo telefono cellulare.
Nelle cinque pagine della richiesta di intercettazioni, datata 2 aprile, l’identità del presunto assassino è certa. “Considerata la gravità dei reati e il concreto pericolo di reiterazione e l’esistenza di un quadro di gravità indiziaria nei confronti di Vaclavic, appare indispensabile attivare immediate intercettazioni telefoniche”. Avevano il loro uomo. Tutto stava a prenderlo.
TUTTI CONTRO TUTTI
In quei giorni convulsi di inizio aprile, tra il primo e il secondo omicidio, alla Questura di Ferrara niente fu detto. I giornali già pubblicavano le foto di Feher/Igor e nel frattempo i canali ufficiali rimanevano muti. “Nessuna segnalazione risulta pervenuta in relazione all’omicidio Fabbri”, scrive la prefettura di Ferrara in una nota alla procura. Lo stesso sostiene la Questura: “Nessun elemento investigativo o di rilievo per la sicurezza pubblica ci è stato comunicato”.
LE CAMPAGNE IN CUI SI NASCONDE IGOR VACLAVIC
E però ieri sera i carabinieri di Ferrara hanno fatto uscire un comunicato che ribalta, o vorrebbe ribaltare, tutto. “Nessun dato investigativo fino all’8 aprile faceva presagire la sua responsabilità penale (di Feher, ndr) per gli episodi delittuosi del 30 marzo e del 1° aprile, né la sua presenza nella zona”. Esattamente l’opposto di quanto sostengono gli stessi carabinieri (ma quelli di Bologna) e le carte agli atti dell’indagine.
L'ULTIMO COMUNICATO
Per difendersi dall’esposto dell’avvocato Fabio Anselmo il quale ritiene che l’uccisione di Verri potesse essere evitata, i carabinieri bolognesi hanno dimostrato alla procura che già il 2 aprile la loro centrale operativa aveva trasmesso “informalmente via mail” l’identità del ricercato. Nome, cognome e grado di pericolosità: “Ha un fucile da caccia e una semiautomatica”.
Nel lungo elenco dei destinatari della segnalazione “informale” mancano però Questura e Prefettura di Ferrara. Incrociando il contenuto di questa mail con il comunicato stampa di ieri, il risultato è da bancarotta: nell’imminenza dei fatti i carabinieri non hanno informato chi doveva tutelare l’incolumità pubblica (ai sensi della legge 121 del 1981), probabilmente al fine di tagliare fuori la polizia da un’inchiesta che prometteva molta visibilità. Mesi dopo, di fronte alle critiche, si difendono contraddicendosi l’un l’altro. E dimostrando come, sul campo, il grande vantaggio di Igor fu la disorganizzazione di chi doveva braccarlo.
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