Estratto dell’articolo di Claudio Arrigoni per “7 – Corriere della Sera”
È una sera di fine gennaio del 2008. Tavolo d’angolo di uno dei ristoranti storici di Milano. Oscar Pistorius è seduto fra Candido Cannavò, che dal primo giorno lo sostenne nel suo obiettivo di correre alle Olimpiadi, e Ottavio Missoni. Lo stilista prende un foglio e scrive sotto a un disegno, una riga su e una giù, come quelle che lo hanno reso famoso nel mondo intrecciate su maglie e maglioni: «Caro Oscar, vedi come è la vita... a zig zag». […]
Al piano superiore, poco più di cinque anni dopo, con quattro colpi calibro 9 sparati contro la porta del bagno, massacrò il corpo di Reeva, la sua fidanzata. Una giovane donna morta e un giovane uomo colpevole oltre ogni dubbio di averla uccisa. Lei chiamava lui “Baba”, lui chiamava lei “Angel”. Chiuso. Storia finita.
Sono passati dieci anni, fra aule di tribunali e celle di carceri speciali, e invece la storia non è finita per niente. Perché il 31 marzo è fissata un’altra udienza, quella per decidere la libertà condizionale. Pistorius ha presentato domanda mesi fa e potrebbe ottenerla dopo aver scontato più di metà della pena. […]
Nel processo più mediatico del decennio fu condannato per omicidio colposo a cinque anni, poi portati a sei, dalla giudice dell’Alta Corte di Gauteng a Pretoria, Thokozile Masipa, che accolse la sua versione: «Non volevo ucciderla, pensavo ci fosse un ladro».
Venne scelta per evitare polemiche, lei bimba nera cresciuta dentro l’apartheid, “tea girl”, ragazza che portava il tè ai ricchi bianchi nelle loro belle case, donna impegnata contro le discriminazioni e la violenza di genere. Una sentenza giudicata troppo “indulgente” e aumentata a oltre 15 anni, diventati 13 e 4 mesi per un periodo già scontato, da Willie Seriti, giudice della Corte di Appello. […]
A febbraio, mentre i genitori di Reeva si preparavano a celebrare i dieci anni dalla morte con una cerimonia sulla spiaggia, dove hanno sparso le sue ceneri, Oscar passava dalla pulizia dei bagni del carcere al lavoro nei campi per coltivare cavolfiore e verdure, vendute per aiutare gli scolari poveri.
Sono i suoi impieghi nella prigione di Atteridgeville, istituto non fra i più duri del Sudafrica, dove ha una cella singola di pochi metri quadrati con bagno e lavandino. Il fisico non è più quello che lo aveva portato a essere uno dei più grandi campioni di inizio secolo. Van Zyl lo ha incontrato in carcere l’ultima volta prima della pandemia: «Ha perso molto peso, era dimagrito e provato. Fumava continuamente sigarette, in maniera nevrotica».
Poi solo i parenti hanno avuto accesso a quell’unico colloquio mensile. Una detenzione dura, specie all’inizio. Venne picchiato prima e accoltellato poi. Per sicurezza fu lasciato in isolamento. Notti insonni e pillole per dormire, incubi e risvegli sudati.
OSCAR PISTORIUS VOMITA DURANTE IL PROCESSO
[…] In carcere ha studiato business administration per il settore immobiliare. Ha l’idea di aiutare chi viene amputato a usare le protesi. I genitori di Reeva sono contrari alla scarcerazione. Barry Steenkamp lo ha incontrato la scorsa estate, June rifiutò di vederlo: «Non ha mai ammesso la mia verità: aver volontariamente ucciso Reeva. […]
Fino a quella notte di follia, Pistorius era certamente uno degli sportivi più ammirati del mondo. Copertine, pubblicità, spettacoli, tv. Le aziende se lo contendevano. People lo pose all’ottavo posto fra gli uomini più sexy del 2012, dietro Richard Gere e davanti Denzel Washington. Piaceva oltre lo sport.
LA MAMMA DELLA FIDANZATA DI PISTORIUS
Non era un supereroe senza macchie e paure, però. Cercava di vivere al massimo. Anche con eccessi. Non accadeva sempre. In particolare quando si trovava in Sudafrica. Nella sua terra si sentiva di poterlo fare, diversamente da quando era all’estero, specie in Italia.
Quasi un doppio di sé. Amava i motori e le corse. Porsche e Nissan da gara fra le sue auto. Una notte, guidando una barca su un fiume, rischiò di morire finendo contro un pontile. Dicono avesse esagerato con l’alcol. Si salvò per miracolo, il viso devastato. Ci vollero 172 punti di sutura e chirurgia ricostruttiva. Era ossessionato dalla sicurezza e appassionato di armi. Ne aveva una decina. […]
Pistorius si dispera al processo Oscar e Reeva