IL PAPAGNO DEL PAPA CONTRO I NO-VAX - IL VATICANO PREVEDE ANCHE IL LICENZIAMENTO PER I DIPENDENTI CHE SCELGONO DI NON VACCINARSI CONTRO IL COVID “SENZA COMPROVATERAGIONI DI SALUTE” – SUL REBUS DELL’OBBLIGATORIETA’ DEI VACCINI ARRIVA UNA SENTENZA DAL TRIBUNALE DI MESSINA: MEDICI E INFERMIERI NON SONO PIÙ TENUTI A FARSI INIETTARE NULLA CONTRO LA LORO VOLONTÀ. DUNQUE, LA MANCATA VACCINAZIONE NON DETERMINA L' INIDONEITÀ DEL LAVORATORE ALLA MANSIONE…

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Da corriere.it

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Mano dura del Vaticano contro i dipendenti che scelgono di non vaccinarsi contro il Covid. La vaccinazione è volontaria ma un decreto del Presidente della Pontificia Commissione dello Stato della Città del Vaticano, cardinale Giuseppe Bertello, prevede per i dipendenti che non fanno il vaccino (che il Vaticano ha messo a disposizione) fino al demansionamento per chi non può farlo per ragioni di salute, con il mantenimento dello stipendio.

 

Per chi si rifiuta «senza comprovate ragioni di salute» ci sono «conseguenze di diverso grado che possono giungere fino alla interruzione del rapporto di lavoro». Il decreto è su Vaticanstate.

 

 

 

CONSERVA IL POSTO CHI NON VUOLE IL SIERO

vaccino inoculato vaccino inoculato

M.D. per "Libero quotidiano"

Possono esultare i no-vax e, nello stesso tempo, coloro che temono di non riuscire a ricevere in tempo la propria dose di siero anti Covid-19 hanno una speranza in più che l' attesa si abbrevi. In base a una sentenza del tribunale di Messina, medici e infermieri non sono più tenuti a farsi iniettare nulla contro la loro volontà pena la perdita del posto di lavoro.

 

I giudici siciliani hanno stabilito che, non essendo stato introdotto per legge un obbligo vaccinale per il personale sanitario contro il Covid-19, non sussiste nemmeno un obbligo di vaccinazione per il dipendente, anche se impiegato presso strutture sanitarie. Di conseguenza, la mancata vaccinazione non determina l' inidoneità del lavoratore alla mansione.

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SOSPESA DALL' AZIENDA Il caso è solo indirettamente collegato all' antidoto contro il coronavirus, ma riguardava un' infermiera, sospesa dall' azienda ospedaliera per la quale lavorava, in seguito all' applicazione alla lettera del decreto n. 743 del 13 agosto 2020 dell' assessorato regionale della Sicilia che, nel prevedere la somministrazione del vaccino antinfluenzale e antipneumococcico, ovvero, per i soggetti già sottoposti a tale ultimo vaccino, la sola vaccinazione anti Tpa e/o antizoster,

 

recitava testualmente «per la campagna di vaccinazione antinfluenzale 2020/2021, in concomitanza con la pandemia da Covid-19, viene introdotto l' obbligo della vaccinazione antinfluenzale per i medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario. La mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta l' inidoneità temporanea, per tutto il periodo della campagna, allo svolgimento della mansione lavorativa».

 

vaccino covid vaccino covid

Secondo la lavoratrice le norme sulla sicurezza sul lavoro non prevedono l' obbligatorietà della vaccinazione in capo al lavoratore, ma impongono al datore di lavoro la messa a disposizione del vaccino. Secondo l' Assessorato Regionale della Salute, invece, nell' attuale quadro emergenziale, la disposizione regionale sulla vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari rientra nella competenza organizzativa delle Regioni, contribuendo ad alleggerire la pressione sulle strutture sanitarie del S.S.R., a ridurre l' assenteismo degli operatori e ad agevolare la diagnosi differenziale.

 

COMPETENZA STATALE Ma con l' ordinanza del 12 dicembre 2020, resa nota solo ieri, il Tribunale di Messina ha cancellato il decreto motivando che l' introduzione dell' obbligo del vaccino non appare «rientrante nella competenza regionale».

 

Solo una legge dello Stato a questo punto potrebbe regolare la questione, vincolando le Regioni a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale.

 

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E forse allora si rispetterebbero i principi sanciti dalla Carta Costituzionale, nonché l' orientamento delineato di recente dalla Corte Costituzionale che ha chiarito che «l' introduzione dell' obbligatorietà per alcune vaccinazioni chiama in causa prevalentemente i principi fondamentali in materia di "tutela della salute", pure attribuiti alla potestà legislativa dello Stato» e aggiunge che deve essere riservato allo Stato «il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili».

 

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