Estratto dell'articolo di Lorenzo Cremonesi per www.corriere.it
In gergo militare si chiama «scramble» l’operazione che i caccia italiani hanno effettuato nelle mattinate degli ultimi due giorni nei cieli del Mar Baltico. Un’azione di routine per verificare le intenzioni dei jet russi che volavano in cieli internazionali e sono comunque restati lontani dal territorio della Nato.
In tempi normali sarebbe un’operazione di routine, una come tante per i nostri piloti della Task Force Air 4th Wing schierata con la Nato nella base aerea polacca di Malbork, non lontana da Danzica, che da poche settimane volano su eurofighter. Ma oggi la tensione con Mosca è alle stelle e ogni azione comporta rischi e attenzioni che vanno continuamente valutati.
VLADIMIR PUTIN PILOTA DI CACCIA - IMMAGINE CREATA DALL INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI MIDJOURNEY
«È avvenuto sia la mattina del 28 che del 29 marzo. Ogni volta erano circa le 8 quando è suonato l’allarme. I radar avevano intercettato un velivolo non identificato e i nostri due aerei sono decollati subito per controllare. Noi siamo sempre pronti ad operare 24 ore su 24, come se fossimo poliziotti dell’aria. I nostri piloti li hanno identificati come russi e poi sono rientrati alla base. Non c’è stata alcuna frizione, gli aerei russi non sono mai entrati nelle zone Nato», ci dicono fonti militari a Malbork.
Il contingente dell’aviazione italiana conta meno di 200 effettivi, opera in Polonia da novembre nell’ambito della missione Nato Enhanced Air Policing. […]
[…] Ma i voli italiani da novembre si sono concentrati sul Baltico. «La situazione è cambiata dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Mosca teme l’allargamento della Nato a Svezia e Finlandia e tende a tenere una presenza continua di aerei militari sul Baltico per garantire l’accesso delle navi ai suoi porti», ci raccontavano allora gli ufficiali italiani. Le intercettazioni degli ultimi giorni fanno dunque parte di un fenomeno in crescita.
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