Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
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C'è un prima e c'è un dopo nella vita di Alberto Genovese: il confine lo traccia lui stesso con la droga, la valanga di droga che, dopo una cocente delusione d'amore, lo avrebbe fatto precipitare nella ricerca di donne giovanissime, anche minorenni, disposte a condividere, almeno così dice, il doloroso piacere del sesso estremo.
Lucido, razionale, l'uomo diventato milionario con le startup con i pm milanesi che lo interrogano una ventina di giorni fa ammette solo ciò che non può non ammettere, ma in definitiva nega di aver drogato e violentato brutalmente almeno due ragazze attirate nelle sue splendide residenze dalle feste a base di droga, quella stessa sotto la quale adesso vorrebbe seppellire le pesantissime accuse che un anno fa lo hanno portato in carcere.
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Nel primo interrogatorio successivo all'arresto del 6 novembre aveva pianto chiudendosi in silenzi attoniti. Dopo un anno senza droga e due mesi ai domiciliari in una clinica pubblica per tossicodipendenti, Genovese sembra tornato pienamente padrone di quella intelligenza che ha fatto di lui un Re Mida del web e che ora lo muove con abilità tra le pieghe delle accuse.
È stato lui stesso con i suoi legali, gli avvocati Luigi Isolabella e Davide Ferrari, a chiedere di essere sentito nuovamente ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini e all'aggiunto Letizia Mannella che avevano già chiuso l'inchiesta e si preparavano, come poi hanno fatto, a chiedere il suo rinvio a giudizio. È l'8 ottobre. Genovese ammette che prediligeva ragazze molto giovani, altrettanto magre e pronte a drogarsi. «Io sono un porco pedofilo», scrive il 28 agosto 2020 nella chat tra maschi che i magistrati gli contestano.
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«Io ho un range 16/20, in Italia è legale, tecnicamente», spiega dimostrando agli amici di aver studiato la legge che, se «non sei un suo parente o un prof», consente rapporti con una minorenne consenziente che ha compiuto 16 anni: «Nel 2018 ho fatto tre sedicenni» scrive, e lo conferma ai magistrati. Nelle sue feste a Terrazza sentimento, splendido attico con vista sul Duomo di Milano, e a Villa Lolita a Ibiza, la droga scorreva a fiumi. «Le ragazze venivano apposta per drogarsi» mentre lui viaggiava in «un universo in cui tutto era permeato dalla droga. Io ero arrivato addirittura a pensare di non poter stare con una ragazza che non fosse drogata».
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L'accusa dice che era lui a drogarle per poi abusare di loro a suo piacimento. Come la giovane di 18 anni che l'11 ottobre 2020, dopo quasi 24 ore di violenze è riuscita a fuggire seminuda e a fermare una volante della Polizia facendolo arrestare un mese dopo. Quando i magistrati gli chiedono cosa ricorda, il 44enne spesso si rifugia dietro la cocaina che prendeva da tre giorni e che gli annebbiava la mente.
Ma non manca di ricordare che la sera prima in camera da letto ci andarono «volontariamente, consensualmente» per «fare sesso e assumere sostanze», che la ragazza aveva voluto la Ketamina per entrare in un «mondo colorato e fatato» e aveva preteso soldi per fare sesso estremo.
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Lei ai pm ha dichiarato in lacrime di essere stata drogata inconsapevolmente, di non ricordare nulla, di essersi resa conto di ciò che aveva subito solo mesi dopo dagli atti dell'inchiesta, come i video delle telecamere disseminate nell'attico che hanno impietosamente registrato le manovre sadiche e le sue urla. L'imprenditore mette a verbale di essere riuscito a guardare quei video «soltanto parzialmente» perché, ora che non è più schiavo della droga, gli provocano «attacchi di panico», «un moto di repulsione, di ansia, di sofferenza», «schifo e disgusto».
La sua versione è che si trattò di un «incidente» dovuto al fatto che non avevano concordato una parola d'ordine che interrompesse il rapporto estremo, ma c'è da chiedersi quale lucidità possano avere due strafatti di droga.
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Versione analoga per la 23enne che avrebbe violentato a Ibiza con la sua fidanzata Sarah Borruso (imputata) e che, dice Genovese, era «assolutamente e completamente consapevole di quello che stava facendo», aveva preso più droghe e voleva soldi per fare sesso, ma non esclude che questa richiesta possa essere il frutto di una allucinazione. Insiste sull'origine della sua dipendenza: ha iniziato con la cocaina ad agosto 2016 dopo due anni di alcol seguiti alla separazione dalla donna con cui aveva convissuto sette anni progettando di avere figli. Fino ad allora, la sua era «una vita piena, viva, dedicata al lavoro, con affetti sinceri» e clamorosi successi imprenditoriali da centinaia di milioni: «Ero felice».
«Quando mi ha lasciato è finito tutto», «poi ho trovato la medicina e quando ho trovato la medicina è stata una liberazione perché non pensavo più a niente. È stata l'anestesia della mia vita». Da una dose passa a «farsi i panetti per annullarsi completamente» in un «vortice in cui ho perso ogni forma di umanità».
Anche verso le donne, dicono le indagini della Squadra mobile. Come un'altra vittima (imputazione stralciata) di cui in chat scriveva parole con le quali si farebbe fatica a riferirsi anche a un animale domestico. Dice: «Coprivo le donne di regali», come costose borse Chanel. «Mi sono allontanato dalle persone che erano i miei amici storici, sani», afferma amareggiato, per circondarsi da chi lo usava «per il tenore di vita che offrivo, per i regali, le cene, le vacanze, tutto quello che era il contorno intorno a me», come le molte ragazze, almeno 200, che temeva volessero solo «farsi mettere incinta». Tutti sono spariti «un secondo dopo l'arresto».
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