Mauro Evangelisti per ''Il Messaggero''
PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA
Sulla scia di quanto deciso dalla Francia, l' Italia si appresta a ridurre il numero dei giorni di quarantena per i casi sospetti di Covid. Attualmente sono 14, a Parigi hanno deciso che 7 sono sufficienti, su richiesta del governo il Comitato tecnico scientifico martedì valuterà se tagliare il periodo di isolamento a 10. Ma c' è un altro numero da tenere d' occhio.
Tra luglio e settembre i pazienti in terapia intensiva per Covid-19 sono quadruplicati.
Siamo passati dal dato più basso del 29 luglio, 38, a quello molto più alto di ieri, 164, con un incremento di 14 unità rispetto al giorno precedente. E nell' ultima settimana c' è un più 40%.
ANDAMENTO
In sintesi: dimentichiamo la storia estiva del coronavirus scomparso e dei contagiati tutti asintomatici. La realtà è differente: i pazienti in terapia intensiva, in poco più di un mese e mezzo, sono quadruplicati. Siamo lontani dal picco del 3 aprile (4.068 pazienti nelle terapie intensive).
Non c' è saturazione delle strutture sanitarie, anche perché i posti da poco più di 5.000 sono stati aumentati fino a superare quota 9.000. Però dagli ospedali segnali di difficoltà arrivano: al Santissima Trinità di Cagliari i posti Covid in terapia intensiva sono finiti, tanto che ieri è stato deciso di aprire la seconda unità. A fine agosto al Cotugno di Napoli hanno dovuto potenziare i posti di sub-intensiva. La Lombardia ha già 27 ricoverati per Covid nel reparto dei casi più gravi, la Sicilia 18.
silvio berlusconi alberto zangrillo
«Quanto campanello di allarme non va sottovalutato. Non significa che andremo in emergenza, ma tutti dobbiamo mantenere atteggiamenti virtuosi e prudenti: è vero che abbiamo imparato molte cose su come affrontare la malattia, ma dopo sei-sette mesi avrei sperato che ci fossero farmaci risolutivi che ancora non abbiamo» spiega il professor Massimo Andreoni, primario di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali.
Secondo Alberto Zangrillo, primario di Terapia intensiva del San Raffaele, addirittura nei mesi scorsi Berlusconi avrebbe rischiato di morire. «La carica virale del tampone nasofaringeo di Berlusconi era talmente elevata che a marzo-aprile, sicuramente non avrebbe avuto l' esito che fortunatamente ha ora.
Lo avrebbe ucciso? Assolutamente sì, molto probabilmente sì, e lui lo sa. E comunque decisiva è stata la tempestività con cui è andato in ospedale: dieci ore dopo poteva essere troppo tardi».
IL CONFRONTO
Due Paesi vicini come Francia e Spagna avvertono la pressione sugli ospedali (in particolare la penisola iberica); va detto che l' Italia, pur segnando un aumento di nuovi casi positivi (ieri 1.597) resta tra i Paesi europei meno colpiti in questa fase: la Spagnaviaggia a 263,2 infetti ogni 100mila abitanti nelle ultime due settimane, la Francia a 135,1, l' Italia a 32. Sta crescendo, però, in Italia anche il dato dei ricoverati negli altri reparti, più che raddoppiato in un mese (da 800 a a 1.836).
Ecco, di fronte a questi segnali ci si sta organizzando: il commissario Domenico Arcuri sta aggiudicando la gara per l' affitto 4 strutture mobili di terapia intensiva, ognuna avrà 75 posti letto.
Ma come sono cambiati, rispetto a marzo e aprile, i pazienti che finiscono in terapia intensiva? E come sono state migliorate le cure? Analizza Andreoni: «La tipologia dei pazienti non è cambiata, sono soprattutto anziani e soggetti fragili. Ma questo non significa, esattamente come avveniva a inizio epidemia, che non vi siano anche persone giovani. Negli ultimi mesi abbiamo imparato a trattare i pazienti prima, più tempestivamente, affidandoci soprattutto a un medicinale come il Remdesivir, che si è dimostrato essere il più efficace. E poi cortisone e anticoagulanti. Altri farmaci, che invece sono risultati poco validi se non dannosi, sono stati abbandonati: penso alla idrossiclorochina e ad alcuni antivirali che inizialmente sembravano promettenti. Sulla ventilazione assistita, va detto che la usiamo meglio, non meno».