I quarantenni di oggi, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e ricadono nel contributivo puro, rischiano di non andare in pensione prima dei 73 anni. È questa la sorte secondo la Cgil che spetta a chi ha avuto un lavoro saltuario e scarsamente remunerato, specie se part time. Nel 2035, spiega il sindacato, per andare prima dei 70 anni, precisamente a 69, saranno necessari almeno 20 anni di contributi e una pensione di importo sopra gli attuali 687 euro.
L’incontro
La Cgil ha lanciato l’allarme nell’incontro con il titolo «Rivolti al Futuro», venerdì 19 luglio 2019, nella sede del sindacato in corso d’Italia 25, Roma. L’iniziativa è parte di una serie di eventi volti ad aprire un confronto sui temi previdenziali sul superamento della riforma Fornero e il futuro pensionistico di giovani, donne e lavoratori con mansioni «gravose».
Il peso dei contributi
Per andare a 66 anni, sempre nel 2035 e sempre parlando dei «contributivi» puri, serviranno 20 anni di anzianità e una pensione non inferire ai 1.282 euro di oggi. Per la pensione anticipata invece occorreranno 44 o 45 anni di contribuzione (rispettivamente se donna o uomo). Questo il quadro «stando ai vincoli introdotti dalla Legge Fornero», spiega l’esperto di welfare della Cgil, Ezio Cigna.
Carriere discontinue
L’area «più critica», dice Cigna, «è senz’altro quella delle carriere discontinue con orario ridotto». Ad esempio, secondo le simulazioni del sindacato, chi ha iniziato a lavorare nel 1996 a 24 anni con un salario annuo di 10 mila euro e un part time se ha avuto un «anno di buco ogni tre lavorati» si ritroverà ad avere pensioni così basse da uscire solo a 73 anni. L’allarme riguarda poi in particolare i giovani e i lavori poveri.
Il caso della colf
Eclatante il caso di una colf «tipo» di 34-35 anni, avviata al lavoro nel 2014. Andrà in pensione nel 2057, a 73 anni, dopo 43 anni di lavoro e con un assegno di appena 265,49 euro. Il problema, sottolinea Cigna, «è l’assenza di ogni meccanismo di integrazione, che al contributivo manca, mentre c’era nel sistema retributivo».
Ecco perché la Cgil torna a proporre per i giovani una pensione di garanzia, trovando un equilibrio tra contributi e vecchiaia. «Per noi dovrebbero essere assicurati almeno mille euro a chi somma 66 anni di età e 42 di anzianità». Dopo di che per il sindacato è necessario «valorizzare a livello contributivo i periodo di stage, ricerca del lavoro, assistenza ai familiari».