Fabio Tonacci per “la Repubblica”
«Un' operazione di routine ». In queste ore nella sede centrale di Autostrade per l' Italia i tecnici vanno dicendo questo. Che sopraelevare di 34 centimetri un cavalcavia lungo 50 metri sospeso sull' A14 era, doveva essere, un intervento modesto. Una routine, appunto. E, come tale, «senza la necessità di chiudere il tratto autostradale per motivi di sicurezza».
Sarà l' indagine per omicidio colposo plurimo del pm di Ancona Irene Bilotta a dover stabilire perché, alle 13.50 di ieri, il ponte numero 167 all' altezza di Camerano a cui lavoravano gli operai della Delabech, sia precipitato sulle vite di Emidio Diomedi e Antonella Viviani. E se è vero che il rischio per gli automobilisti era praticamente zero, come sostiene la concessionaria Autostrade per l' Italia cui spetta la decisione di tenere o meno aperta l' A14 durante gli ampliamenti di corsia e le manutenzioni straordinarie.
È un fatto, però, che sullo stesso tratto Ancona Sud-Porto Sant' Elpidio era già stati sopraelevati di recente dieci ponti "per avere i franchi", come si dice in gergo. Per avere cioè tra la carreggiata e il cavalcavia i 5 metri e 20 centimetri indicati dai regolamenti. Complessivamente il lotto vale 6,1 milioni di euro ed è stato affidato alla Pavimental, società controllata da Atlantia della famiglia Benetton. Questa ha poi subappaltato tre viadotti (valore: 700 mila euro) alla ditta romana Delabech. Il primo è stato rialzato, senza problemi. Il secondo, invece, è crollato a cantiere aperto.
Spiegano gli ingegneri che per sopraelevare un ponte si procede a cicli: si trovano quattro punti dove applicare i martinetti idraulici; una volta sollevata la struttura, gli operai inseriscono alcune lastre provvisorie di acciaio dello spessore di dieci millimetri; poi il viadotto viene appoggiato sulle lastre. I 34 centimetri non vengono colmati con un unico sollevamento, bisogna ripetere l' operazione parecchie volte. Ci vogliono giorni. E infatti l' ordinanza emessa della provincia di Ancona vieta il transito sul cavalcavia di Camerano dal 28 febbraio fino al 15 maggio. Tanto dovevano durare i lavori.
È prematuro usare la certezza dell' indicativo per parlare delle possibili cause del crollo. Un punto fermo, documentato dalle foto aeree, però c' è. Cadendo sull' autostrada, il ponte ha compiuto una leggera rotazione, come se una delle due estremità perdendo l' appoggio fosse scivolata da una parte.
Intorno alle 13.50 sul cantiere c' erano almeno cinque operai della Delabech. Con loro anche l' ingegnere responsabile. Hanno raccontato che erano appena tornati dalla pausa pranzo e che il sollevamento del cavalcavia, con l' inserimento delle lastre di acciaio, era terminato senza problemi alle 11.30. Se così fosse, si potrebbe escludere la rottura di uno dei martinetti idraulici perché in quella fase smettono di essere in tensione. A meno che a sgretolarsi non sia stato il cemento della trave.
Nella tarda serata di ieri un comunicato stampa di Autostrade per l' Italia, che si definisce parte lesa nel procedimento penale, consegna una prima versione: «È un tragico incidente non prevedibile, determinato dal cedimento delle pile provvisorie. Non si tratta del cedimento strutturale del cavalcavia». Rottura di una o più lastre di acciaio, dunque. Causata forse da materiali scadenti oppure dall' errore umano nella posa. «Anche il progetto potrebbe essere stato fatto male», ragiona un investigatore della Stradale. Il ministero dei Trasporti ha inviato sul posto un pool ispettivo.
Chiamato a testimoniare, oltre agli operai sopravvissuti, l' amministratore della Delabech Riccardo Bernabò Silorata. L' uomo ricopre anche la carica di direttore generale di Impresa spa finita un anno fa in un' indagine della finanza di Roma: dieci amministratori e dirigenti sono stati arrestati per bancarotta fraudolenta e reati fiscali.