Marco Pasqua per il Messaggero
Ha conquistato le consolle di mezzo mondo, persino dei Festival dove la musica techno non è mai stata di casa sul palco principale, ma guai a chiamarlo dj. Artista, più realisticamente icona, in alternativa producer e creatore di hit scala-classifiche: Paul Kalkbrenner è una stella, che, dalla sua Berlino, ha colonizzato la nightlife internazionale.
Una fama di uomo dei record, che ha saputo suonare (incantandole) di fronte a 400mila persone: accadde nel 2014, quando il governo tedesco gli chiese di esibirsi in occasione delle celebrazioni per i 25 anni della caduta dal Muro di Berlino. Quando è in consolle, il suo pubblico canta a squarciagola i suoi brani cult: una scena che non capita di vedere spesso ad una serata techno.
Non è un dj, è vero, perché dalla seconda metà degli anni Novanta, ha smesso di lavorare alla musica altrui. Crea di consolle in consolle, entrando sempre in sintonia con il suo pubblico: come è avvenuto due giorni fa a Roma, in occasione della presentazione in anteprima del suo ottavo album, Parts of life, in uscita il 18 maggio per Sony.
Anche in questo caso, un party tutto esaurito, con un pubblico, dai 18 ai 40 anni (dato non in linea con gli eventi techno, dove l' età media è sotto i 25 anni) in estasi durante i 120 minuti di djset. E quella romana non sarà l' unica data italiana, perché a fine giugno sarà a Firenze, Napoli e Milano.
IL TOUR
«Mancavo da un po' dall' Italia racconta mentre è nella sua suite, sempre la 109 del grande hotel di via Veneto e con questo pubblico ho un legame speciale, anche se non voglio mai eccedere con il numero di esibizioni». Ama così tanto il Belpaese, che uno dei primi brani di questo suo Parts of Life stato composto proprio nella Capitale. «Penso che l' unico Paese dove non tornerei più per lavorare sia la Russia dice Kalkbrenner, che in famiglia ha una moglie e un fratello dj visto che sono stato diverse volte in carcere, per colpa del fumo».
Le droghe e la musica techno, binomio indissolubile, al di là dei luoghi comuni? «Il collegamento è un cliché sostiene, mentre si prepara uno spinello (ma sulla confezione, appoggiata sul tavolino del salotto, c' è scritto legal weed, erba legale) - Sappiamo di persone che si drogano, pur non avendo a che fare con la techno. Ma è vero: nella nightlife ci sono ragazzi tra i 15 e i 25 che si drogano».
Non ama comporre con altri colleghi: «Quando inizio a scrivere musica, devo essere solo nella mia stanza». Con Avicii, il dj che si sarebbe tolto la vita nell' Oman, non ha mai avuto rapporti: «Non lo conoscevo. Povero ragazzo». Ma non vuol sentir parlare di pressioni:
«Quando decidi di passare dal privato al pubblico, sai che potrai essere oggetto di umiliazioni. E se non lo sai, sei sciocco. Se non riesci a gestire questa situazione, è meglio che ti trovi un altro lavoro. Nessuno ti viene dietro con la pistola e ti obbliga a scegliere questo tipo di vita, che ha inevitabilmente dei lati negativi».
Parts of life, arriva 10 anni dopo il film-cult Berlin Calling (interpretato dallo stesso Kalkbrenner), ed è uno dei lavori più personali di questo artista: ogni traccia è stata intitolata con un numero, che corrisponde all' ordine in cui è stata prodotta: «Ci ho messo un mese per trovare la sequenza perfetta attraverso cui articolare la storia che questo album racconta».
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