Ernesto Ferrara per “la Repubblica”
Ci risiamo. Firenze come Roma, piazza del Duomo come piazza di Spagna. Trent' anni dopo la mezza rivoluzione popolare contro il primo ristorante Mc-Donald' s accanto ai palazzi di Bernini e Borromini, un altro capitolo dell'italica saga delle battaglie contro gli hamburger del colosso Usa si riapre all' ombra della Cupola del Brunelleschi, nel cuore del centro rinascimentale che Palazzo Vecchio ha appena provato a blindare col regolamento Unesco che impone il 50 per cento di cibi toscani.
MC DONALD'S PIAZZA DUOMO FIRENZE
Proprio nel tentativo di rispettare le nuove regole, McDonald' s sforna un format tutto fiorentino con prodotti locali e servizio ai tavoli e presenta domanda per aprire al Duomo, nei locali oggi di un negozio di sport in crisi. È un dardo infuocato che riaccende d' un colpo l' eterna contesa fiorentina tra guelfi e ghibellini: chi ritiene che sia troppo tardi per salvare il centro ormai invaso da bancarelle e kebab e chi si oppone:
«Diciamo no, mettiamo finalmente un argine alla banalizzazione del commercio», invoca su Facebook un gruppo anti-hamburger che raduna 16 mila iscritti ma in piazza non porta più di 30 persone. E mentre come in un dejà vu degli anni 90 i residenti si dividono, il sindaco Nardella dice no: «Né ora né mai». E così rischia di scoppiare pure un' inattesa guerra legale.
«Nulla di ideologico, ma siamo contrari all' apertura di un McDonald' s al Duomo e in altre piazze storiche di pregio, riteniamo che il nostro contesto artistico vada salvaguardato: entro l' estate dalla nostra parte avremo la legge Franceschini», dice Nardella, sostenendo di aver «ascoltato la città».
Ma il colosso Usa non ci sta: «Per mesi abbiamo trattato con sindaco e assessori, abbiamo avuto pure i complimenti. Perché ora questi schiaffi? C' è qualcosa di politico sotto», taglia corto l' amministratore delegato di Mc-Donald' s Italia Roberto Masi.
«Ma noi faremo di tutto per avere il nostro miglior ristorante del mondo in piazza del Duomo. A costo di andare per vie legali se non trovassimo un accordo». Lo scenario è complesso. Da un anno la multinazionale ha messo gli occhi su un locale di piazza del Duomo e avviato l' operazione.
Pur di aprire in una delle location più prestigiose del mondo, si è affannata a produrre un format tutto nuovo, a misura di Firenze e del nuovo decalogo anti minimarket e kebabbari di Nardella: non più fast food ma servizio ai tavoli, arredi di qualità, wi-fi, una libreria, un menu a grande prevalenza toscana, dalla carne chianina ai vini.
Palazzo Vecchio, dallo scorso aprile, tiene una linea di dialogo: ascolta, incontra i vertici di McDonald' s, chiede e ottiene miglioramenti del progetto. Siccome le nuove norme nel frattempo votate dal Consiglio comunale impongono il 50 per cento di cibi toscani e Mc-Donald' s non riesce ad arrivarci, il messaggio del Comune diventa: adeguatevi o chiedete una deroga. La multinazionale lo fa. Ma la risposta non arriva.
Quando la faccenda dieci giorni fa diventa pubblica, e scoppia la rivolta sui social, il sindaco che aveva accettato la trattativa si tira indietro. Nardella si prende i complimenti del suo partito, il Pd, e pure quelli, rari, di Sinistra Italiana. Giubilo dai social. Però McDonald' s si ribella: «Abbiamo nove ristoranti a Firenze, diamo lavoro a trecento persone, perché questo trattamento?».
L' ad Masi attacca duro: «Siamo in tutti i centri storici italiani e non ne abbiamo certo deturpato la storia. Un anno fa abbiamo aperto al Louvre. Aspettavamo il verdetto di una commissione di esperti comunali invece ha già detto no Nardella. Se ci formalizzeranno il rifiuto andremo avanti: faremo il 50 per cento di cibo toscano e apriremo».
Il macigno per McDonald's potrebbe arrivare dal decreto legislativo Franceschini: Nardella spera entri in vigore entro l' estate coi suoi nuovi poteri ai sindaci sul commercio: «Vedremo, per ora non c' è» dice Masi, «Ma vogliamo andare avanti».