"CHIARA VOLEVA STARE CON ME, MA ERO STUFO E L’HO UCCISA. ERO POSSEDUTO COME LUCIFER DELLA SERIE DI NETFLIX” – LA FOLLE CONFESSIONE DEL 17ENNE CHE HA AMMAZZATO CHIARA GUALZETTI VICINO BOLOGNA – “SENTIVO LE VOCI. IO MI ISPIRO A LUCIFER” – LA RAGAZZA AVEVA CONOSCIUTO IL RAGAZZO UN ANNO FA. SI SCRIVEVANO SU UNA CHAT, DOVE PARLAVANO ANCHE DI MORTE. LUI AVEVA ABBANDONATO LA SCUOLA, I SERVIZI SOCIALI LO SEGUIVANO PER LE CONDIZIONI DI ESTREMA POVERTÀ DELLA SUA FAMIGLIA. IL PADRE DI CHIARA GLI AVEVA OFFERTO UN LAVORO DA ELETTRICISTA – LE SEDUTE DALLO PSICOLOGO E QUELLA FRASE SU INSTAGRAM

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Niccolò Zancan per "la Stampa"

 

CHIARA GUALZETTI CHIARA GUALZETTI

«Chiara voleva stare con me, ma io non la sopportavo più, mi infastidiva e l' ho uccisa. In quel momento Samael, il demonio, mi possedeva. Lo vedevo, mi chiamava: sentivo le voci. Ero posseduto proprio come Lucifer della serie di Netflix».

 

Monteveglio è sui Colli Bolognesi. A venti chilometri da Zocca. Dove passava quella ragazza amata da Vasco Rossi, la protagonista di Albachiara. Chiara Gualzetti tirava con l' arco, giocava a ping-pong, abbracciava il suo cane in tutte le fotografie, cantava e andava al doposcuola per aiutare i bambini più piccoli di lei. Fra un mese avrebbe compiuto sedici anni. Era malinconica, si sentiva usata. Bravissima a scuola. Aveva conosciuto il ragazzo che si credeva Lucifero un anno fa. Lui abitava con la madre in un paese vicino. Si scrivevano su una chat, dove parlavano anche di morte.

 

VINCENZO GUALZETTI PADRE DI CHIARA VINCENZO GUALZETTI PADRE DI CHIARA

Ogni tanto si vedevano, dandosi appuntamento alla fermata della corriera. Come Lucifero sia entrato dentro la testa di un ragazzo problematico e poi dalla sua testa dentro questa paesaggio di ciliegi e bar troppo assolati, di colline dolci e silenzi e lapidi per i martiri della Resistenza, è qualcosa che adesso non si riesce nemmeno a immaginare. Ma così ha detto il ragazzo, nella confessione resa davanti ai carabinieri e alla procuratrice per i minorenni: «Io mi ispiro a Lucifer».

 

Ha 17 anni. È scheletrico, con gli addominali scolpiti.

Ha capelli corti e un ciuffo tinto di rosso, di biondo e certe volte di blu. È accusato di omicidio premeditato. Domenica mattina alle 10 aveva appuntamento con Chiara. La telecamera piazzata sulla casa della famiglia Gualzetti li inquadra mentre stanno discutendo. Poi non si vedono più. Vanno per i sentieri che salgono verso l' Abbazia di Monteveglio, dove lei verrà trovata assassinata a metà di lunedì pomeriggio.

Lui si era portato un coltello da casa. Dopo averla uccisa, ha cancellato le ultime chat.

A casa aveva ancora i vestiti sporchi di sangue. Ma all' inizio aveva provato a mentire.

 

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Poi, ai carabinieri agli ordini del capitano Riccardo Angeletti, comandante del nucleo operativo della compagnia di Borgo Panigale, ha spiegato ogni cosa con tono monocorde. Ha consegnato le scarpe calzate quel giorno. Indicato il coltello lavato e riposto. E poi li ha portati nel punto esatto in cui ha lanciato il telefono di Chiara Gualzetti nel fiume.

«Ho avuto quel ragazzo nella mia classe, qualche anno fa. Aveva sofferto molto la separazione dei genitori. Si tagliava le braccia con il temperino, aveva attacchi di rabbia e non voleva studiare».

 

La professoressa è seduta al Bar Gelateria Cinquecento di Castello di Serravalle: «L' ho perso di vista, ma certo avrebbe avuto bisogno di molte cure. Non dovevano lasciarlo così solo». La titolare del bar si chiama Patrizia Bonetti: «Era qui venerdì pomeriggio. Non gli ho mai visto bere una birra, non l' ho mai visto fumare. Prendeva una Coca-cola e si metteva a giocare al biliardino con un amico di Monteombraro. L' unico amico che aveva».

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Nel perimetro di queste borgate, sopra e sotto i colli, il ragazzo che si credeva Lucifero e Chiara Gualzetti si scrivevano di cose che sapevano soltanto loro. Ma la loro non era un' amicizia segreta. Lui aveva abbandonato la scuola, i servizi sociali lo seguivano per le condizioni di estrema povertà della sua famiglia. Aveva fatto alcuni incontri con uno psicologo.

 

«Quattro o cinque sedute», dice un investigatore. Frequentava un centro diurno e cercava di imparare il lavoro da elettricista. Era stato proprio il padre di Chiara Gualzetti a offrirgli quella possibilità. «Per un mese l' ho portato sul mio furgone. Un mese intero, a bordo, con me. E mai, mai, mai l' ho visto fare cose strane. Non ha mai parlato di spiriti né di demoni.

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Ha concluso lo stage, così come hanno fatto molti altri ragazzi». I genitori di Chiara Gualzetti, Giusi e Vincenzo, stanno dietro al cancello di una casa improvvisamente vuota. Lui piange e mostra i graffi sui polpacci: «Sono andata a cercarla subito, appena mia moglie mi ha chiamato. Erano le 11 di domenica mattina e già la stavamo cercando per i sentieri e nei boschi. Abbiamo fatto tutto quello dovevamo fare Voglio ringraziare i volontari che si sono uniti a noi».

 

Dice, a questo punto, ancora una volta «grazie» e si copre gli occhi. La moglie lo sgrida: «Devi parlare di Chiara, solo di Chiara. Non di altre persone, soltanto di Chiara». E lui torna ancora al cancello: «Chiara era una ragazza bravissima, aveva una pagella d' oro nonostante la Dad.

 

Era fiera di essere arciera nella compagnia del Melograno. Era». Chiara Gualzetti aveva incontrato una persona con gravi sofferenze psichiche ma non lo sapeva. Nessuno dei due ne era consapevole, probabilmente, così come non se ne erano accorte le persone di questi paesi sui colli bolognesi. Nessuno conosce la vita degli altri. Nemmeno nei posti piccoli.

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Il giudice ha già chiesto una perizia psichiatrica per il ragazzo. «Capiamo il dolore che sta provando la famiglia di Chiara Gualzetti, ma anche la famiglia del mio assistito è distrutta, per questa tragedia serve la massima cautela», dice l' avvocatessa Tanja Fonzari.

 

Lucifero. Il diavolo per spiegare le coltellate e le mani al collo. «È stata una confessione apatica», dice un investigatore che ha assistito all' interrogatorio. «Il ragazzo non ha detto nulla per cercare di difendersi. Non sembrava uno che voleva fare il pazzo, sembrava un ragazzo squilibrato».

 

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Sul movente del delitto, il capitano dei carabinieri, Riccardo Angeletti, usa queste parole: «Le indagini sono ancora in corso, ci sono diverse ipotesi. Perché il ragazzo ha dichiarato di sentirsi in preda a una presenza demoniaca che lo spingeva a compiere atti sempre più violenti contro le persone. Ma ha anche dichiarato di essere infastidito dalle avance della povera ragazza». Chiara Gualzetti, quindici anni, quasi sedici. Sui social «Chiaretta» e «Bimba05». A parlare di mazzi di fiori, di gentilezza, di bambine cresciute e di stanzette soffocanti, di ansia e di dolore, a parlare di lei: «Io mi affeziono facilmente».

 

2 - LA SERIE TV CHE LO OSSESSIONAVA E QUELLE SEDUTE DALLO PSICOLOGO

Valentina Errante Claudia Guasco per "il Messaggero"

 

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Il diavolo gli parlava. Era rimasto stravolto dalla serie Netflix Lucifer. Da quando l' aveva vista, ha detto, una voce lo tormentava. E gli diceva di fare del male agli altri. Ma fino a domenica, quando è uscito con un coltello da cucina per uccidere Chiara, A., 16 appena compiuti, non aveva mai fatto male a nessuno. Eppure quell' impulso per lui era sempre più forte. Poi è tornato, ha messo i suoi vestiti sporchi di sangue a lavare, ha riposto il coltello da cucina nel totem dal quale lo aveva preso e ha continuato la sua giornata.

 

In casa i carabinieri, durante la perquisizione di ieri notte, hanno trovato anche il telefono di Chiara.

 

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Ora è confuso. Ma lo era anche prima. Cupo, silenzioso. Si era chiuso in se stesso. Spesso era insofferente. Adesso, invece, è disperato e sta provando a rendersi conto di quello che è accaduto: «Mi dispiace per Chiara e per la sua famiglia», ha detto ieri al suo avvocato, Tanja Fonzari, che è andata a trovarlo nel carcere minorile Pietro Siciliani di Bologna.

 

Avrebbe fatto l' elettricista. Frequentava un istituto tecnico che lo portava a svolgere nelle aziende alcuni stage. Ed è così che aveva incontrato Chiara. Era entrato in casa sua, con un apprendistato presso l' azienda del padre. E nessuno sospettava che sarebbe stato l' inizio della fine. Aveva un aspetto normale. Un ragazzo come tanti. Ma più tenebroso.

 

Chiara lo aveva notato, gli era piaciuto sin dall' inizio, hanno raccontato le amiche. I suoi genitori conoscevano la famiglia.

 

Ma l' impulso di essere cattivo con gli altri, di punirli, nell' ultimo periodo era diventato più forte. L' astio nei confronti degli altri, l' aveva spinto a comportamenti strani. A essere scortese.

 

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A fare dispetti. Come un bambino offeso. E così, A. era finito nello studio di uno psicologo.

Forse, finalmente, qualcuno a cui potere dire tutto senza vergogna. Senza fingere di essere diverso. E senza doversi mostrare al meglio. Come sui social.

 

Dove, come tanti adolescenti, appare al meglio e mostra i suo 16 anni e gli addominali scolpiti. I capelli decolorati, la collana al collo su uno sfondo di desolata provincia o dentro casa. Le frasi, banali sono forse quelle che si scambiava anche in chat con Chiara che gli confessava le sue paure, mentre lui rispondeva con una sicurezza che non aveva. Di certo, la sua, non era una famiglia ordinaria. Un papà assente, almeno secondo gli inquirenti, che però, presto sarà convocato dai carabinieri. E due fratellastri, nati da due compagni diversi della mamma, che cercava di dare amore a tutti i suoi tre figli in uguale misura. La madre di A. non si capacita per ciò che è successo e si dispera: ha visto uscire il figlio domenica mattina, nel pomeriggio si è trovata i carabinieri che perquisivano l' appartamento trovando le prove dell' omicidio.

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Anche avere dei desideri e alimentarli, qualche volta, per A. diventava difficile. O almeno così sembra. Poco più di un mese fa lo scriveva su Instagram. Sotto quelle foto che lo ritraevano con i muscoli dell' addome in bella vista.

 

«La vita è bella. Bisogna combattere per volere ciò che si vuole..anche se spesso è meglio aspettare». E ancora: «Vorrei sentirti e solo chiederti..se mi stai pensando, perché io non smetto mai di farlo». Due giorni fa, ancora prima della confessione, o quando quel sedicenne aveva appena cominciato a parlare nella caserma dei carabinieri, qualcuno già sapeva, perché ha commentato da un profilo finto, con tanto di like a margine: «Monnezza, confessa e poi galera. Ti sacrifico io al male. Hai i giorni contati».

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