IL "PIRATA" HA LE MANI BUCATE – VINO, CASE E UN’ISOLA CON 6 SPIAGGE, JOHNNY DEPP HA DILAPIDATO 750 MILIONI DI DOLLARI (VALE A DIRE QUASI TUTTI I SUOI GUADAGNI DA INIZIO 2000) – LUI NEGA: DANNEGGIATO DAGLI AMMINISTRATORI – LA SINDROME DA ACQUISTO COMPULSIVO E’ CLASSIFICATA TRA LE NUOVE DIPENDENZE – LA STORIA DI UN 40ENNE DI TORINO CHE IN DUE ANNI HA PERSO UN PATRIMONIO A CAUSA DELLA SUA PASSIONE PER GLI OROLOGI DI LUSSO…

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Francesco Malfetano per il Messaggero

 

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IL CASO «Wino forever». Ubriaco per sempre. Il tatuaggio più famoso di Johnny Depp, l' attore bello impossibile di Hollywood, ora sembra assumere un tono beffardo. Dagli strascichi del processo per maltrattamenti che sta affrontando dopo le accuse dell' ex moglie Amber Heard, sono emersi tanti curiosi dettagli.

 

In particolare l' attore classe 1963 avrebbe speso per anni 30 mila dollari al mese in vino. «Un investimento» si è giustificato, spiegando di aver dilapidato in tutto 750 milioni di dollari, vale a dire quasi tutti i suoi guadagni da inizio 2000.

 

Ad esempio ha speso 3,5 milioni di dollari per un' isola privata con sei spiagge nelle acque di Tahiti e 75 milioni per un numero imprecisato di proprietà immobiliari tra appartamenti a Los Angeles, fattorie nel Kentucky e tenute nelle campagne francesi poi rivendute per appianare i debiti.

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CATTIVI CONSIGLIERI Alcuni ex consiglieri dell' attore, gli stessi che ora Depp accusa di aver mal gestito il suo patrimonio non pagando le tasse per 16 anni, sostengono che per tutto il 2017 Depp avrebbe speso 2 milioni di dollari al mese in opere d' arte (Warhol, Basquiat e Modigliani), automobili, piccoli oggetti di lusso e arredamento. Ben 7mila dollari ad esempio, l' ex capitano Jack Sparrow della saga Pirati dei Caraibi, li avrebbe sborsati solo per un banalissimo divano che sua figlia Lily Rose aveva visto in una serie tv.

 

Spese pazze che parrebbero aver trascinato l' attore in una sorta di circolo dell' autocompiacimento che fa pensare ad una sindrome da acquisto compulsivo. Una vera e propria malattia che, nonostante se ne parli poco perché non ancora definita a livello ufficiale, affligge già milioni di persone nel mondo. «Modernamente è classificato tra le nuove dipendenze - spiega lo psicologo e psicoterapeuta Stefano Lagona - una categoria diagnostica ancora in definizione.

 

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Ma sicuramente è una patologia che peraltro con le tecnologie a disposizione, e ora anche con il lockdown, colpisce un numero sempre maggiore di persone». In particolare, in Italia, secondo le stime ne soffrirebbe «circa il 5% delle donne e degli uomini tra i 30 e i 40 anni».

 

INSTABILITÀ Persone comuni che, come spiega Roberto Pani, psicoterapeuta bolognese che tra i primi si è occupato del tema nella Penisola, «spesso vivono situazioni di instabilità notevole per ragioni che può essere impossibile individuare. Comprare oggetti, spesso costosi, li fa sentire vivi».

 

L' acquisto diventa una forma di «autocompiacimento che genera un senso di euforia e libera delle endorfine». Un piacere momentaneo che cede subito il passo ad angoscia e senso di colpa che però, per essere placate, «portano a tornare in negozio e spendere 3 o 4 volte di più - dice Pani - È il modo che queste persone trovano per non dare valore all' acquisto fatto in precedenza». L' incidenza del fenomeno peraltro, «sembra aumentare in maniera preoccupante», aggravandosi nella sua estensione digitale.

 

«Online si perde il contatto fisico con il denaro - dice Lagona - e soprattutto, restando dietro ad uno schermo, si riesce a sfuggire allo sguardo altrui vivendo il proprio disagio in intimità e finendo in una spirale difficile da superare».

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Nonostante non ci siano ancora dati ufficiali più recenti infatti, il lockdown ha avvicinato allo shopping digitale una grossa fetta di popolazione. «Dal punto di vista economico è senza dubbio interessante - conclude l' esperto - da quello sanitario potrebbe però creare grossi problemi a lungo termine».

 

LA MANIA PER GLI OROLOGI DI LUSSO: IN DUE ANNI PERDE UN PATRIMONIO

F. Mal. Per il Messaggero

 

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Al culmine della sua dipendenza è arrivato a chiedere un finanziamento da diverse migliaia di euro per continuare con gli acquisti compulsivi. È la storia di un 40enne torinese, libero professionista, sposato ma senza figli, che in pochi anni ha dilapidato non solo il patrimonio familiare ma si è anche indebitato.

 

In particolare l' oggetto del desiderio erano orologi. Sportivi, classici, più o meno rifiniti. Tutti diversi ma con un elemento in comune: il costo elevato. Beni di lusso che l' uomo ha acquistato per almeno 2 anni a ritmo serrato, fino ad indebitarsi appunto, con l' unico fine di rimarcare il proprio prestigio sociale e trarre piacere dall' affare. «Collezionismo» ha detto la prima volta che ha parlato con il suo psicoterapeuta, rifiutandosi di riconoscere di avere un problema.

 

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DAL POLSO AL CASSETTO Solo che quegli orologi di pregio, terminato rapidamente l' entusiasmo per la ricerca e la contrattazione, sono finiti presto in un cassetto. Né venivano portati al polso né mostrati ad alcuno. «Il piacere sta nell' acquisto e non nell' oggetto in sé» spiegano infatti tutti gli esperti di questa particolare patologia «una volta comprato, diventa secondario. Anzi si tende a nasconderlo per non alimentare il proprio senso di colpa».

 

Dalla sindrome da shopping però, si può guarire anche se spesso è complicata da altri tipi di disturbi. «La nostra vittoria è stata aver compreso che la sua non era una collezione - spiega lo psicoterapeuta che l' ha avuto in cura - ma un sintomo che qualcosa nella sua vita non avesse funzionato».

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