Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
Un mazzo di tulipani rosa su una chiazza di sangue rosso rappreso, tutto intorno le impronte di chi ha calpestato quella pozza durante la fuga. Piange i suoi 10 morti Mykolaiv colpita tre giorni fa con una pioggia di cluster bombs. Bombe a grappolo, sparate da sud, dalla strada che porta verso Kherson, lanciate contro obiettivi civili.
I segni nel porto cantieristico del Mar Nero sono ovunque, i frammenti anche. Schegge di metallo, fori nei vetri, buchi nelle facciate delle case. E nei parchi giochi, davanti all'ospedale infantile, a quello oncologico e contro un supermercato. A terra, piccole buche, con fori intorno, a raggiera. Come i danni fatti dall'artiglieria ma più letali.
«Hanno colpito anche vicino a casa mia, i vetri ora sono tutti distrutti». Si dispera Oleg, 42 anni, che sta preparando i bagagli per andarsene. «All'inizio pensavo fosse dentro il mio appartamento, mi sono buttato in corridoio, poi ho capito che veniva da fuori. Ho sentito una forte esplosione in cielo e dopo 30-40 boati a terra, tremava tutto».
FRAMMENTI DI METALLO
Quattro del pomeriggio di lunedì. Fuori dalla sua finestra, in Victory Square, le persone stanno passeggiando, qualcuno sta facendo la spesa, altri sono in fila alla fermata dell'autobus. Poi le bombe toccano terra e detonano facendo rimbalzare tutto intorno frammenti di metallo che l'esplosivo trasforma in proiettili. Le più potenti vengono sganciate con piccoli paracaduti in modo che centrino l'obiettivo.
«Le ho viste anche la settimana scorsa. Senti un fischio, pensi ad un missile. Ma dopo pochi secondi, i botti e tutto intorno il caos». È così dall'inizio della guerra. I russi stanno gettando le bombe a grappolo su tutta l'Ucraina. Ma negli ultimi giorni contro Mykolaiv hanno adottato una chiara strategia.
Dopo il missile che ha squarciato in due il palazzo del governatorato, luogo simbolo del potere, ora si attacca la popolazione. «Noi cerchiamo di resistere e di fare del nostro meglio bonificando le aree colpite ma non sempre riusciamo a mettere in sicurezza. E ci aspettiamo che bombardino ancora», spiega il sindaco Oleksandr Senkevych che se ne gira per la città con il suo kalashnikov nuovo augurandosi di non doverlo usare. Mandiamo le immagini degli ordigni che abbiamo visto al direttore della campagna anti mine, Giuseppe Schiavello che, con l'aiuto di Human Rights Watch, ci aiuta a identificarle.
«La più pericolosa è la 9M54 soprattutto se resta inesplosa a terra. Ed è proibita dalle convenzioni internazionali di Dublino e Oslo, cui né Russia né Ucraina hanno aderito». Il danno, oltre alle vittime, sono gli effetti di lungo periodo «perché sono difficili da disinnescare e possono esplodere anche a settimane di distanza». Sui corpi delle vittime restano i segni di queste bombe, più fori, come se fossero stati attraversati da proiettili.
Anche a Bashtanka, 70 chilometri più a nord, i segni della distruzione sono evidenti.
Case completamente esplose, farmacie e negozi bruciati. Ma ce ne sono altri forse ancora più devastanti. Masha, 4 anni e mezzo, sale sul girello nel parco giochi, pallida non dice una parola per un'ora. «Ha visto i missili russi cadere nel fiume davanti alla finestra. Le tremano spesso le mani. E non parla praticamente più», racconta la madre Irina.
Esplosivo e narcisi gialli Bash in ucraino significa anguria. Quando i russi sono entrati qui i primi di marzo Bashtanka era una tranquilla cittadina su un fiume. Poi è diventata il punto strategico del fronte Sud. I russi hanno cercato di sfondare qui per accerchiare Mykolaiv da nord. Sono stati in città per una settimana. Abbastanza per terrorizzare tutti e distruggere quello che trovavano sul loro cammino. E abbastanza per togliere il sonno a Olga che ora vive in una casa colpita da 5 missili di cui è rimasta in piedi solo la parte inferiore.
«Non riesco più a dormire e non voglio più parlare di guerra», dice mentre le scendono le lacrime. «Io quest' estate voglio tornare a mangiare in giardino con i miei nipoti». Poi con una mano indica i narcisi gialli fioriti nell'aiuola, «almeno qualcosa è rimasto». Per terra però c'era anche altro. Sono i resti di un missile grad. Ripieno di esplosivo e pezzi di metallo per fare ancora più danni e uccidere.
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