1 - DELITTO OLGIATA, ADDIO A MATTEI LOTTÒ PER TROVARE L'ASSASSINO
Cristiana Mangani per “il Messaggero”
«Cara Alberica, venti anni fa una mano assassina ti strappò alla vita, distruggendo quel sogno che tanto avevamo desiderato e poi costruito con amore: la nostra famiglia». Scriveva così Pietro Mattei in una lettera dedicata alla moglie, a venti anni dall'omicidio avvenuto il 10 luglio del 91, nella loro villa all'Olgiata. Un messaggio d'amore pubblicato a pagamento su alcuni quotidiani, mentre ancora si stava giudicando l'assassino. Qualche giorno fa Pietro Mattei è morto a 77 anni, stroncato da un ictus che non gli ha dato scampo. La notizia è trapelata solo a funerali avvenuti.
La sua vita è stata una lunga battaglia per la giustizia, per trovare la verità su quel delitto che tanto dolore ha provocato. Per anni la sua foto - con l'espressione corrucciata, sofferente - è stata pubblicata con grande risalto sui giornali. Nel ruolo che mai avrebbe voluto, quello del vedovo: marito di una donna bellissima, assassinata in un giorno di festa tanto atteso, il decimo anniversario di matrimonio.
PIETRO MATTEI MARITO DI ALBERICA FILO DELLA TORRE
Tanto si è detto della loro vita, decisamente troppo, ma lui non ha mai fatto un passo indietro, reagendo a colpi di querele agli attacchi, e scrollandosi di dosso il peso di un'opinione pubblica orientata da insinuazioni e sospetti, con 20 cause per diffamazione vinte. E alla fine la battaglia l'ha vinta lui nel 2007, quando le indagini sul delitto sono state riaperte e hanno portato all'arresto e alla successiva condanna del cameriere filippino Winston Manuel Reyes.
LE TANTE PISTE
Quante carriere sono state costruite sul caso dell'Olgiata, quante presunte rivelazioni hanno invaso la vita dei Mattei-Filo della Torre: da amanti inesistenti a fondi neri legati a 007 del Sisde. E invece, sarebbe bastato analizzare gli atti contenuti nel fascicolo, a cominciare dall'esame del Dna, mai effettuato prima del 2011, per individuare il codice genetico dell'assassino: l'ex domestico filippino, che ha confessato l'omicidio della contessa poco dopo essere stato arrestato.
Il processo è arrivato nel 2012 e subito dopo la condanna. Anche quel giorno Pietro Mattei era in aula. Una giornata che aveva aspettato per oltre 20 anni ma che, comunque, gli aveva dato soddisfazione solo in parte, perché l'imputato aveva avuto una condanna a 16 anni. Troppo pochi, aveva detto, ammettendo però che quel giorno «era finito l'incubo».
Fino ad allora si era battuto quasi da solo nel chiedere agli inquirenti che il giallo dell'Olgiata non rimanesse tale. «Ha passato una vita a lottare - ricorda l'avvocato Iacopo Squillante che, insieme con Giuseppe Marazzita assisteva la famiglia -, da un lato, per preservare il suo nome e soprattutto quello della moglie da insinuazioni e pettegolezzi, e dall'altro, perché fosse trovato il colpevole dell'omicidio.
Per la diffamazione da parte dei media che in modo disinvolto infangavano lui e la moglie sono arrivate tantissime condanne. Si arrivò a insinuare che la contessa avesse delle relazioni extraconiugali e ombre furono gettate anche su di lui nonostante non sia mai stato sospettato dagli inquirenti. Al momento dell'omicidio era all'Eur».
GLI ERRORI
Nel 2007 ha chiesto la riapertura dell'indagine appellandosi, soprattutto, alle nuove tecniche investigative a disposizione degli inquirenti. «A seguito di due istanze che lui stesso ha presentato - continua il legale - i carabinieri del Ris trovarono delle macchie evidentissime, che nei primi anni delle indagini non erano mai state analizzate. Così come delle intercettazioni dell'ex domestico nelle quali parlava del furto dei gioielli della vittima. Anche quelle mai tradotte. Le battaglie legali furono fatte, al di là dei risarcimenti, che infatti sono stati tutti devoluti in beneficenza».
Manfredi Mattei il figlio di Alberica Filo della Torre
Pietro Mattei è morto il 24 gennaio scorso, il funerale si è svolto nella chiesa Cristo re di viale Mazzini. L'ultimo pensiero è stato per la moglie e per i figli. Lo stesso che aveva voluto dedicare nella sua lettera d'amore ad Alberica: «Mi hai dato la forza di proteggere i nostri amati figli e di respingere quanti hanno offeso la tua memoria con assurdi e torbidi teoremi, oggi finalmente crollati - scriveva -. Amore mio, proseguiremo il nostro cammino insieme, pieno di quelle dolci parole che ci siamo sempre detti, e che ci diremo ancora quando ci rincontreremo. Tuo Pietro».
2 - OLGIATA, MORTO PIETRO MATTEI «FU PAPÀ A TROVARE L'ASSASSINO»
Fabrizio Peronaci per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”
Manfredi, perdoni il disturbo in queste ore di dolore Cosa le ha insegnato quel signore distinto che all' uscita dei funerali, nell' estate di tanti anni fa, cingeva protettivo le spalle a due bambini, lei e sua sorella, fuggendo dai flash dei fotografi?
pietro mattei marito di alberica filo della torre con i figli domitilla e manfredi
«Sì, quella foto la ricordo, è vera in tutto il suo impatto. Racconta molto di noi. Due bambini piccoli, di appena 9 e 7 anni, travolti da una tragedia immensa. Lui unico genitore, con compiti nuovi. L'assalto dei media e della magistratura: un' esperienza forte, mostruosa»
D'altronde sua madre fu la vittima del delitto dell' Olgiata, uno dei crimini più famosi e controversi del secondo Novecento.
«Purtroppo. Ma perché le vittime devono essere massacrate? Cosa hanno fatto di male?»
Si è preso qualche giorno di pausa, di eclissi totale. Il tempo di vivere in una dimensione privata il dolore per la morte (per un ictus, a 77 anni) di suo padre, il costruttore Pietro Mattei, volto noto alle cronache in quanto marito di Alberica Filo della Torre, la contessa tramortita a colpi di zoccolo e poi strangolata il 10 luglio 1991. «Li abbiamo sepolti vicini, nella cripta di famiglia, al Verano. Una cerimonia intima, molto toccante». E adesso Manfredi Mattei, 38 anni, accetta di rispondere a qualche domanda.
Manfredi Mattei il figlio di Alberica Filo della Torre
Suo papà, dicevamo
«Mi ha trasmetto rigore, coraggio, forza. Vorrei che lo si ricordasse per le tante battaglie che ha combattuto. Il destino gli ha assegnato un compito difficile: battersi contro le storture del sistema politico-giudiziario, che tanto lo ha fatto soffrire. Ma alla fine ha vinto lui: è riuscito a incastrare il responsabile dell' omicidio di mamma, il domestico filippino, anche se molti avrebbero preferito vedere lui in galera, era più facile...»
Un' iperbole. O lo pensa davvero?
«No, non scherzo. Il guaio è che in Italia la macchina del fango è sempre in funzione e, quando vengono coinvolti certi ambienti, la produzione di letame, diciamo così, aumenta.
Avevamo la colpa di essere benestanti, inseriti in ambienti elevati, aristocratici, una famiglia felice e unita. E quindi mio padre doveva per forza avere colpe»
Si riferisce alla pista economica, dei conti intestati a sua madre cercati all' estero?
alberica filo della torre by marcellino radogna
«Mi attengo ai fatti. La prova-regina, la telefonata del filippino per piazzare i gioielli rubati a mamma c' era, ma non era stata sbobinata, presa in considerazione. Ha marcito vent' anni in un armadio di Piazzale Clodio. Solo la tenacia di papà, che nel 2007 riuscì a far riaprire l' inchiesta, assieme alla bravura della nuova pm, Francesca Loy, ha consentito l' arresto dell' assassino. Intanto, però, di danni ne erano stati fatti».
La gogna sui giornali?
«Anche, ma prim' ancora gli interrogatori bruschi, le insinuazioni, i sorrisetti. Senza dimenticare i magistrati che facevano trasferte in Svizzera o Lussemburgo, in hotel a 5 stelle, inseguendo irregolarità o fondi neri inesistenti. Oppure i viaggi a Hong Kong, anche lì a spese della collettività, per interrogare un amico di famiglia impegnato nell' import-export, che non c' entrava niente. Fino alle decine di accessi nell' ufficio di papà della Guardia di finanza in cerca di chissà cosa, che si risolvevano regolarmente in gigantesche bolle di sapone perché era tutto regolare, tassato, ritassato, stratassato».
la villa dell olgiata in cui fu uccisa alberica filo della torre
Lei è proprio arrabbiato.
«Come non potrei esserlo? Titoli sui giornali infondati, malevolenze, foto-choc...»
Suo padre aveva modo di difendersi: querelando.
«Lo ha fatto e infatti ha sempre vinto! Le faccio un esempio su tutti: grazie a una sua causa il giudice ha vietato di pubblicare foto della scena del delitto, con il corpo martoriato, come quelle rubate nella stanza di mia mamma. Ora quella decisione fa giurisprudenza. Le pare poco?»
Una piccola soddisfazione?
«Certo, un segno di civiltà. La sua eredità morale. Mio padre lo ripeteva spesso: la mia fortuna è avere tempo e danaro, riuscirò a venirne a capo. Però, quando vedeva in tv le storie di poveracci accusati ingiustamente, stava male per loro. "Come potranno difendersi?" diceva. Ecco, lo vorrei ricordare così: un uomo coraggioso e giusto» .
3 - IL KILLER DI ALBERICA ESCE DI PRIGIONE E IL MARITO DELLA CONTESSA MUORE
Stefania Lanfranchi per “Giallo”
alberica filo della torre e pietro mattei
“L’assassino di mia madre è già fuori grazie a dei permessi premio? Cosa posso dire? Sono profondamente indignato. Questo ormai è un Paese governato da giudici che amministrano la giustizia in moda davvero discutibile. Rischia meno chi uccide una persona di chi ha rubato un barattolo di marmellata. Mi dà molto fastidio che questo signore, come se nulla fosse, si ritrovi già un passo fuori dal carcere. È chiaro poi che queste decisioni creano un certo senso di sfiducia nella gente, che non si sente più tutelata dalla giustizia”.
È profondamente deluso Manfredi Mattei, il figlio di Alberica Filo della Torre, la contessa uccisa nella sua casa all’Olgiata il 10 luglio 1991 dal domestico filippino Manuel Winston, arrestato venti anni dopo il delitto. Condannato ad appena sedici anni di carcere, il filippino si è visto scontare tre anni grazie all’indulto e da giugno 2019 esce regolarmente dal carcere con permessi premio. E proprio nelle ore in cui si è diffusa questa notizia, Pietro Mattei, il marito della contessa Alberica Filo della Torre, è stato colto da un malore ed è morto dopo alcune ore di agonia.
manuel winston assassino di alberica filo della torre
Nel ventesimo anniversario dell’omicidio, Pietro Mattei acquistò una pagina su diversi quotidiani e pubblicò una foto sorridente della contessa, accompagnata da questa frase: «Cara Alberica, venti anni fa una mano assassina ti strappò alla vita, distruggendo quel sogno che tanto avevamo desiderato e poi costruito con amore: la nostra famiglia. In questi anni da lassù mi hai dato la forza di proteggere i nostri amati figli Manfredi e Domitilla, e di respingere quanti hanno offeso la tua memoria con assurdi e torbidi teoremi, oggi finalmente crollati.
Quanto ho fatto non è nulla rispetto alla gioia che mi ha dato vivere al tuo fianco. Amore mio, proseguiremo il nostro cammino insieme, pieno di quelle dolci parole che ci siamo sempre detti, e che ci diremo ancora quando ci rincontreremo. Tuo Pietro». Ora Pietro e Alberica sono di nuovo insieme e continueranno in cielo la loro bellissima storia d’amore interrotta dalla mano assassina del filippino, che per anni ha rischiato di farla franca e che ora può già trascorrere ore fuori dalla sua cella.
Manuel Winston, condannato in via definitiva, ha infatti trascorso il Natale e le festività fuori dal carcere, ospite della Casa del Pellegrino del Santuario della Madonna del divino amore, in via Ardeatina a Roma, dove ha incontrato parenti e amici. In carcere, stando alle indiscrezioni raccolte, l’ex domestico, che oggi ha 51 anni, ha rispettato il programma di rieducazione: ha lavorato come cuoco nella cucina della casa circondariale e ha partecipato attivamente alle attività della struttura, tanto da meritarsi svariati permessi per buona condotta.
A breve potrà usufruire della semilibertà e tra non molto, tre anni circa, sarà un uomo libero a tutti gli effetti. Manuel Winston ha confessato il delitto quando ormai, passati venti anni dall’omicidio, i carabinieri lo avevano incastrato grazie al Dna. Non appena fu arrestato, disse al giudice: «Mi volevo togliere un peso che portavo dentro di me da 20 anni: sono stato io a uccidere la contessa Alberica. Io avevo bisogno di lavorare, ero stato cacciato e avevo bisogno di soldi, ma non ho rubato i gioielli della contessa. Per farmi coraggio avevo bevuto un bicchiere di whisky. Ricordo che passai dal garage e la vidi in casa. Andammo in camera da letto dove ci fu una discussione. Di quel giorno non ricordo molto altro... Scappai passando da una porta finestra e attraversando il tetto. Ho chiamato mia figlia con il nome di Alberica per espiare la colpa».
«POTEVA ESSERE ARRESTATO SUBITO»
manuel winston assassino di alberica filo della torre
In realtà, l’uomo negò di aver rubato i gioielli della contessa, che valevano oltre 100 milioni di lire, solo per evitare di essere condannato anche per rapina. Mentiva: li rapinò e poi li vendette, ma purtroppo quando fu arrestato il reato era prescritto e i giudici non hanno potuto condannarlo anche per quel crimine.
Quando a Giallo abbiamo appreso che Manuel Winston usufruisce di permessi premio e che tra non molto sarà un uomo libero, abbiamo contattato i familiari della nobildonna. Al telefono, il figlio Manfredi Mattei, con garbo e dignità, ci ha spiegato il suo punto di vista e soprattutto il suo stato d’animo, ignaro della nuova tragedia che di lì a poco si sarebbe abbattuta sulla sua vita, cioè la morte del padre, avvenuta qualche ora dopo la nostra telefonata.
pietro mattei marito di alberica filo della torre con i figli domitilla e manfredi
Ci ha detto il figlio della contessa: «Se rapini un’ingente quantità di gioielli, dalla cui vendita ricavi migliaia di euro al punto che riesci a comprarti anche una casa, secondo me non sei affatto una persona onesta. Con quei soldi hanno vissuto lui e tutta la sua famiglia... Poi quando, dopo venti anni, lo hanno arrestato ha deciso di pentirsi. Ma non l’ha fatto subito. Ha atteso una settimana... quando ha capito che non aveva più alcuna possibilità di farla franca. A mio parere chi ha ucciso una donna indifesa meriterebbe il carcere a vita. In ogni caso credo che non si sia mai pentito.
Lo ricordo bene al processo. Non si è mai fermato di fronte a noi, non ci ha mai guardato negli occhi e soprattutto non ha mai chiesto scusa. Noi, comunque, non abbiamo bisogno delle sue scuse: non servono a nulla. Niente e nessuno può riportare in vita mia mamma. La verità è un’altra: non c’era bisogno di attendere venti anni per arrestare quell’assassino.
Le indagini furono condotte dall’allora Procura di Roma in maniera approssimativa. Bastava ascoltare una bobina con delle intercettazioni dove il filippino parlava con un ricettatore dicendogli che aveva da vendere dei gioielli rubati... erano i gioielli della mia mamma. Invece, ciò non avvenne: solo una minima parte di quel nastro venne ascoltata. Gli inquirenti seguirono l’omicidio di mia madre come un caso di gossip e costruirono ipotesi, date in pasto alla stampa, senza alcun riscontro e peggio ancora senza alcuna aderenza con la realtà.
Per fortuna tutti i reperti sono stati conservati e seppur con un grave ritardo si è riusciti ad arrivare alla verità, sfruttando anche le nuove tecnologie».
Ma torniamo indietro negli anni e ricostruiamo questo caso rimasto un giallo per tanto, troppo tempo, come ha sottolineato anche Manfredi Mattei. Cominciamo dalla svolta che arrivò il 29 marzo 2011, dopo anni di insinuazioni e ipotesi investigative campate in aria.
PIETRO MATTEI MARITO DI ALBERICA FILO DELLA TORRE
FURONO SEGUITE FALSE PISTE
Quel giorno il pubblico ministero di Roma, Francesca Loy, che aveva riaperto le indagini su richiesta dei familiari della nobildonna, spiccò un mandato d’arresto per l’ex domestico della contessa. A suo carico, finalmente, erano state trovate prove schiaccianti: tracce di Dna sul lenzuolo usato per strangolare la vittima e sull’orologio della donna. Si tratta di un Rolex che il marito della contessa, l’imprenditore romano Pietro Mattei, aveva consegnato subito agli investigatori, ma che nessuno aveva mai preso in considerazione.
ALBERICA FILO DELLA TORRE E MANUEL WINSTON
Ora torniamo al giorno dell’omicidio, il 10 luglio 1991. Alberica Filo della Torre, 42 anni, nobildonna moglie dell’imprenditore Pietro Mattei e mamma di Domitilla e Manfredi, che all’epoca avevano 7 e 9 anni, fu uccisa nella sua villa. Quel giorno nell’abitazione e nell’immenso giardino antistante c’erano molte persone: i due figli e la loro baby sitter inglese, due domestiche e quattro operai che stavano addobbando l’abitazione in vista della festa d’anniversario di nozze dei coniugi Mattei, prevista per quella sera. A scoprire il cadavere, in camera da letto, fu la domestica che avvertì subito i carabinieri, che giunsero nella villa tra le 12 e le 12.30.
I primissimi sospetti ricaddero sul figlio dell’insegnante di inglese dei bambini, un giovane con problemi psichici. Aveva i pantaloni macchiati di sangue, ma l’esame del Dna lo scagionò. Subito dopo l’attenzione degli inquirenti si spostò su Manuel Winston, l’ex domestico licenziato poco prima del delitto. Anche lui aveva i calzoni sporchi di sangue, ma anche lui fu scagionato dall’analisi del Dna, anche se, come si scoprirà venti anni dopo, l’esame non fu eseguito in modo corretto.
Nel 1993, a seguito dello scandalo dei servizi segreti italiani, il caso del delitto dell’Olgiata viene riportato agli onori della cronaca, perché il protagonista di quello scandalo, Michele Finocchi, era un caro amico della famiglia Mattei-Filo della Torre, uno dei primi ad arrivare dopo il delitto. Prese piede a quel punto la pista economica, ma anche in questo caso l’intuizione degli inquirenti si rivelò del tutto errata.
Le indagini furono, quindi, archiviate e riaperte soltanto nel 2007 grazie alla caparbietà e al coraggio del marito della contessa, Pietro Mattei, che non si è mai arreso. Non c’erano elementi nuovi, ma finalmente vennero analizzati con attenzione e scrupolo tracce e reperti che avrebbero potuto consegnare subito l’assassino alla giustizia. Invece, un susseguirsi di errori e false convinzioni ha offeso la dignità della vittima e infangato la cristallina reputazione della famiglia Mattei per 20 anni.
Nonostante tutto, si arrivò a una condanna dell’assassino, che, però, tra poco sarà un uomo libero. Il 30 gennaio 2012 è stata costituita da Pietro, Domitilla e Manfredi Mattei la Fondazione “Alberica Filo della Torre”, che si prefigge proprio lo scopo di lottare per la verità e la giustizia. Si occupa, in particolare, di offrire tutela legale a coloro che non hanno le risorse necessarie per permettersela.