1. LE VIOLENZE DI RIMINI: È CACCIA A 4 NORDAFRICANI LA PISTA DELLE IMPRONTE E DELLE CELLE TELEFONICHE
Andrea Pasqualetto per il ‘Corriere della Sera’
Il traffico telefonico della zona, le impronte sui reperti, alcune testimonianze di chi bazzicava a Miramare quella notte e le immagini delle telecamere di sorveglianza che hanno ripreso la banda responsabile del doppio crimine di venerdì scorso: il pestaggio e lo stupro nei confronti dei due amici polacchi nel bagno 130 e la violenza con rapina alla trans sulla vicina Statale. E, naturalmente, i racconti delle vittime, in particolare della trans, e le loro indicazioni sui primi sospettati.
Risultato dell' attività investigativa: la banda sarebbe composta da quattro giovani nordafricani e la pista, obbligata, è quella di chi è già conosciuto alle forze dell' ordine. La Procura di Rimini indaga in particolare negli ambienti degli spacciatori della riviera romagnola.
Ma nonostante tutto porti a pensare che i malviventi abbiano le ore contate, gli inquirenti invitano alla prudenza.
La storia di Igor il russo (il serbo Norbert Feher, responsabile dell' omicidio di un barista di Budrio che da mesi ormai è riuscito a far perdere le sue tracce beffando le forze dell' ordine che lo braccavano) deve aver lasciato il segno. «Indagine difficile», avvertono anche gli uomini dello Sco, il Servizio centrale operativo della Direzione anticrimine della polizia che sta supportando nell' indagine la Squadra mobile di Rimini.
Da una parte, dunque, l' attività sul campo, con gli investigatori che hanno passato al setaccio le spiagge di Rimini sud e i locali notturni; dall' altra quella della Scientifica che lavora su reperti recuperati nella zona delle violenze e sulle celle telefoniche.
E mentre la caccia alla gang si fa stringente, le tre vittime della drammatica notte di Miramare vivono giorni di dolore, di ansia e di preoccupazioni. I ragazzi polacchi, dopo le audizioni degli inquirenti, non vedono l' ora di poter fare rientro nel loro Paese. Lui ha il naso rotto e la faccia ancora gonfia. Anche lei è stata colpita al volto, ma è la violenza sessuale a farla disperare.
«È terrorizzata dal fatto che qualcuno possa fare il suo nome, che possa essere identificata: in Polonia la vicenda ha avuto grande eco sui media», ha detto l' assessore alla sicurezza di Rimini, Jamil Sadegholvaad, che è andato in ospedale anche ieri, con un rappresentante del Consolato polacco di Milano. I due amici hanno chiesto di essere ricoverati nella stessa stanza. Vogliono stare vicini e tornare insieme in Polonia.
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«Al più presto e in macchina, se possibile», ha detto lei, preferendo la riservatezza di un' automobile all' affollamento di un volo aereo. «La preoccupazione di entrambi è poi il lavoro - ha aggiunto l' assessore -. Sono studenti lavoratori e non sanno come giustificare la loro assenza».
Quanto all' Italia, lui ha trovato la forza di dire che «era stata una bellissima esperienza. Ma il finale è stato molto brutto».
Hanno chiesto un cellulare per poter comunicare con i loro parenti in Polonia e un computer per seguire la loro vicenda sui quotidiani online in lingua polacca.
Da registrare la gara di solidarietà nei loro confronti da parte della gente di Romagna che ha messo a disposizione camere per i parenti e tutto quanto serve ai due giovani per cercare di rendere più sopportabili queste drammatiche ore.
Anche la terza vittima, la trans peruviana, ne è uscita malconcia e si trova in ospedale. Ha graffi su tutto il corpo.
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Dopo la ripetuta violenza sessuale, i malviventi l' hanno infatti gettata fra i rovi della Statale. «Sono di Milano, mi trovavo a Rimini come turista», ha raccontato a chi è andato a visitarla. Timida, impaurita, silenziosa. Anche per lei sono giornate nere.
2. LE NOTTI A RISCHIO NEI BAGNI DELLA RIVIERA «PUNTANO CHI VA AL MARE E PICCHIANO»
Andrea Pasqualetto per il ‘Corriere della Sera’
Rumena di Galati, biondissima, altissima, Ana traballa sui tacchi a spillo di fronte al Bagno 130. Sono le quattro di notte e lei sa bene cos' è successo il giorno prima, alla stessa ora, dietro questa casetta sul lungomare di Rimini. Sa dello stupro sulla spiaggia, della rapina, dei feroci maghrebini e del fatto che, non molto distante da qui, anche una sua collega peruviana è stata violentata e derubata.
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«Sono un po' preoccupata ma cosa ci posso fare? Questo è il mio lavoro». È il suo lavoro e quello di tante straniere che camminano sui marciapiedi di Miramare, accanto a spacciatori dalle facce scure, a tossici in cerca di euro, «a ladri a caccia di qualcuno da spennare», aggiunge l' investigatore. Ma anche accanto a turisti inconsapevoli e a candide coppiette che attendono l' alba sulle panchine del lungomare. Le notti della riviera sud sono estreme: crimini e carezze, giovani che rubano e giovani che sognano.
Due mondi molto diversi ma fisicamente vicini e talvolta esplosivi. «Robbery! Rape!
Where? Who?», rapina, stupro, dove, chi, si stupiscono due ragazzi tedeschi che guardano il mare abbracciati.
Davanti a loro, scesi pochi gradini, si entra in un mondo oscuro e apparentemente deserto. «Buonasera», saluta qualcuno dal buio. Brivido.
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Non è un rapinatore. Si tratta di un agente di polizia, uno degli uomini agli ordini di Luciano Baglioni che questa notte sta battendo a tappeto la spiaggia. Spunta una sola luce, verso la battigia, nel punto in cui è stata aggredita la coppia di polacchi. Quella luce l' altra notte non c' era. «La passeggiata è totalmente al buio - aggiunge il poliziotto -. Se qualcuno si apposta, ciao».
Al bagno 130 e in quelli adiacenti va così. Diversa è la situazione al 135 e nei successivi.
Qui un faro illumina le file degli ombrelloni. E sotto il faro vigila un uomo che balza quando arriva qualcuno. È Miti, il guardiano della notte. «Se qualcosa si muove sulla sabbia io lo vedo e intervengo». Il rumeno Miti scruta sopra il pelo della sabbia: «Ecco, lì si sta muovendo qualcosa», dice con occhio di lince. Ma sono gli uomini di Baglioni. «Ah», e sorride. Con lui c' è Giorgio, guardiano del 137. Domanda: perché al 130 non c' è nessuno?
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«Perché il bulgaro è un cretino!». Il bulgaro è il loro collega, a loro dire poco presente.
«Non è un cretino. Lui fa solo rimessaggio e finisce alle tre», lo difende Ivano, il gestore della struttura.
I guardiani sono tutti privati e pagati dai gestori. C' è chi li vuole e chi no. «Io l' ho preso, altrimenti mi sparirebbero dieci lettini a notte», spiega la signora del 140, che alle cinque del mattino sta già aprendo vari lucchetti.
Mentre poco più in là, in viale Principe di Piemonte la notte non è ancora finita. Il Mon Amour rimbomba le sue note da locale di tendenza.
Escono giovani e buttafuori.
«Questo tratto di viale è pieno di trans. Ma stasera ne vedo poche», osserva Giorgio, un addetto molto esperto. Una c' è, all' angolo della rotonda. È bionda e ha una certa età. Non teme nulla dopo le violenze alla collega? «Parli della brasiliana? Quella alta?». No, la peruviana, bassa. «Io so che hanno rapinato una brasiliana ma non ieri». C' è anche una peruviana, violentata. «No!». Sì. E sbarra gli occhi. Lei non sa alcunché.
Torniamo al mare dove inizia ad albeggiare. Gli agenti sono ancora lì, a fotografare e perlustrare. «Purtroppo questa è una grossa piaga - si lascia andare uno di loro -. C' è proprio lo scontro fra due realtà. Vedi quei ragazzi - indica un gruppetto di stranieri sulla sabbia -. Quelli vorranno fare il bagno di notte. Ma non sanno nulla di chi si nasconde qui dietro. Questa è zona tosta, maghrebini, al 90 per cento tunisini. Vengono dall' Emilia e vivono di questo, di rapine.
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Sono specializzati. Arrivano di notte e puntano la gente che va al mare. Chi reagisce viene pestato». Ne hanno arrestato uno anche due giorni fa. Altri casi fanno parte della contabilità nera degli stupri: la notte di Ferragosto di due anni fa una riminese fu aggredita da un marocchino; due giorni dopo toccò a una ragazza tedesca di 19 anni, violentata.
Il sole sorge, le ombre scompaiono e la gente torna ai bagni, per una nuova giornata di mare.