Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Ventisette anni dopo, ci sono due nuovi indagati per la strage Falcone: sono i boss della mafia catanese che avrebbero portato a Palermo una parte dell' esplosivo.
Ma c' è, soprattutto, una nuova pista su cui hanno iniziato a lavorare i magistrati della procura di Caltanissetta, attorno a un misterioso esperto di esplosivi inviato in Sicilia dalla mafia americana per addestrare gli stragisti di Capaci. «Il forestiero arrivò a Palermo nei primi mesi del 1992»: il pentito Maurizio Avola - è lui uno dei nuovi indagati - ne aveva già parlato all' inizio della sua collaborazione, nel 1994, dopo aver confessato 80 omicidi.
Ma, all' epoca, aveva detto di non sapere chi fosse. Di recente, invece, l' ex killer catanese ha deciso di aprire anche questo capitolo, svelando al procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone che il «forestiero» era un uomo di John Gotti, il capo della famiglia Gambino di New York: «Aveva circa 40 anni, capelli castani, occhi scuri, alto 1,85, corporatura robusta, vestito in maniera molto elegante. Lo incontrai a Catania, a casa di Aldo Ercolano, che mi disse: "Oggi hai conosciuto una persona importante"».
In quei giorni, Avola avrebbe portato «una certa quantità di esplosivo e dei detonatori a Termini Imerese », anche questo ha raccontato di recente. A fargli da staffetta sarebbe stato Marcello D' Agata, il suo capo, pure lui adesso indagato per Capaci dall' aggiunto Gabriele Paci, dai sostituti Pasquale Pacifico e Matteo Campagnaro. I verbali di Avola sono stati depositati nel processo bis d' appello per la strage Falcone: secondo l' accusa, un altro pezzo di verità, che non mette in discussione quanto già delineato dalle sentenze. E l' indagine continua.
Ci sono da scoprire i rapporti tra l' americano e l' artificiere di Capaci, il messinese Pietro Rampulla, legato ad ambienti della destra eversiva. «Ercolano mi disse che il forestiero aveva collaborato all' attentato», dice Avola. C' è da scoprire, soprattutto, quale ruolo avrebbe avuto Cosa nostra americana nella stagione delle stragi.
Il telefonino Il pomeriggio della bomba di Capaci (scoppiata alle 17,56), uno dei telefonini (clonati) degli stragisti chiama tre volte un' utenza del Minnesota: "00161277746***"»: alle 15,17, 40 secondi; alle 15,38, 23 secondi; alle 15,43, 522 secondi. Le indagini dicono che sarebbe stato Antonino Gioè (poi morto suicida in cella) a chiamare, ma chi era il suo interlocutore?
Il pentito Antonino Giuffrè ha invece raccontato che poco prima delle stragi i cugini americani della famiglia Gambino avevano inviato un loro avvocato a Palermo, ufficialmente per cercare delle contromisure ai danni causati oltreoceano dalle dichiarazioni dei pentiti Buscetta e Mannoia.
All'epoca, quell' avvocato era stato casualmente pedinato dalla squadra mobile che indagava sul libro mastro delle estorsioni del clan Madonia: il legale aveva preso una suite all' hotel Villa Igiea e riceveva diverse persone. È rimasto l' ennesimo giallo sull' asse Palermo- New York. Ce n'è un altro. L'albergo Al centralino del bellissimo albergo palermitano telefonava un cellulare utilizzato dal boss di Castellammare del Golfo Gioacchino Calabrò.
giovanni falcone maurizio costanzo
Era un telefonino clonato alla ignara signora Antonietta Castellone: anni fa, il consulente informatico Gioacchino Genchi scoprì che alcune conversazioni con Villa Igiea erano avvenute pochi giorni prima della strage Borsellino, il 13 e il 17 luglio 1992. I boss di Castellammare non sono stati comunque mai indagati per l' eccidio di via D' Amelio. Però, oggi, il filo degli indizi ci fa tornare al mese di luglio che inghiottì Borsellino e la sua scorta. «Il giorno prima della strage - ha spiegato il pentito Gaspare Spatuzza - nel garage di via Villasevaglios dove si caricava la 126 di esplosivo, c' era un uomo che non conoscevo ». Un altro misterioso artificiere. Lo stesso di Capaci?