Fabio Poletti per “la Stampa”
Solo dopo che la paziente aveva perso 4 litri di sangue, decisero che era il caso di operare per l' asportazione dell' utero.
Ma oramai era troppo tardi ed E.P., 40 anni, madre di una bambina che oggi ha 5 anni, morì dissanguata sul tavolo operatorio della clinica Humanitas di Milano. Per questa vicenda i 3 ginecologi della clinica di Rozzano alle porte di Milano, una delle più importanti della regione, dovranno comparire il 10 dicembre davanti al giudice delle udienze preliminari Roberto Crepaldi. A chiedere il loro rinvio a giudizio per omicidio colposo il pubblico ministero Mauro Clerici.
La quarantenne, già madre di una bambina, rimase nuovamente incinta. Una gravidanza particolarmente complicata protrattasi per 9 settimane e finita con un aborto spontaneo. Il 12 aprile del 2018 la donna venne ricoverata all' Humanitas, dove venne operata dai 3 ginecologi ora indagati.
Spiega l' avvocato Antonio Ferrari, il difensore di parte civile che assiste il marito e la figlia della donna morta: «Ci sono dei protocolli, acclarati anche a livello internazionale, che non vennero eseguiti. In caso di perforazione dell' utero è richiesta una isterectomia d' urgenza, con la totale asportazione dell' utero da effettuare in tempi rapidissimi, per evitare il sopraggiungere della morte della paziente. L' isterectomia venne effettuata fuori tempo massimo, con la conseguente morte della paziente».
Secondo la ricostruzione fatta dalla procura i 3 medici non furono in grado di gestire quella situazione di emergenza, nemmeno troppo rara in casi di aborti spontanei.
L' intervento di raschiamento avviene solitamente in day- hospital ma in anestesia generale. Un intervento di routine, che si suppone qualsiasi ginecologo sia in grado di affrontare, anche di fronte a situazioni di emergenza e complicazioni sempre possibili.
Una delle complicazioni più prevedibili è la perforazione dell' utero. In quel caso inizia una violenta emorragia che, se non tenuta sotto controllo, può aver effetti letali sulla paziente. Unica soluzione per evitare il peggio è la immediata esportazione dell' utero.
I medici decisero invece di sottoporre la donna ad una serie di trasfusioni che non fecero altro che complicare il suo grado clinico.
Scrive chiaramente il magistrato nella sua richiesta di rinvio a giudizio contro i 3 ginecologi: «La imponente perdita di materiale ematico, non inferiore a 4 litri di sangue, - nonostante la trasfusione di due sacche di plasma fresco - non poteva in alcun modo essere bloccata con una terapia di tipo conservativo che, non avendo sortito l' interruzione della perdita ematica, avrebbe dovuto essere immediatamente interrotta e comunque sostituita dall' intervento chirurgico di isterectomia d' urgenza».
Cosa che non venne fatta provocando il decesso della donna come scrive ancora il magistrato: «Ne conseguiva l' arresto cardio circolatorio della paziente in seguito a lesione chirurgica uterina intraoperatoria non dominata chirurgicamente». Dalla clinica Humanitas, con una nota, si «esprime il proprio forte e sincero rammarico per quanto accaduto, nonostante tutti gli sforzi profusi». La nota prosegue con la ricotruzione dei fatti dal loro punta di vista: «La paziente è stata sottoposta ad un intervento chirurgico di natura ginecologica.
Durante l' intervento si è manifestata una seria complicanza cui è seguita un' improvvisa e arrestabile emorragia. A nulla sono valsi tutti gli interventi messi in atto dall' équipe chirurgica e il coinvolgimento di tutte le risorse professionali e tecnologiche di Humanitas».