Alberto Simoni per “La Stampa”
Mentre il New York Times si chiede quale sia l'impatto del #MeToo a cinque anni dalla sua esplosione e conta i personaggi pubblici che sono spariti dalla scena o sono in prigione ed elenca le leggi approvate da allora in 22 Stati a tutela delle donne, irrompe un nuovo scandalo nel mondo dello sport americano.
È il soccer femminile, molto seguito negli Stati Uniti e capace di creare dei miti per le giovani come l'icona della nazionale Megan Rapinoe, a finire nella bufera. Un report di 172 pagine della procuratrice Sally O. Yates ha evidenziato che «le violenze, le intimidazioni e le condotte inappropriate - verbali, psicologiche e sessuali - sono diventate sistemiche e diffuse fra molte società e gli allenatori».
L'inchiesta ha coinvolto 11 squadre e 200 tra vittime e carnefici e sottolinea come i dirigenti delle istituzioni del Soccer americano «hanno evitato eventuali contenziosi con gli allenatori a scapito della sicurezza e del benessere delle giocatrici».
Sotto accusa sono finite la NWSL (National Women Soccer League) e la U.S. Soccer (United States Soccer Federation, la lega che governa il calcio femminile e che ha commissionato l'inchiesta alla Yates) che avrebbero tollerato e chiuso gli occhi dinanzi alle denunce delle atlete.
L'inchiesta è nata dopo che The Athletic aveva evidenziato le accuse per abusi sessuali contro Paul Riley, capo allenatore della North Carolina Courage. Il coach 58enne era stato allontanato grazie all'intervento dell'azionista di maggioranza del club, la tennista Naomi Osaka. Dopo il caso Riley, le campionesse mondiali Rapinoe e Alex Morgan avevano attaccato la Lega di calcio femminile invitando i dirigenti a prendere provvedimenti. Da lì poi era nata la necessità di fare chiarezza.
Un anno dopo il rapporto Yates ha rivelato che gli abusi e le violenze psicologiche e verbali contro le giocatrici erano ben note alla U.S. Soccer e alla NWSL ben prima che The Athletic ne scrivesse. Nel report sono citati diversi esempi. Fra questi quello di un coach che aveva invitato un'atleta a rivedere a casa sua la partita di calcio del fine settimana e le aveva invece mostrato un film hard.
Le oltre 100 giocatrici interpellate hanno descritto un sistema fatto di «commenti a sfondo sessuale, avances e contatti indesiderati fino ad arrivare a rapporti non consensuali» da parte dei coach nei confronti delle loro atlete. E non si tratta solo di violenza fisica ma anche psicologica con «prediche degradanti, manipolazioni e ritorsioni contro coloro che hanno tentato di farsi avanti». I soprusi, gli abusi e le intimidazioni erano noti a ogni livello - manager, proprietari, allenatori - ma nessuno ha mai fatto nulla per stroncare questi comportamenti.
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