Giuseppina Manin per il "Corriere della Sera"
Sesso sangue e Salomè. Formula seduttiva micidiale visto che, oltre a quella del Battista, la perversa fanciullina ha fatto perdere la testa a due geni della scena come Oscar Wilde e Richard Strauss.
Wilde le dedicò una pièce che gli costò le ritorsioni del moralismo vittoriano, Strauss un' opera applaudita al debutto di Dresda del 1905, ma subito messa al bando «per motivi morali e religiosi» sia dai teatri del Reich sia da quelli della cattolicissima Vienna.
Così chi volle sentirla dovette prendere il treno per Graz, dove il 6 maggio 1906 si ritrovarono in platea Mahler, Schönberg, Zemlinsky, Berg e Puccini. E in galleria un giovanotto aspirante pittore, tale Adolf Hitler.
Da allora Salomè ha sedotto tutte le ribalte del mondo. Prima italiana a Torino il 23 dicembre 1906 diretta da Strauss medesimo, ma a battere sul tempo il Regio fu Toscanini che nel pomeriggio dello stesso giorno la eseguì come prova aperta alla Scala, in vista del debutto di tre giorni dopo.
E alla Scala Salomè torna ora, prima nuova produzione del teatro dopo la pandemia. Prevista lo scorso marzo con la direzione di Riccardo Chailly, cancellata per lockdown, l' opera arriva al Piermarini il 20 febbraio con Zubin Mehta sul podio e la regia di Damiano Michieletto.
Collegamento in diretta dalle 19.50 su Rai5 che dopo l' opera manderà in onda anche due nuovi spettacoli cecoviani firmati da Michieletto per lo Stabile del Veneto.
«Rispetto a un anno fa sono cambiate molte cose - racconta il regista veneziano da Berlino, dove alla Staatsoper sta allestendo un altro titolo quasi coevo di Salomè , Jenufa di Janácek, direttore Simon Rattle -.
Un anno fa eravamo all' Ansaldo a provare, nessuno immaginava che da lì a pochi giorni si sarebbe fermato tutto. Ma i teatri italiani sono coraggiosi, hanno cercato di andare avanti, di salvare il salvabile. Tutti ci siamo dovuti adattare alle nuove regole, di sicurezza e del video, che esalta ogni dettaglio. Ho dovuto mettere da parte alcune idee, inventarne altre».
Per esempio, il pozzo dove è prigioniero Jochanaan, il Battista (Wolfgang Koch) non sarà più circondato dalle fiamme come pensato in un primo tempo. «Perché il fumo è un veicolo del virus, intorno a quel buco a dare una dimensione epica ci saranno ora dei danzatori.
L' impresa più difficile è stata però ricalibrare le distanze, a me piace un teatro fisico e la fisicità è il cardine di quest' opera carnale e violenta, dove Erodiade smania per Erode, Erode per la figliastra, Salomè per un santo I corpi sono soggetti e oggetti di desiderio ma stavolta, Covid impone, si guarda a e non si tocca. Una soluzione sarà far distendere Salome tra le cosce di Erode, le teste di entrambi che cantano rivolte alla platea, senza rischio di contatti».
Come sua abitudine, Michieletto riporta la vicenda ai nostri tempi. «È una storia di famiglia, quelle che si leggono sui giornali: coppie diaboliche, incesti, pedofilia Tragedie domestiche che avvengono con la complicità di tutti. A questo si aggiunga il rapporto tortuoso madre e figlia. Durante l' opera Erodiade e Salomè non si parlano mai, le due donne si odiano.
La madre vede nella figlia la rivale che le può portare via l' uomo e il potere, mentre Salomè in lei l' istigatrice della morte di suo padre. Uno scontro che ricorda per certi versi le dinamiche di Amleto: un padre ucciso, una madre che ne sposa il fratello, un fantasma che chiede vendetta. E un fantasma c' è anche qui, una voce che viene dal sottosuolo a minacciare tutti».
Testimone di tanti conflitti e orrori nell' opera è un paggio. «L' ho trasformato in una specie di governante, una donna anziana che sta da sempre con Erodiade, che ha cresciuto Salomè. Una serva consapevole con capacità profetica. Sa già tutto, ma nessuno la ascolta».
DAMIANO MICHIELETTO - I BOZZETTI PER LA SALOME
La scena di Paolo Fantin è volutamente priva di connotazioni precise, un cubo bianco che alla fine si rivelerà una tomba, sfondo di visioni di angeli della morte, penne nere che cadono, una sfera nera che cala minacciosa. Mentre i costumi di Carla Teti richiamano le atmosfere decadenti del celebre quadro di Gustave Moreau. «Una Salomè che tende le braccia alla testa aureolata del Battista.
Citerò la stessa situazione, Salomè berrà il sangue colante da quella testa sospesa in una sorta di comunione vampiresca». E la danza dei sette veli? «La protagonista, Elena Stikhina, sarà sistemata in alto e la sua veste prolungata fino a terra in una ampia corolla di fili rossi. L' effetto sarà quello di una raccapricciante pioggia di sangue».
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