Paola Pollo per il “Corriere della Sera”
Inaugurazione senza party, naturalmente. Ma comunque riapertura: 365 metri quadrati su due piani dopo un grande intervento di ristrutturazione firmato dall' architetto Eric Carlson.
Dolce e Gabbana tornano a Hong Kong, città che sta ripartendo con un leggero ritardo per esempio rispetto alla Cina, dove i punti vendita già aperti sono 45. Le modalità saranno le stesse. «Il rispetto delle regole e delle distanza di sicurezza sono seguite da tutti con molto rigore», raccontano gli stilisti che da una decina di giorni stanno «osservando» reazioni e risposte.
E applicando le prime strategie pensate per rendere possibili le vendite, consapevoli che «desiderio e spinta all' acquisto non siano certo la prima reazione di chi ha vissuto momenti come questi», e che tutto quello che sarà venduto «sarà un dono di Dio».
Al via quindi il format delle video-boutique, un supporto più che una soluzione, che è un ripensare il «rito» dello shopping. Si tratta di tutorial, spediti ai clienti e messi a disposizione sulle piattaforme WeChat e Weibo, nei quali i commessi raccontano a uno a uno i «pezzi» a disposizione nello store, riducendo drasticamente quelli che erano i tempi dell' incertezza, quando si entrava in negozio senza un' idea precisa.
DOLCE E GABBANA NEL VIDEO DI SCUSE ALLA CINA
«Questo non può accadere, specialmente in questa prima fase - spiegano gli stilisti - perché negli spazi, anche grandi, dove potevano entrare le persone a decine, ora possono "sostare" soltanto una o, massimo, tre-quattro persone, se la boutique ha altrettanti piani». I primi dati lo confermano: se al giorno si potevano «servire» un centinaio di clienti, oggi è un successo arrivare a dieci.
L' idea è nata per caso quando a febbraio i compratori cinesi non sono arrivati a Milano per le sfilate e i successivi ordini in showroom. «Così abbiamo chiesto ai venditori di spiegare in video gli abiti come se i buyer fossero davanti a loro. La risposta è stata talmente positiva che abbiamo deciso - capendo che, quando tutto sarebbe finito, ci sarebbero state misure restrittive per le riaperture - di fare lo stesso con le boutique.
PROTESTE DI CINESI DAVANTI AI NEGOZI DOLCE E GABBANA
E nei primissimi giorni di permesso a uscire abbiamo chiesto ai commessi di cominciare: prima con dei video fai-da-te, poi ci siamo strutturati». E dal maxi sono passati al micro: video per una borsa, per una camicia, per un paio di sneakers. E poi la geolocalizzazione: «Quello che si vende in Cina non si vende a Miami.
Quindi il progetto si sta allargando piano piano agli altri Paesi. In un ordine che segue le riaperture: la prossima appunto a Miami, poi in Sud America». E dopo il video cosa succede? «La gente si rivolge alla boutique già sapendo cosa vuole». Snellendo le code? «Anche, ma nel lusso, se ha oggi senso parlare di lusso, il problema delle file non c' è mai stato. Si arriverà allo shopping su appuntamento, con già un' idea, un desiderio più consapevole. Quando non si sceglierà l' ordine in Rete. E questo sta già accadendo».
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