Estratto dall’articolo di Graziella Melina per “il Messaggero”
Chiusi in casa per la pandemia e il lockdown, l'idea di prendere un animale domestico per vincere il senso di isolamento è venuta a molti. E così, a partire dal 2020, come rivela una recente indagine della start up Readly, un italiano su 4 ha aperto le porte di casa al nuovo amico a 4 zampe.
Coccole a profusione e passeggiatine fuori, per molte famiglie tutto è filato liscio fino a quando la fine della pandemia ha fatto cambiare di nuovo le abitudini: niente più smart working, tempo libero da dedicare alle esigenze del cane ormai insufficiente e preoccupazioni economiche sempre crescenti.
Tanto che, alla fine, molti hanno deciso di non volerlo più tenere: il 16% dei proprietari è pentito della scelta, il 9% non riesce più ad occuparsi dell'animale e il 12% lo affida a un pet-sitter.
«La crisi economica, la precarietà, il trasferimento all'estero, il decesso di anziani proprietari di cani, spingono molti italiani a disfarsene - racconta Giusy D'Angelo, esperta cinofila e membro della giunta nazionale dell'Enpa (Ente nazionale protezione animali) - Il problema più grosso è l'irresponsabilità, ossia pensare di risolvere la questione senza valutare altre soluzioni. Se a preoccupare i neoproprietari sono le ore di lavoro fuori casa, basterebbe provare a contattare i servizi dei nostri volontari dedicati alle comunità».
Secondo i dati del ministero della Salute, nel 2021 sono stati accolti nei canili sanitari e nei canili rifugio 101.309 esemplari. Nel 2022 dopo l'emergenza Covid la situazione sta però peggiorando: dal primo gennaio al 30 settembre, soltanto nelle strutture dell'Enpa, che rappresentano il 20% di tutti i rifugi, sono 17.585 i cani ospiti e 39.752 i gatti accuditi, mentre le adozioni sono in grande calo; in aumento del 15% quest' estate le cessioni di pet. […]