SPIATI FOREVER - ADDIO PRIVACY IN STRADA: CON UNA SENTENZA, LA CASSAZIONE HA DATO L’OK ALL'INSTALLAZIONE DI TELECAMERE SULLE MURA PERIMETRALI ESTERNE DI PALAZZI E SINGOLE ABITAZIONI, PUNTATE A RIPRENDERE QUELLO CHE ACCADE NELLA PUBBLICA VIA – I CITTADINI CHE LE MONTANO “PER TUTELARE LA SICUREZZA DEI LORO BENI, PROPRIA E DEI FAMILIARI” NON COMMETTONO ALCUN REATO E…

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Roberto Giovannini per “la Stampa”

 

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Addio privacy in strada, saremo tutti personaggi del Grande Fratello. Con una sentenza la Cassazione ha dato luce verde all' installazione di telecamere sulle mura perimetrali esterne di palazzi e singole abitazioni, puntate a riprendere quello che accade nella pubblica via.

 

I cittadini che le montano «per tutelare la sicurezza dei loro beni, propria e dei familiari» (o più semplicemente perché sono curiosi) non commettono alcun reato nei confronti delle altre persone che vivono o lavorano nella stessa strada, e vengono sistematicamente filmate. Per essere a posto con la legge, basta che appositi cartelli avvisino della presenza del sistema di videoripresa.

 

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La sentenza I supremi giudici hanno assolto con la formula «perché il fatto non sussiste» due proprietari di diversi appartamenti di uno stabile a Chieti, condannati a sei mesi di reclusione per «violenza privata», che avevano installato telecamere «a snodo telecomandabile per ripresa visiva e sonora orientate su zone e aree aperte al pubblico transito».

 

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La Corte di Appello dell' Aquila aveva dato ragione agli abitanti della strada, costituitisi parte civile, che in tutti i loro movimenti venivano costantemente controllati dai due padroni di casa «maniaci». Padroni di casa che per giunta avevano usato le riprese per denunciare a polizia o carabinieri quelli che per loro erano «illeciti»: chi raccoglieva male le deiezioni del cane, chi parcheggiava così così, «laboratori maleodoranti» o «schiamazzi».

 

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Per la Cassazione, invece è tutto regolare: «L' installazione di sistemi di videosorveglianza con riprese del pubblico transito non costituisce un' attività in sé illecita». E poco conta se gli inquilini tartassati dalle videocamere erano costretti a cambiare le loro abitudini, cercando percorsi alternativi per rientrare a casa e sottrarsi alle riprese: non è violenza privata, dice la Corte, «trattandosi di condizionamenti minimi», e tali «da non potersi considerare espressivi di una significativa costrizione della libertà di autodeterminazione».

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E le segnalazioni che i due facevano alla polizia? È «un uso strumentale o molesto delle immagini catturate dalle telecamere, attuato successivamente a tale azione e, dunque, estraneo alla violenza privata». Insomma, secondo i supremi giudici, «il valore fondamentale della libertà individuale» va bilanciato con quello della «sicurezza, parimenti presidiato».

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