A. Bas. per “il Messaggero”
Niente istanze di fallimento. Almeno fino a giugno. Causa crisi da coronavirus, i creditori non potranno far valere le loro ragioni nei confronti dei debitori presentando in tribunale richiesta di fallimento. È una delle norme inserite nel decreto approvato l'altra sera (ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale) dal governo per sostenere la liquidità delle imprese. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, aveva parlato di «interventi importanti sul diritto fallimentare». Il congelamento delle procedure rimarrà in vigore fino al 30 giugno prossimo. Gli unici per i quali la richiesta di fallimento non sarà bloccata, saranno i pubblici ministeri. Le ragioni della decisione sono contenute nella relazione illustrativa del decreto.
«Risulta indispensabile, per un periodo di tempo limitato», si legge nella bozza del provvedimento,«sottrarre le imprese ai procedimenti finalizzati all'apertura del fallimento e di procedure anch'esse fondate sullo stato di insolvenza. Ciò», aggiunge la relazione, «per una duplice ragione: da un lato per evitare di sottoporre il ceto imprenditoriale alla pressione crescente delle istanze di fallimento di terzi e per sottrarre gli stessi imprenditori alla drammatica scelta di presentare istanza di fallimento in proprio in un quadro in cui lo stato di insolvenza può derivare da fattori esogeni e straordinari, con il correlato pericolo di dispersione del patrimonio produttivo, senza alcun correlato vantaggio per i creditori dato che la liquidazione dei beni avverrebbe in un mercato fortemente perturbato». L'altra ragione è quella di «bloccare un altrimenti crescente flusso di istanze in una situazione in cui gli uffici giudiziari si trovano in fortissime difficoltà di funzionamento».
LE ISTANZE
La sospensione delle istanze di fallimento non è l'unica novità. Il decreto prevede anche il differimento dell'entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa. Si tratta della riforma che contiene il sistema delle misure di allerta, volte a provocare l'emersione anticipata della crisi delle imprese. Ancora una volta è la relazione illustrativa a spiegare le ragioni della decisione. «Il sistema dell'allerta», si legge, «è stato concepito nell'ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all'interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità».
Insomma, in una situazione in cui l'intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti contrari.
Altra misura inserita nel provvedimento, è il congelamento dell'obbligo di ricapitalizzare le imprese che hanno perdite superiori ad un terzo del capitale, oltre a riconoscere il requisito della continuità aziendale a quelle che lo avevano prima della crisi e che ora rischiano di perderlo.
Le ragioni sono sempre le stesse. «L'attuale stato di emergenza e crisi economica di dimensioni eccezionali», spiega la relazione tecnica, «determinato dall'epidemia di Covid-19 sta determinando una situazione anomala che coinvolge anche imprese che, prima dell'epidemia, si trovavano in condizioni economiche anche ottimali, traducendosi in una patologica perdita di capitale che non riflette le effettive capacità e potenzialità delle imprese coinvolte. Di riflesso», si legge nella bozza del decreto, «nonostante le massicce misure finanziarie in corso di adozione, si palesa una prospettiva di notevole difficoltà nel reperire i mezzi per un adeguato rifinanziamento delle imprese. In quest'ottica la previsione in esame mira a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da Covid-19 e verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga gli amministratori di un numero elevatissimo di imprese nell'alternativa - palesemente abnorme - tra l'immediata messa in liquidazione, con perdita istantanea della prospettiva di continuità per imprese anche tuttora performanti, ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell'articolo 2486 del codice civile».