Michele Farina per il “Corriere della sera”
la strage dei mormoni in messico
La strada sterrata l' aveva percorsa altre volte, l' ultima quella stessa mattina, in auto, con la mamma al volante e altri sei tra sorelle e fratelli, tutti composti nel Suv come tesserine di un bel puzzle familiare. Ma mai l' aveva fatta a piedi, e con quel peso addosso. Il dolore e lo sgomento che hanno accompagnato il tredicenne Devin Langford in sei ore di cammino li conosce solo lui. Quattordici miglia, ventitrè chilometri a ritroso tra le colline desertiche dello Stato di Sonora, un nome che per noi ha il suono di dolce Far West così come La Mora, il paese di mille anime dove Devin è cresciuto e dove finalmente è arrivato nel pomeriggio per dare l' allarme, per attivare i soccorsi.
Si fatica a immaginare le parole che avrà usato per i vivi e per i morti. La madre Dawna uccisa con due dei suoi fratellini, e gli altri cinque lasciati non lontano dalle auto crivellate di proiettili. Nessun adulto sopravvissuto. È stato Devin, diventato il grande della famiglia, a nascondere i più piccoli tra i cespugli, sotto una coperta di rami. Brixton, 9 mesi di vita, con una ferita nel petto. Xander, 4 anni, colpito alla schiena. Cody di anni otto, con la mascella insanguinata. E poi Jake di sei e la sorella McKenzie di nove, fortunatamente illesi, nella parte di baby infermieri. Possiamo immaginare Devin che cerca di calmare i fratelli traumatizzati, dicendo loro che li lascerà soli per un po'. Chiede loro di non fare rumore, di non piangere perché i cattivi potrebbero tornare.
Ci vorranno molte ore prima che il silenzio venga rotto dalla carovana dei buoni.
Quando era giunto a La Mora, Devin era andato dagli zii. Che avevano subito preparato i fucili, prima di decidere che era meglio aspettare le forze dell' ordine. Nella mattanza quotidiana che vive il Messico, cento morti al giorno la media delle vittime, ci voleva una strage di mamme e bambini con il doppio passaporto per smuovere sergenti e presidenti. Famiglie che si spostano lungo il confine per strade secondarie, regolari ma non troppo, con i loro pick-up affollati di infanti e la loro storia settaria di altri tempi, ai margini della rispettabilità, in odore di poligamia.
Doveva essere un allegro viaggio di quattro ore, da La Mora a Colonia LeBaron, da Sonora allo Stato di Chihuahua. Si è tramutato nel giorno più lungo della loro vita. Non vedendo Devin arrivare, McKenzie era partita alla ricerca di soccorsi, senza seguire la strada, lasciando Jake di sei anni al comando del rifugio. E così facendo si era persa lei stessa sulle colline, tra pietre e serpenti a sonagli: è stata l' ultima a essere recuperata, dopo quattro ore, quando il buio era già calato e i fratelli feriti volavano sugli elicotteri verso ospedali oltre il confine.
Devin e Jaw sono tornati a La Mora. Le loro ferite sono tutte dentro. Ha raccontato ai media Usa una parente, Kendra Lee Miller, che i due sono «piuttosto tranquilli». La prima notte «Devin l' ha passata sotto shock, sfinito per tutto quello che era successo. Penso che si siano comportati da campioni».
Tra i sopravvissuti inconsapevoli c' è Faith Johnson. La piccola di 7 mesi era in una delle due auto che non hanno preso fuoco. La madre Christina Langford Johnson, 29 anni, ha preso il suo seggiolino dal sedile e l' ha posato sul fondo dell' auto, prima di uscire con le mani alzate e prendersi una raffica mortale nel petto. Faith dorme con la nonna a La Mora. Ci vorrà molto, prima che le raccontino la vera storia di quel giorno, di sua madre e del suo seggiolino.
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