Oscar Eleni per “il Giornale”
Dicono, lo diceva un poeta inglese, che ogni giorno rappresenta una nuova scena, soltanto l'ultimo atto corona l'opera. Ci rifiutiamo, però, di considerare come capolavoro riuscito questa scelta di diventare donna a 65 anni, dopo tre matrimoni, sei figli, del Bruce Jenner, campione dei campioni, stella del decathlon, la gara delle gare, americano di Mount Kisco, dove è nato nel 1949 nel giorno della ricerca, sotto la carta del mago, primatista mondiale, oro olimpico, attore, dio degli stadi.
Non giudichiamo, non ne sappiamo abbastanza dei suoi tormenti di uomo che ha deciso di cambiare sesso, di sicuro se lo ha fatto è stato per sbalordirci ancora come ai tempi in cui sulle piste di atletica sembrava davvero un figlio di Giove, campione che alla Graceland University aveva cominciato con la durezza del football americano e poi decise di sbalordire il mondo sacrificando tutto alle dieci prove di Ercole.
Per noi che nel giugno del 1976 siamo stati mandati da questo giornale ad Eugene a vedere le qualificazioni olimpiche americane, e poi a Montreal, Bruce Jenner, bello, elegante, capelli lunghi, corpo elastico, era la meraviglia, forse la più splendente in quelle giornate dell'Oregon. Da un anno aveva spodestato l'ucraino Avilov, campione olimpico a Monaco, con il record mondiale di 8.524 punti realizzato sempre ad Eugene il 10 agosto 1975. Non gli bastava. Aveva fame di tutto, di conoscenza, di successo, supportato dalla prima moglie Christie, una hostess che lo manteneva in quel viaggio verso la gloria.
Col decathlon si diventa ricchi solo facendo meraviglie. Lui era pronto per stupire e poi ritirarsi. Il 25 e 26 giugno aggiunse qualche punto al suo record, salendo a 8538, ma furono i Giochi canadesi a dargli l'immortalità, correndo i 100 in 10"94, saltando 7.22 in lungo, gettando il peso a 15.35, superando i 2,03 nel salto in alto, correndo i 400 in 47"51, lanciando il disco a 50.04, bruciando i 110 ostacoli in 14"84, superando i 4.80 nell'asta, sparando il giavellotto a 68.52, finendo in lacrime i 1500 in 4'12"5 per un totale di 8.618 punti il 30 luglio del 1976, oro davanti al tedesco Kratschmer e all'ucraino spodestato, l'uomo che 4 anni dopo divenne primatista del mondo sostituendo al vertice, per un breve periodo l'inglese Daley Thompson, decimo a Montereal, nuovo eroe degli stadi nel 1980 con 4 punti in più del nostro Bruce, il magico numero 935 di Montreal, che tale rimane anche se adesso ha saltato il grande muro diventando per tutti TransJenner.
Un viaggio breve nella gloria dello sport, poi tutto il resto, un secondo matrimonio con Linda Thompson che era stata compagna di Elvis Presley, la pubblicità, la ribellione alla dislessia con film televisivi, il grande salto anche nello spettacolo, una irrequietezza che lo rendeva speciale sui campi di gara. Nella corsa e nel tentativo di lanciare oltre ogni limite anche il terzo matrimonio con l'ex moglie dell'avvocato che difese O.J. Simpson, il campione di football che l'America non ha mai assolto, contrariamente ai giudici, per la morte della moglie.
Dicono che la scelta definitiva l'abbia fatta andando in Thailandia. Le ultime foto lo ritraggono con una tutina grigia, i capelli un poco più lunghi di quando mostrava i muscoli sui traguardi dei suoi trionfi, il volto senza quell'accenno di barba che lo faceva amare dalle folle degli stadi, occhiali da vista, labbra modificate.
Altri campioni dello sport hanno cambiato sesso, il tennista Richards, la pesista tedesca Kreiger costretta alla mutazione come denunciò lei stessa dal doping della Ddr, il ciclista scozzese Millar, ma questa scelta di Jenner, così avanti negli anni e nella vita, sbalordisce. Non siamo scandalizzati, soltanto sorpresi. Restiamo innamorati del campione di Eugene, con la speranza che ritrovi almeno la pace perduta fra riflettori e mondo scintillante.