Romina Marceca e Giusi Spica per "la Repubblica"
Il pescatore senza scrupoli e senza autorizzazioni non ne fa un mistero: « Sì, è vero. Pesco tonno rosso e lo nascondo o sulla barca o in mezzo agli scogli. Poi lo recupero di notte per rivenderlo. Il mare in Sicilia è pieno».
Come lui tanti altri sulle coste dell' Isola lasciano quel pesce sul fondo del mare per non essere beccati dai controlli al rientro nei porti. Solo dopo diverse ore, a volte anche dopo giorni, ritornano in mare a issare le reti. E quei tonni rossi, merce pregiata che nelle pescherie si vende anche a 15 euro al chilo, finisce sulle tavole dei consumatori. Ma il processo di conservazione è tutt' altro che regolare e scatena gli avvelenamenti.
La pesca selvaggia in Sicilia conta una sessantina di intossicati nell' ultimo mese. Un record: quasi due ricoveri al giorno. In un caso, il più grave, un catanese ha avuto un infarto. Diversi quintali di pesce avariato arrivano proprio dai pescherecci non autorizzati, tanti altri sono quelli non conservati adeguatamente dai rivenditori.
I pescatori di frodo fanno affari sulla pelle dei clienti di pescherie improvvisate sulle bancarelle o di negozi che non forniscono la certificazione del pescato e dove il tonno rosso arriva a costare anche 5 euro al chilo.
«L' unico modo per limitare i rischi è che, subito dopo essere stato pescato, il pesce venga conservato a una temperatura compresa fra zero e quattro gradi. La bassa temperatura evita la produzione di istamina, la causa delle intossicazioni. Il rischio per la salute è altissimo e in casi estremi si può arrivare alla morte per shock anafilattico. Ma i consumatori devono sempre richiedere la certificazione che indica la provenienza del pesce » , spiega Giuseppe Di Grigoli, responsabile dell' Igiene della produzione degli alimenti dell' Azienda sanitaria palermitana.
I carabinieri del Nas, le capitanerie di porto e i veterinari delle aziende sanitarie siciliane nell' ultimo mese hanno tolto dal mercato circa 12 tonnellate di tonno rosso che avrebbe fruttato oltre 200mila euro. Sotto controllo finisce tutta la filiera della pesca ma, intanto, sui banchi dei mercati rionali il pesce avariato arriva lo stesso.
Perché? « Tutto nasce - spiega Giovanni Basciano, responsabile siciliano del settore Pesca di Agci ( l' associazione generale delle cooperative italiane) - dalla ripartizione delle quote tonno fatta nel 2000 dall' Unione europea.
I pescatori siciliani, per pagare meno tasse, dichiararono di aver pescato meno tonno rispetto alle quantità reali. E siccome la distribuzione si faceva sulla media del pescato, sono state assegnate pochissime quote » .
Il tonno rosso finisce comunque nelle reti dei pescatori che, anche se hanno esaurito le quote o non sono autorizzati, non lo rigettano in mare. Ma c' è anche chi conserva a temperature non adeguate il pesce catturato regolarmente e che diventa avariato.
Spesso la macchina dei controlli scatta dopo le segnalazioni di avvelenamenti. I blitz prendono il via dopo le segnalazioni da parte dei pronto soccorso dove arrivano gli intossicati. Viene allertata l' unità di Igiene degli alimenti delle Asp che dispone gli accertamenti di rito contattando i pazienti e i controlli sul territorio in sinergia con le forze dell' ordine.
Le sanzioni sono salate. Dai 6mila ai 75mila euro per chi pesca tonno rosso illegalmente. « Le multe variano a seconda dei chili pescati e delle misure del pesce » , spiegano dalla capitaneria di porto di Palermo. I ristoratori e le pescherie rischiano di pagare, invece, da 1.500 e fino a 50mila euro. I pescatori fuori legge, però, non si scoraggiano.