Estratto da “La Cortina di Vetro”, di Micòl Flammini (ed. Mondadori - Strade Blu), in libreria da martedì 14 marzo 2023
Se l'Unione europea si dissolvesse oggi sotto i colpi delle ossessioni centrifughe e delle rivendicazioni nazionalistiche, ne uscirebbero ventisette Stati che dovrebbero reinventare il loro sistema monetario, gli accordi commerciali, i rapporti alle frontiere e che dovrebbero anche gestire le spinte centrifughe interne di movimenti indipendentisti, piccoli terremoti nazionali capaci di far scoppiare dissapori, recriminazioni e persino conflitti.
[...]
Il nome completo dell'Unione Sovietica era Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, e la sua composizione era complessa.
MICOL FLAMMINI - LA CORTINA DI VETRO
C'erano quindici repubbliche principali che godevano di un loro grado di autogestione accordato dal potere centrale e si identificavano come Repubbliche socialiste sovietiche: Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia, Ucraina, Russia, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan.
Al loro interno si distinguevano le repubbliche socialiste sovietiche autonome e le oblast' autonome, suddivisioni amministrative, sottorepubbliche, che, contrariamente alle repubbliche socialiste sovietiche, non avevano il diritto di uscire dall'URSS e non avevano un partito comunista locale.
[...] quando l'Unione Sovietica cadde, [...] ottennero l'indipendenza soltanto le quindici repubbliche socialiste sovietiche, aprendo la strada ad anni di rivendicazioni e conflitti.
LA MORTE DI MIKHAIL GORBACIOV BY MAURO BIANI
Nel ridisegnare i confini nazionali, non si era tenuto conto delle specificità delle oblast' e delle repubbliche autonome, che erano meno grandi delle nazioni principali, ma conservavano un ricco patrimonio di specificità culturali, linguistiche e anche religiose [...].
Queste terre miste, e sovente di confine, erano disposte a sentirsi sovietiche, ma consideravano inaccettabile essere risucchiate da altre identità statali.
La fine dell'URSS aveva dissolto i legami, ricordato le diversità e aperto a una stagione di conflitti in cui spesso la nostalgia per i tempi andati, per il mondo perduto, ha creato l'illusione che fosse meglio essere russi che georgiani, o armeni, o moldavi.
mikhail gorbaciov e vladimir putin
statua di lenin a tiraspol transnistria
Sono nati frammenti di Russia, aspiranti nazioni che si considerano legate a Mosca e che hanno spesso offerto al Cremlino il pretesto per rosicchiare parti di territorio altrui e far sentire che la sua dominazione non è mai finita.
Se si scava nella storia, c'è sempre un peccato originale e l'inizio dei conflitti di oggi [...] risale a un periodo costruito in fretta e chiuso di corsa, senza guardarsi troppo indietro.
Quando l'URSS è collassata, in tanti speravano che le linee interne a quel gigantesco territorio, che viste da Mosca sembravano squarci, ferite per infierire sul sogno sovietico ormai sepolto, sarebbero state tracciate tenendo conto delle diversità territoriali.
Non si ebbe il tempo, né in alcuni casi la voglia di considerare dei distinguo e si ritenne più comodo e veloce ridisegnare lo spazio postsovietico seguendo le linee di confine delle repubbliche socialiste sovietiche, che conservavano un sistema di istituzioni parastatali dalle quali sarebbe stato più semplice ripartire.
[…] Era come se nel corpo in ricostituzione dell'Unione Sovietica fossero rimaste qua e là schegge di Russia, pronte a dichiarare guerra pur di determinare o un ritorno al passato o una nuova divisione territoriale.
E il Cremlino ha sempre accolto con favore l'opportunità di poter tornare su un territorio che non ha mai smesso di considerare suo e di approfittare di conflitti che gli hanno sempre permesso di insidiare la nuova unità dei suoi vecchi alleati.
Il tempo immobile della Transnistria
Le prime avvisaglie di questi conflitti si ebbero nel 1991 ai confini dell'Europa, in quella che era stata la Repubblica socialista sovietica moldava e che, come altre, aveva approfittato del colpo di Stato contro Michail Gorbacëv per dichiarare l'indipendenza. Le fu accordata con dei confini che non tutti i cittadini condivisero, ma che corrispondevano pedissequamente a quelli stabiliti all'ingresso del paese nell'Unione Sovietica.
La Moldavia si trovava sui territori che Molotov e Ribbentrop si erano divisi e su cui poi si consumò la rottura tra Mosca e Berlino. Era considerata una terra di confine, posta tra la Romania e l'Ucraina, la sua parte più orientale aveva fatto parte della Repubblica socialista dell'Ucraina con il nome di Repubblica socialista autonoma moldava, quella più occidentale era stata annessa alla Romania per volere dello stesso Parlamento moldavo e fu in seguito occupata da Stalin, poi di nuovo dalla Romania alleata dei nazisti.
manifestazione pro russa in moldavia 2
Infine, al termine della seconda guerra mondiale, tornò a far parte dell'Unione Sovietica, che ne ridisegnò i confini, decretò la nascita della Repubblica socialista sovietica moldava e assegnò alla nuova regione anche una parte della Repubblica socialista autonoma di Moldavia, che fino ai primi anni Quaranta era stata legata all'Ucraina, e che poi tormenterà la storia del paese con il nome di Transnistria.
Per tutta la sua permanenza nell'URSS, il paese si ritrovò con due anime e altrettante lingue, ma quella più a est, la Transnistria, che aveva come città principale Tiraspol, non sentiva la necessità di aprire un conflitto con i vicini dell'Ovest, con i quali condivideva l'appartenenza alla Repubblica socialista di Moldavia. Dopotutto, quello che contava era essere sovietici.
In Transnistria si sapeva che ogni decisione arrivava da Mosca, inclusi i nomi dei segretari del Partito comunista locale impegnato in una politica di intensa russificazione: Leonid Breznev, ucraino di origine, fece pratica in Moldavia per anni prima di diventare il leader del Partito comunista dell'Unione Sovietica. Le due parti della repubblica erano molto diverse anche dal punto di vista economico: a est erano state concentrate le industrie, che invogliarono altri cittadini sovietici a trasferirvisi, mentre l'ovest era rimasto agricolo e completamente dipendente dall'est per le forniture di energia.
Nel 1987 si fece largo sulla scena politica della Moldavia un comunista fervente e sovietico modello, finito in Transnistria per lavoro. Igor' Smirnov era figlio di un politico e di una giornalista, suo padre era stato arrestato per corruzione e liberato dopo la morte di Stalin, ma neppure la detenzione in Siberia aveva fiaccato la sua fede nel partito, né quella della sua famiglia.
Igor' era cresciuto tra la Russia e l'Ucraina, aveva collaborato alla costruzione della centrale idroelettrica di Nova Kachovka, nella regione ucraina di Cherson e, alla fine degli anni Ottanta venne mandato a lavorare in Transnistria, proprio mentre la Moldavia cercava di tagliare i rapporti con l'Unione Sovietica e la lingua russa, e di unirsi alla vicina Romania. Un sovietico entusiasta come Smirnov non soltanto non poteva accettare, ma non poteva neppure capire come si potessero desiderare dei cambiamenti tanto radicali, delle fughe così brusche dall'URSS.
Non era un politico e dunque si impegnò nell'organizzazione di scioperi che coinvolsero alcune industrie della parte transnistriana per più di un mese, ma che non sortirono alcun effetto. Decise allora di tentare la strada politica per far sopravvivere quel mondo che per lui era anche un'intensa storia di famiglia tracciata dal padre. Smirnov partecipò allora alle elezioni moldave, ma la determinazione della parte occidentale della repubblica era forte, le spinte nazionaliste anche e la furia indipendentista era pronta a farsi violenta.
Così, incapace di influenzare la politica della nazione che stava per nascere, decise di organizzare nel 1990 un referendum sulla secessione dalla Moldavia e di proclamare la nascita della nuova Repubblica socialista sovietica moldava di Pridnestrovie.
L'Unione Sovietica reggeva ancora, ma si sentivano le scosse, le spinte indipendentiste, e Smirnov cercò il riconoscimento di Mosca. Non si aspettava che il referendum sarebbe stato invece biasimato, e il Cremlino non soltanto non riconobbe la neonata repubblica, ma Gorbacëv, convinto che le cose potessero risolversi in altro modo e che l'Unione Sovietica potesse ancora salvarsi, non interpretò il gesto come una manifestazione di lealtà estrema, ma come un pericoloso sgarbo tra popoli fratelli.
In realtà non c'era nulla da recuperare e l'anno dopo, nei giorni del golpe contro il segretario del Partito comunista dell'URSS, la Moldavia si proclamò Stato indipendente con capitale Chisinau. La parte occidentale del paese voleva liberarsi al più presto di ogni retaggio sovietico, tuttavia sapeva che la Transnistria rimaneva il fulcro prezioso dell'economia nazionale e lasciarla andare era impossibile; quindi, quando dichiarò la nascita della nuova nazione, lo fece prendendo in considerazione i confini di tutta la vecchia Repubblica socialista sovietica, sicché la Transnistria dichiarò a sua volta l'indipendenza dalla Moldavia.
Il primo conflitto postsovietico alle porte dell'Europa scoppiò dopo che la richiesta di Chisinäu di ritirare la XIV Armata di Mosca di stanza in Transnistria non ottenne alcun risultato. La Moldavia prese ad armare un proprio esercito con l'aiuto della Romania, ma si trovò a combattere contro truppe meglio armate e più organizzate, costituite dagli abitanti della Transnistria e da volontari russi e ucraini, forti anche del sostegno della XIV Armata.
Gli scontri iniziarono il 1° marzo 1992, durarono fino a luglio e si risolsero con un accordo di cessate il fuoco firmato da Boris El'cin, che era diventato presidente della Federazione russa, e dal presidente moldavo Mircea Snegur. Venne decisa la creazione di una forza di peacekeeping per il mantenimento del cessate il fuoco e la gestione fu affidata a Mosca.
La presenza della XIV Armata venne ridotta a 1500 uomini e a tutti gli effetti la Transnistria si considera ancora uno Stato a sé con capitale a Tiraspol, indissolubilmente legato alla Russia. Tiraspol e Chisinãu di fatto sono ancora in guerra e la Transnistria è un parco giochi della nostalgia, scollegato da tutto, anche da Mosca.
Difficile trovare altrove un senso tanto vivo di appartenenza a un mondo che non c'è più, un panorama di edifici brutalisti e statue sovietiche lasciati a farsi consumare dal tempo, non per incuria ma per mancanza di mezzi di manutenzione: sebbene la regione fosse più industrializzata della parte occidentale della Moldavia e sia ancora fonte di energia per tutta la repubblica, ha rapporti commerciali soltanto con la Russia e il suo vivere isolata dal resto del mondo non ne aiuta lo sviluppo economico.
vladimir putin anniversario vittoria di stalingrado
È un non-Stato che utilizza il rublo, ha carri armati dell'Armata Rossa disseminati con orgoglio sul proprio territorio, mantiene nella bandiera la falce e il martello, e vanta nella sua capitale una Casa dei soviet ben tenuta e una statua di Lenin fiera e impettita: qui l'Unione Sovietica esiste ancora. Mosca ha sviluppato un rapporto speciale con la striscia di terra incastonata tra Ucraina e Moldavia, dove ci sono ancora le truppe russe e soprattutto il grande deposito di Cobasna, che contiene circa 20.000 tonnellate di armi della XIV Armata.
Le contraddizioni in questa regione della nostalgia sono molte: neppure Mosca riconosce la Transnistria, ma ha rapporti con le sue istituzioni. Il deposito e i soldati russi si trovano ufficialmente sul territorio moldavo, che tuttavia chiede lo smantellamento del primo e il ritiro dei secondi e percepisce l'enclave separatista come una minaccia alla sua esistenza, soprattutto dallo scoppio della guerra della Russia contro l'Ucraina.
La Transnistria è stata per Mosca la prima delle schegge rimaste incastrate nel territorio postsovietico ed è proprio da Tiraspol che il Cremlino ha imparato a utilizzare e fomentare le spinte separatiste per influenzare la politica di paesi che non ha mai smesso di considerare suoi. Tra questi Stati, la Moldavia è il più fragile.
Assieme all'Ucraina ha ottenuto lo status di paese candidato all'Unione europea, rimane dipendente da Mosca a livello energetico, ha un conflitto non risolto sul suo territorio, una politica traballante costantemente esposta alle ingerenze della Russia, ed è talmente vicina all'Ucraina e talmente interconnessa da essere il paese confinante che più subisce gli effetti della guerra: spesso si ritrova al buio insieme a Kiev a causa dei bombardamenti russi contro la rete elettrica ucraina, che rifornisce anche la Moldavia, proprio come quando c'era l'URSS.
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