TROPPI DEBITI, VUOLE UCCIDERSI MA POI AMMAZZA UN MIGRANTE: A FIRENZE SCOPPIA LA RIVOLTA DEI SENEGALESI: FIORIERE SPACCATE, SCOOTER GETTATI A TERRA E UN URLO: “BASTA RAZZISMO” - L’UOMO CHE HA SPARATO AL SENEGALESE: "VOLEVO SUICIDARMI POI NON HO AVUTO IL CORAGGIO” - QUEL PRECEDENTE DI SEI ANNI FA - VIDEO

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spari ponte vespucci firenze spari ponte vespucci firenze

Laura Montanari e Luca Serranò per la Repubblica

 

Spari in rapida successione, sul ponte Vespucci a Firenze. Un cielo di pioggia, il via vai di macchine e gente a ridosso dell' ora di pranzo. Muore sul marciapiede Idy Diene, 54 anni, senegalese, accanto al borsone con le sue mercanzie, gli accendini, gli ombrelli, le altre piccole cose che vendeva.

 

Muore centrato dai colpi di pistola sparati da uno che nemmeno conosceva. Roberto Pirrone, 65 anni, ex tipografo, in pensione: era uscito ieri mattina di casa armato, aveva scritto una lettera di addio alla famiglia: « Non ce la faccio più » . Troppi debiti, voleva uccidersi, ma - ha raccontato dopo - non ha trovato il coraggio di farlo e ha finito per uccidere un uomo a caso.

 

Un incrocio fortuito di destini che avviene su quel ponte e Firenze precipita in un pomeriggio di tensione, di rabbia e dolore. La comunità senegalese che nel 2011 era stata colpita dal raid razzista di Gianluca Casseri (morirono Samb Modou e Diop Mor), si raduna in modo spontaneo sull' Arno, all' altezza del ponte chiuso dalla polizia. In un centinaio protestano, bloccano strade, spaccano fioriere: «Non saremo più buoni» urlano. La procura e gli investigatori della mobile escludono il movente razzista dell' omicidio, ma non basta a fermare la rabbia.

 

RIVOLTA SENEGALESI FIRENZE RIVOLTA SENEGALESI FIRENZE

Una testimone racconta: « Sono corsa di là dalla strada e ho visto un uomo a terra nel sangue, aveva gli occhi sbarrati, non parlava già più». Un' altra: «Ho sentito dei colpi, non capivo bene da dove venivano». Le sirene, la polizia, un' ambulanza e i militari della Folgore di protezione al Consolato americano che intervengono, bloccano e disarmano un uomo che si sta allontanando a piedi.

« Sono io che ho sparato » confessa Roberto Pirrone appena viene arrestato per omicidio volontario.

 

 Otto o nove colpi: uno ha centrato l' ambulante senegalese alle spalle, forse mentre provava a scappare. Caduto o raggiunto, è stato ucciso con altri due spari a bruciapelo, uno dei quali alla testa quando era a terra. « Volevo andare in galera per non tornare più a casa» dirà ai poliziotti Pirrone raccontando le frequenti liti con la moglie per questioni di soldi e di debiti. Vive a poche strade di distanza da lì, in una casa popolare: « Ho sparato al primo che ho incontrato, non ho pensato al colore della pelle » ripete. Pochi passi prima, sullo stesso ponte Vespucci, Pirrone aveva incrociato una donna africana col suo bambino in braccio e li ha risparmiati. Subito dopo è arrivato Idy, sceso da uno dei treni pendolari che da Pontedera e dal Pisano portano a Firenze molti ambulanti a vendere le merci sui Lungarni.

 

Le indagini sono condotte dalla squadra mobile coordinata dal pm Giuseppe Ledda e riconducono l' omicidio al gesto di una persona instabile, segnata da pesanti problemi economici.

 

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Aveva scritto un biglietto alla figlia ( studentessa universitaria) con raccomandazioni su dove poteva trovare «gli ultimi 140 euro risparmiati, su una carta di credito » . Secondo gli accertamenti della polizia, Pirrone non aveva frequentazioni nell' estrema destra, né simpatie politiche di quell' area. Aveva però la passione per le armi, frequentava un poligono e in casa gli hanno trovato due pistole e due fucili (regolarmente denunciati).

 

Sconcertati i vicini: « È stato proprio Roberto? » chiede uno.

« Possibile? » . Poi qualcuno ricorda che «era pieno di rabbia negli ultimi tempi » , « ce l' aveva con tutti, discussioni con gli inquilini del condominio, biglietti appesi all' ingresso di casa per raccomandare di chiudere bene il portone, di non portare i cani nel cortile del palazzo » . E con gli immigrati? Uno alza le spalle: « Come molti, magari diceva che sono troppi, ma finiva tutto lì».

 

 

2. BASTA RAZZISMO

Michele Bocci per la Repubblica

 

Quasi di corsa lungo via dei Calzaiuoli, da Palazzo Vecchio a piazza Duomo. «Razzisti basta, razzisti basta». Le fioriere che si schiantano a terra e i bidoni dell' immondizia aperti e ribaltati. «Il sangue non è bianco o nero: è rosso». Le biciclette del bike sharing e gli scooter scagliati via, le reti dei cantieri divelte, i cartelli stradali abbattuti. Poi un blocco del traffico. «Ha scelto la sua vittima, è un omicidio fascista».

 

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Quello di ieri è stato un pomeriggio di grida, rabbia e paura nel cuore di Firenze, con un centinaio di immigrati senegalesi infuriati per l' omicidio di Idy Diene che hanno improvvisato un corteo scomposto. Mentre la gente spaventata si rifugiava nei negozi (che non sono stati danneggiati), gli automobilisti erano costretti a fare rapidamente retromarcia e pure una camionetta militare veniva invitata dalla Digos ad allontanarsi dal suo presidio davanti al Battistero, la polizia restava a una certa distanza.

 

Forse si temeva uno scontro che probabilmente avrebbe avuto effetti molto pesanti, visto lo stato d' animo di chi manifestava, però così facendo si è lasciato campo libero alla rivolta nel centro della città.

 

Inoltre non è stato impedito il blocco di alcune delle strade davanti alla stazione di Santa Maria Novella, che adesso sono in gran parte occupate dai cantieri della nuova tramvia e ingolfate di traffico. Il presidio di protesta in quella zona è andato avanti a lungo e intorno alle 20.30 ci sono stati nuovi danneggiamenti a reti e transenne dei cantieri.

 

La giornata di dolore degli immigrati senegalesi è iniziata dopo pranzo sul Ponte Vespucci, davanti al marciapiede ancora segnato del gessetto di chi ha fatto i rilievi dell' omicidio. Il sentimento di prostrazione è diventato rabbia quando è stato diffuso il nome della vittima.

 

Tutti conoscevano Idy. Aveva 53 anni e da almeno 20 faceva l' ambulante a Firenze, dove arrivava ogni giorno in treno da Pontedera. Un gioco della sorte ha voluto che provenisse dallo stesso villaggio e fosse addirittura parente di Samb Modou, uno dei due senegalesi uccisi in piazza Dalmazia nel dicembre 2011 dal fascista Gianluca Casseri, che poi si suicidò. Addirittura la vittima di ieri si occupava della figlia e della moglie del familiare che ha avuto una morte identica alla sua.

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Proprio quel precedente, ma anche quanto successo a Macerata all' inizio del febbraio scorso, ha reso ancora più dura la reazione degli immigrati africani. «Come mai questo accade nel giorno in cui hanno vinto le elezioni i fascisti? - dice Pape Diaw, uno dei rappresentanti della comunità, già consigliere comunale a Firenze - Salvini ha seminato il suo odio in tutta Italia. È inutile che dicano una cosa diversa, si è trattato di un omicidio razzista.

 

Di tutte le persone che ha incontrato dopo essere uscito di casa, quell' assassino ha scelto proprio un nero». Poi l' annuncio: «Faremo una manifestazione, questa volta non ci sarà nulla di pacifico, bloccheremo il traffico».

 

Così verso le 15.30 un corteo si è mosso dal ponte verso Palazzo Vecchio. Inizialmente tutto è andato bene, ci sono stati solo cori per accusare gli italiani di razzismo e grida di dolore, mentre la Digos controllava la situazione. Le cose sono peggiorate sotto la sede del Comune. Mentre una delegazione è andata a parlare con il sindaco Dario Nardella, giù in piazza Signoria la tensione è aumentata, finché qualcuno non ha proposto di andare alla stazione.

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E così intorno alle 17.30 all' improvviso è partito un nuovo corteo, questa volta per niente pacifico, che ha attraversato via dei Calzaiuoli, dove sono iniziati gli atti vandalici. Mentre passavano gli immigrati, ai quali poi si sono uniti alcuni giovani del mondo antagonista, la gente se la dava a gambe, spaventata dalle grida e dagli schianti di cartelli stradali, bidoni e vasi. Di fronte alla stazione sono andati avanti a lungo i blocchi del traffico, mentre alcuni manifestanti troppo agitati venivano bloccati dagli altri. L' atmosfera è rimasta tesa a lungo, la tranquillità è tornata verso le 21, quando gli immigrati e gli altri manifestanti hanno iniziato a tornarsene a casa.

 

Fin lì avevano funzionato poco gli inviti alla calma del sindaco, dell' imam Izzedin Elzir e della presidente dell' associazione dei senegalesi di Firenze Diye Ndiaye. «Siamo molto dispiaciuti per i danneggiamenti e per quanto sta avvenendo - ha detto Ndiaye - e stiamo facendo il possibile per calmare i ragazzi che sono molto impauriti, molto arrabbiati, anche per il clima generale che si respira in questo momento». Per questo c' è un po' di apprensione per il nuovo presidio previsto per oggi alle 15 sempre sul ponte Vespucci, dove il fantasma di Idy rischia di far agitare di nuovo i suoi amici.

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