MILENA GABANELLI E LE TRUFFE ASSICURATIVE - DATAROOM
Milena Gabanelli, Mario Gerevini e Fabio Savelli per “Dataroom - Corriere della Sera”
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La delinquenza ha un prezzo: paghiamo la polizza Rc auto 100 euro in più rispetto al resto d’Europa, e siamo pure migliorati perché fino a pochi anni fa erano 200. Il dato lo rileva l’ultimo rapporto dell’Ivass, l’authority di vigilanza, ed è l’effetto del ricarico imposto dalle compagnie assicurative per difendersi dalle truffe. Con 42,1 milioni di veicoli assicurati il conto per il Paese è di 4,2 miliardi. Un salasso che mina la nostra competitività.
Certo, fonti dell’authority segnalano che il 46% di questi 100 euro è dovuto anche al fatto che abbiamo un numero più elevato di sinistri, strade messe peggio e risarcimenti più generosi in caso di decessi. Vero, ma resta l’altro poco comprensibile 54%, che indirettamente va a pesare anche sui contribuenti poiché frodi e truffe stanno intasando la macchina giudiziaria che paghiamo con le nostre tasse.
Medici, periti, testimoni: il prezzario della criminalità
Di vincitori in questa storia se ne trovano pochi, ma ci sono, come dimostra il maxi-fascicolo sul clan Contini a Napoli. Un sistema predatorio e subdolo, nutrito da una schiera di professionisti a libro paga delle organizzazioni mafiose, che hanno costruito un indotto sofisticatissimo a basso rischio giudiziario e ad alto rendimento vista la dimensione dei risarcimenti. Medici che fabbricano referti falsi. Periti che certificano incidenti mai avvenuti.
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Finti testimoni che giurano di aver visto una macchina accartocciarsi o un pedone investito sulle strisce, dopo essere stati remunerati con apposito prezzario stabilito dai capizona della Camorra. Giudici di pace che lavorano per le compagnie assicurative come consulenti e al tempo stesso stabiliscono l’entità dei danni. Avvocati che scrivono pareri per maxi-ristori su sinistri inesistenti, incassando commissioni a mò di parcella.
La ricaduta di tutto questo è che a Napoli il cittadino onesto paga la polizza più alta d’Italia. Esempio: un’Audi Q3 se intestata ad un automobilista residente a Bologna costa 500 euro di Rc auto, che diventano 1.040 a Napoli. E così succede che a Trento (dove le polizze sono meno care) una finta società si è intestata 340 contratti di clienti residenti a Napoli.
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Solo a Milano 1.500 denunce
La casistica delle truffe tocca «vette di eccellenza». A Palermo si sono fatti martellare un ginocchio per ottenere un risarcimento a quattro zeri. Ad Avellino un pedone è stato schiacciato da sei automobili diverse nel giro di un minuto; ha chiesto sei risarcimenti diversi ed è stato pure liquidato da alcune compagnie.
A Foggia proprietario e affittuario dello stesso terreno chiedono (e ottengono) due risarcimenti per la grandine che ha distrutto lo stesso raccolto. Un po’ ovunque in Italia si prende a calci la scatola nera per smontare il Gps simulando un frontale mai avvenuto. Vediamo cosa dice l’articolo 642 del codice penale: «Chiunque, al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di una assicurazione distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto è punito con la reclusione da uno a cinque anni». Su questa ipotesi di reato le compagnie assicurative sporgono querela, e i tribunali di mezza Italia si ingolfano, perché l’azione penale è obbligatoria.
Il 22% dei sinistri a rischio frode
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Eppure le Assicurazioni hanno i loro uffici antifrode, ma per vedere il grado di fraudolenza di quel sinistro occorre accedere all’archivio integrato (Aia) che mette insieme le banche dati di tutti gli incidenti sospetti, testimoni ricorrenti e la filiera della criminalità. Se ne parla da dieci anni, e forse entro il 2020 sarà operativo. Intanto nell’ultimo rapporto Ivass (2018) i sinistri non liquidati, perché potenzialmente fraudolenti, sono aumentati dell’11% rispetto al 2017.
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Sempre nel 2018 si sono verificati oltre 2,8 milioni di sinistri. Si stima che circa il 22% siano a rischio frode, al Sud addirittura il 37%. Secondo l’Ania, l’associazione di rappresentanza delle compagnie assicurative, i tempi di prescrizione del diritto al risarcimento del danno (2 anni, 5 in caso di lesioni personali), «permettono al frodatore di eliminare gran parte degli indizi che potrebbero consentire all’impresa di scoprire l’attività fraudolenta».
Le polizze false vendute online
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Le truffe però non sono soltanto a danno delle compagnie (che si rifanno alzando il prezzo delle polizze), nella rete del web ci sono cascati in migliaia: hanno pagato, ma le polizze ricevute sono false e i relativi veicoli non sono assicurati. Oltre 300 i siti-truffa denunciati dall’Ivass negli ultimi tre anni: 224 quelli finiti sotto inchiesta della Procura di Milano, e sui quali lavora anche il Nucleo frodi tecnologiche della Guardia di Finanza. Solo i siti web ubicati in Italia e finora identificati, hanno totalizzato raggiri per circa 4 milioni. Considerando 400 euro il premio per una polizza media, significa 10 mila mezzi che circolano (o hanno circolato) fuorilegge inconsapevolmente. Ed è solo una piccola porzione del «mercato». Molti di questi siti utilizzano grafica o denominazione simile a quella delle compagnie più conosciute. Possibile che il sito-truffa della Goldassicura.com, denunciato dall’Ivass il 22 gennaio, si apra tuttora con la foto di una sede UnipolSai? Ma il problema è che per un sito-truffa individuato un altro nasce. E per rendersi più credibile riporta anche i numeri di iscrizione all’Ivass, numeri rubati ad un ignaro intermediario vero. Ma chi accede al sito non lo sa.
Circolano 2,7 milioni di veicoli non assicurati
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Di questi siti web ne nascono uno al giorno con nomi tipo: genertelassicura.com (provider in Arizona), misterpolizza.com (Lituania), directassicurazione.com (Canada), polizzadiretta.net. La truffa si consuma quasi sempre intascando il premio attraverso la ricarica di una carta prepagata, che viene immediatamente svuotata ai bancomat, in cambio di un contrassegno falso spedito per mail o whatsapp. Ma intanto sono stati acquisiti anche i dati personali del truffato e del mezzo assicurato: dati che vengono riutilizzati per creare identità false, intestare veicoli, carte prepagate, nuovi siti web. Il truffato viaggia senza copertura e se viene fermato si becca la multa, il sequestro del veicolo e decurtazione di punti sulla patente.
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Eppure nonostante sia chiaro che attraverso quei canali vengono commessi dei reati, rimangono online fino a quando non interviene l’autorità giudiziaria, e continuano a vendere e a venire selezionati dai motori di ricerca anche nella prima pagina, perché spesso hanno pagato il posizionamento in testa. Google prende tanti più soldi quanto più i suoi clienti (siti-truffa) guadagnano commettendo reati. I truffati irrobustiscono, loro malgrado, la contabilità dei veicoli senza copertura: 2,7 milioni secondo Ania. E se malauguratamente provocano incidenti, il risarcimento dei danni lo paga il fondo vittime della strada, gestito dal ministero del Tesoro, che si alimenta tramite un prelievo del 2,5% sui premi versati dagli assicurati. Cioè gli onesti, quasi tutti noi. Ma è quel «quasi» che fa la differenza.
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