Valeria Di Corrado, Enrico Lupino, Silvia Mancinelli per “il Tempo”
MARCO PRATO - LUCA VARANI - MANUEL FOFFO
«Casa tua va bene. Pero razionalizza che quando uno fa acquisti la "scimmia" sale». Sono le parole scritte da Marco Prato all’indirizzo di Manuel Foffo nelle conversazioni WhatsApp estratte dalla procura di Roma. Frasi eloquenti che avrebbero preceduto i fatti avvenuti all’interno 53 del civico 2 in via Igino Giordani dove il 4 marzo scorso perse la vita Luca Varani all’eta di 23 anni. Droga e travestimenti la ricetta per la buona riuscita del festino che poi si trasformo in una tragedia.
«ACQUISTI» E TRAVESTIMENTI
Alla domanda di Prato, risalente al 29 febbraio scorso, «che hai voglia di fare domani sera?», Foffo avrebbe infatti risposto «chiacchierare, poi acquisti». «Come vuoi che mi concio?» avrebbe chiesto un incalzante Prato via WhatsApp, suggerendo nei giorni seguenti a Foffo che «se prendiamo cose etc.. va previsto qualche cambio», presumibilmente facendo riferimento al fatto di vestirsi da donna.
L’insistenza del 30enne sul versante erotico sarebbe poi proseguita. «Tu sei etero e noi siamo solo amici» avrebbe chiarito Prato, come risulta dagli atti dei pm romani, salvo poi dire: «Ma la "scimmia" di sentirti una p...a verra a te come a chiunque con gli acquisti buoni».
«ABBIAMO SOLDI NEVE E ALCOL»
Prato non si e accontentato solo della presenza di Foffo. Al party a base di cocaina, superalcolici e sesso, aveva invitato anche un suo amico, G. D. La notte tra l’1 e il 2 marzo gli scrive su Whatsapp: «Sono a casa di un amico a drogarci un po’ e a bere. Vuoi raggiungerci? Via Igino Giordani 2». L’indirizzo e quello dell’appartamento di Manuel, dove, 48 ore dopo verra barbaramente assassinato Luca Varani. Il ragazzo si tratterra li fino alle 4 del mattino. Il pomeriggio successivo, intorno alle 16, Prato chiede a G.D. di tornare a casa di Foffo, ma questa volta riceve piu di un rifiuto.
Marco insiste: «Te lo sto chiedendo per favore (...) Ne sento il bisogno». Il ragazzo prova a svincolarsi: «Veramente, mi metti in difficolta. Non voglio soldi, non voglio droga, non voglio altro».
Poi pero cede. Prato, nell’attesa, freme: «Ti riscrivo l’indirizzo: via Igino Giordani 2. Ti chiedo solo un favore, siccome ho l’ansia ed e anche per quello che ho voglia di te, portami l’En (un calmante, ndr) e tutti i tranquillanti e ansiolitici e sonniferi o benzidiasepine che hai, per favore? Porta TUTTI i tipi che hai e portane TANTI. TI PREGO sto male». Gli inviti pressanti si ripetono nelle chat di Prato, anche prima della tre giorni a casa di Foffo, dove alla fine Varani verra attirato e poi assassinato.
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Un normale venerdi di novembre dell’anno scorso, 4 mesi prima dell’omicidio, Marco scrive alle 8,50 del mattino a Luca: «Puoi assentarti un’oretta dal lavoro adesso, inventando che stai male, e viene nella casa dove sei venuto la prima volta che ci siamo conosciuti? Abbiamo soldi, neve e alcol». Luca in quell’occasione rifiutera: «Non posso venire, grazie lo stesso».
LA CASA DEGLI ORRORI
Oltre alle parole, alle descrizioni anche dettagliate dell’appartamento al Collatino - che Manuel Foffo rese con diversi disegni - sono le foto del cadavere di Luca Varani a dare il senso di un omicidio brutale come forse solo quello del «canaro della Magliana» e stato. Le abbiamo viste, sono raccapriccianti con quel coltello infilato nel torace della vittima e un filo del telefono stretto intorno al collo. Nel fascicolo del Ris il risultato di un sopralluogo durato sei ore nella casa degli orrori. L’appartamento al decimo piano, dove il 2 marzo aveva avuto inizio il party della morte, viene aperto dai carabinieri alle 20,45 del 5 marzo. Il giorno dopo il massacro.
Nel salone i segni evidenti del festino, con vestiti sparsi ovunque e asciugamani intrisi di sangue. La prova che i due assassini hanno provato a ripulire l’abitazione e in bagno, con stracci gia sporchi, e nella vasca dove e stata lasciata una busta con un paio di pantaloni della tuta insanguinati. Ma e nella camera di Foffo che e andata in scena la tortura e li che solo il bianco e nero delle immagini ha pieta di tanto orrore. A terra due secchi con pezze utilizzate per lavare il sangue.
E poi - come detto - il coltello con la lama seghettata e il martello usati per uccidere Luca Varani, disteso supino sul letto, coperto da un piumone dal quale fuoriescono una mano e un braccio piegato. Quando i carabinieri sollevano il sipario calato dagli assassini nell’unico gesto di pieta, il torace e martoriato da tagli mentre un secondo coltello e interamente conficcato nel cuore della vittima.
Nella camera d’albergo a piazza Bologna i carabinieri trovano il «testamento» di Marco Prato con i propositi suicidi e le richieste di perdono. Poi i flaconi di «Minians» e una bottiglia di amaro. Oltre agli abiti «di scena», alla parrucca e ai tacchi con i quali si trasformava in «Sara», nome d’arte ma nemmeno troppo visto che Marco Prato agli amici aveva confidato di voler cambiar sesso.
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