Brunella Giovara per “la Repubblica”
Grand Hotel des Bains Kempinski
Alle sette della sera si stappano le bottiglie di champagne, nella hall del Grand Hotel des Bains Kempinski. Ma è una comitiva di allegri sciatori inglesi, appena arrivati in Engadina per la loro settimana bianca categoria extralusso, un Gin Tonic 30 franchi, il Mumm non sappiamo.
I russi? Spariti come la neve al sole - e pensare che qui di neve ce n'è così tanta - e sono scomparsi da tempo, gli ultimi li hanno visti qualche giorno fa e avevano la faccia nera, non per l'abbronzatura di alta quota, ma in quanto umiliati nel loro legittimo orgoglio di ricchi: il ristorante che rifiuta la carta di credito, e l'albergo anche, al momento del conto il concierge che dice "la sua carta è bloccata. O inattiva. Non risponde. Cash?".
Grand Hotel des Bains Kempinski
Ci sono stati litigi e persino urla, ad esempio mercoledì in un ristorante dalle parti di Corviglia, proprio affacciato sulle piste. Il capofamiglia incredulo e furibondo, la moglie in lacrime, con una inutile borsetta Chanel appesa al braccio, i bambini spaventati, racconta chi era seduto al tavolo accanto.
Grand Hotel des Bains Kempinski
Le sanzioni contro i cittadini russi si sono materializzate così, davanti a un Pos che non risponde, le carte di credito morte, con il saldo da pagare e il Suv affittato in aeroporto a Samedan, gli extra, lo skipass, l'eliski e tutte le spesucce già messe sul conto. E tornando al Kempinski, ma anche agli altri grandi alberghi del posto, la folla russa si è vista sì per il Natale ortodosso, dal 6 gennaio in poi, quando ancora si veniva a festeggiare in santa pace in Svizzera, e i venti di guerra ancora non li sentiva nessuno, figurarsi qui, figurarsi chi può permettersi questo livello di vacanza.
Al Badrutt' s Palace, lo chef pasticcere Patrick Pailler del Café Pouchkine di Parigi, succursale della sede barocca in boulevard Tverskoy a Mosca, ha preparato per la cena di gala del 6 i suoi sofisticati Nathalie, le sue Matrioske di cioccolato bianco e la sua torta Medovik, per gli ospiti appena arrivati, da Mosca peraltro. Bei tempi, sembra un secolo fa, oggi sarebbe un problema pagare anche una zuppa grigionese o un tramezzino piccolo.
Ma il problema ha toccato, seppure con brucianti umiliazioni, solo i turisti, e cioè quel popolo di passaggio da queste parti e da altre, una certa Spagna d'estate, Doha, la Toscana e Milano, ma giusto per lo shopping in Montenapoleone e per una scappata a Lake Como. Russi ricchi, e quindi molto arrabbiati, ma non così ricchi come si può essere nella incomprensibile piramide della vera ricchezza, di cui non si scorge la cima, e se la si vede è una vera vertigine.
Diciamo la serie B, categoria possidente in patria ma non abbastanza all'estero, habitué ma non stanziali. La serie A, ad esempio i veri oligarchi che abitano a Ginevra e dintorni, risulta essere oltre che sconcertata, irritata e addirittura dissociata verso l'imprevedibile Putin, assai preoccupata per il suo grande business che si estende nel mondo, e mica solo sul lago Lemàno.
Dice un imprenditore svizzero, per forza di cose anonimo (troppi «clienti e società top», la definizione è sua), che vende e affitta case ma sarebbe meglio definirle dimore, che i russi amano troppo il vero lusso, il che può sembrare una banalità. Uno chalet a Zuoz? Dieci milioni di euro, per 1.000 metri quadri. Ma se appena ci si sposta a Suvretta, quei mille metri costano 100 milioni, «perché è la zona più cara del mondo, mi capisce vero?», domanda lui. Poi, ci sono le case antiche engadinesi, «un mercato a parte, inarrivabile se non per pochissimi».
Dieci milioni di partenza, più una cinquantina almeno di ristrutturazioni, piscina, campi da tennis, bunker antiatomico eccetera. Ora, chi può permettersi una cosa del genere? Solo un residente in Svizzera, e così i russi ricchissimi possono diventare proprietari ma a patto di ottenere il "permesso di residenza", il che significa pagare le tasse qui, iscriversi alla cassa mutua svizzera, ed essere quindi un vero svizzero.
la corsa dei russi nei negozi per la crisi del rublo 6
Con doppio passaporto, ma con conti svizzeri che non possono essere bloccati, mai, e da nessuno. E mantenendo una distanza di sicurezza da tutto quello che può succedere in Russia. Il russo-svizzero non ha quindi problemi con le sue innumerevoli carte di credito, appoggiate su conti autenticamente svizzeri, quindi del tutto regolari secondo le famose leggi bancarie locali. «Ci sono comunità russe molto grosse, soprattutto a Verbier, a Gstaad, a Courchevel. Naturalmente, uno straniero può sì comprare casa in Svizzera, ma solo fino a 200 metri quadri.
Oltre, no, a meno di essere uno straniero con doppio passaporto. Quindi, per quei pochi che si sono visti rifiutare la carta di credito, ce ne sono migliaia che se ne fregano. Vanno e vengono come gli pare, non si può neanche più dire che siano russi, in fondo ». Come dice un bambino al padre, preoccupato per la caduta dagli sci, "net problem!", va tutto bene. Bambino russo-svizzero, l'Ucraina è così lontana da questa partenza di Plan Canin.