ADDA VENÌ ZAR VLAD - LA LIBIA E’ DI NUOVO NEL CAOS, TRA SCONTRI IN STRADA E VUOTO DI POTERE - E MENTRE L’EUROPA RESTA IMMOBILE, PUTIN TRATTA CON IL GENERALE KHALIFA HAFTAR E PUNTA AD APRIRE UNA BASE MILITARE A BENGASI PER AVERE UN ALTRO SBOCCO SUL MEDITERRANEO DOPO LATAKIA

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Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”

 

khalifa haftar khalifa haftar

Dicevano: è un primo passo verso la pace della Libia. Più o meno, è stato anche l' ultimo. La metà di dicembre d' un anno fa, in Marocco, c'erano sei ministri degli Esteri e centoventi deputati libici e i flash e i fiori: a quattro anni dalla fine di Gheddafi, si preparava finalmente la lista del primo governo d'unità nazionale voluto dall' Onu (quello del premer Serraj, che di lì a qualche mese sarebbe approdato a Tripoli su un gommone).

 

Un anno dopo, risiamo all' anno zero: venerdì notte, Serraj è rimasto sbarrato con le bodyguard nell'unico angolo di capitale che controlla, il suo letto, mentre sul lungomare di fronte si scatenavano le milizie islamiste e lealiste. Sparatorie come non se ne vedevano dal 2014. A pesare non è il bilancio d'otto morti e venti feriti, due giorni d' ordinaria paura per gli abitanti intorno agli albergoni, i tank nelle strade, le pompe di benzina in fiamme. È che nessuno sa bene se durerà, e quanto, la tregua siglata ieri.

 

serraj kerry gentiloni vienna serraj kerry gentiloni vienna

«È stata l'ultima battaglia per il potere», dice adesso Serraj: uno scontro in strada fra gl' islamisti e un cartello di sei brigate più o meno fedeli al governo Onu, un regolamento di conti dopo l'uccisione d'un imam salafita, l' occasione per stanare un po' di tagliagole scappati da Bengasi e da Derna.

 

Piovono preoccupazioni, da Kerry come da Gentiloni, dai francesi come dall' inviato internazionale Kobler: Serraj è ormai un'anatra amputata, più che zoppa, e a Tripoli non sopravvive altro potere che quello ricattatorio delle milizie. Perfino l'ex premier islamista Khalifa Ghwell, che l'Onu aveva sfrattato in marzo e che quest' autunno ha tentato di rientrare con un golpe, bivacca nei palazzi che ha occupato.

 

putin concentrato putin concentrato

Nessuno osa, o sa, schiodarlo. Gli spari sopra sono per noi. Una sveglia per gli europei.

Perché nell' inerzia internazionale e sui tre focolai d' una guerra mai incendiaria eppure mai spenta - Tripoli, Sirte e Bengasi -, qualcosa invece si muove. Una diplomazia alternativa e creativa. Un nuovo attore che non è detto ci favorisca: Mosca. «La Russia rafforza il suo ruolo in Libia», ha titolato qualche giorno fa un giornale egiziano, Al Hayat . Il Cremlino sta trattando col grande nemico di Serraj, il generale Khalifa Haftar, e secondo gl'israeliani vuole aprire una base militare a Bengasi.

 

Per avere uno sbocco uguale a quello sul Mediterraneo siriano di Latakia. Gli ultimi viaggi a Mosca del padrone di Tobruk, ricevuto tre volte in sei mesi e con gli onori che si devono a un capo di Stato, fanno sospettare che ci sia del vero. Che Putin stia costruendo col generalissimo - e con l' Egitto di Al Sisi, che lo sostiene - un asse anti jihadista molto simile a quello con Assad in Siria.

LIBIA SERRAJ SBARCA A TRIPOLI LIBIA SERRAJ SBARCA A TRIPOLI

 

Il negoziato russo, seguito di persona dal ministro degli Esteri, Lavrov, è piuttosto scoperto: il signore della Cirenaica offre accesso al petrolio e alla futura ricostruzione; in cambio chiede armi e consiglieri militari per chiudere gli assedi a Bengasi e a Sirte, per poi tornare a marciare su Tripoli nel caso la comunità internazionale revochi - su pressione dello stesso Putin, per ora cauto - l'embargo che dal 2011 impedisce di vendere materiale bellico alla Libia.

 

Il rogo nel campo rifugiati libanesi a Bengasi Il rogo nel campo rifugiati libanesi a Bengasi

«Ho tanti amici a Mosca», ripete Haftar. L'uomo parla russo, ha ufficiali cresciuti nelle accademie post-sovietiche e vede una chance nella possibile dottrina russofila di Trump: «Putin è l' unico in grado di combattere davvero il terrorismo». Ora l' Orso russo e le battaglie di Tripoli spingono a mutare gioco: «Siamo disposti ad aiutare chi ce lo chiede», avverte Mosca.

 

«Bisogna parlare con Haftar», ha cambiato da un po' di tempo parere anche il governo italiano: parlargli, prima che sulle spiagge di fronte ci troviamo i cosacchi. Haftar&Zar, che strana coppia: prima che se ne andasse dalle nevi moscovite, il cerimoniale del Cremlino ha regalato all' amico libico un bel colbacco. Il generale l' ha guardato con curiosità. Non se ne farà molto, nel deserto. O forse sì.

 

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