Paolo Valentino per il ''Corriere della Sera''
Walter Lübcke è stato assassinato due volte. Il prefetto di Kassel, 65 anni, esponente di spicco della Cdu locale, è stato trovato morto domenica notte sul terrazzo di casa con una pallottola in testa. Chi l’abbia ucciso rimane ancora un mistero. È noto invece chi continua vergognosamente a sparare sulla vittima: una cagnara di estrema destra, che sui social media rovescia valanghe di insulti ed inneggia al suo assassinio. Frasi come: «Il figlio di puttana ha avuto il colpo di grazia. Rispetto». Oppure: «Colpevole, nessuna pietà. Ecco quello che succederà a Merkel e agli altri». O ancora «Brindiamo alla sua morte».
Erano quattro anni che Walter Lübcke subiva le aggressioni verbali e le minacce di morte di neo-nazisti e xenofobi. Da quando, nell’ottobre 2015, all’apice della grande ondata migratoria e dell’apertura delle frontiere a oltre 1 milione di rifugiati decisa dalla cancelliera, si era schierato con coraggio in favore della cultura dell’accoglienza. In un incontro pubblico per spiegare le ragioni del governo, di fronte a proteste e dubbi, Lübcke aveva detto che l’amore per il prossimo e il principio cristiano di soccorrere i bisognosi sono fondamentali per la convivenza in Germania: «Chi non è d’accordo con questi valori, può in qualsiasi momento lasciare il Paese. È la libera scelta di ogni tedesco».
Da quel momento la sua vita non è stata più la stessa. Additato come «traditore del popolo», insultato pubblicamente di continuo da esponenti del partito di ultradestra Alternative für Deutschland e del movimento anti-islamico Pegida e soprattutto minacciato di morte dai Reichsbürger, un gruppo illegale di nostalgici del Terzo Reich che rifiutano di pagare le tasse e non riconoscono la Repubblica federale, Lübcke per alcuni mesi aveva anche dovuto essere protetto da una scorta.
Si dicono indignati dalla valanga di fango esponenti dell’intera classe politica. Secondo il presidente della Repubblica, Franz-Walter Steinmeier «c’è qualcosa di cinico, detestabile, ripugnante e odioso nella soddisfazione espressa da molti sulla rete», anche se il capo dello Stato si sarebbe «augurato più indignazione di quella che vedo e soprattutto più responsabilità da parte delle piattaforme sociali che continuano a diffondere sentimenti di odio». Il ministro-presidente dell’Assia, Volker Bouffier, che aveva nominato Lübcke prefetto a Kassel nel 2009, ha reso onore a un «compagno di lunga data».
La campagna di odio rilancia il tema della cosiddetta NetzDg, la legge sul controllo dei social media che dal 1° gennaio 2018 proibisce a Twitter, Facebook e compagnia la diffusione di messaggi dal contenuto «manifestamente illegale», ma che è doppiamente criticata sia da coloro che si preoccupano delle libertà individuali, sia da chi la considera non abbastanza severa. Le indagini sulla morte di Lübcke sono apparse sin dal primo momento molto difficili. È stato il figlio a scoprirne il cadavere poco dopo la mezzanotte di sabato, nella casa di famiglia di Wolfhagen-Istha, un villaggio di 900 abitanti a 20 chilometri da Kassel. Ma gli infermieri di un’ambulanza, giunta sul posto prima della polizia, avrebbero spostato il corpo nel tentativo di rianimarlo, alterando quindi la scena del delitto.
Cosa è successo nella mezz’ora in cui Walter Lübcke è rimasto da solo a fumare in terrazza, dove è stato visto da alcuni vicini? Chi ha sparato da distanza ravvicinata, con un’arma che non è stata ancora ritrovata? Anche per quanto riguarda i motivi, la vendetta dell’estrema destra è solo una supposizione, per quanto logica e indirettamente suffragata dalla campagna d’odio prima e dopo l’omicidio.
Una squadra di investigatori forte di 50 persone indaga «in tutte le direzioni». Secondo il settimanale Der Spiegel, gli inquirenti hanno acquisito nuovi indizi, grazie all’appello lanciato durante la trasmissione televisiva Aktenzeichen XY, una sorta di Chi l’ha visto? che va in onda sulla ZDF, la seconda rete pubblica. Alcuni cittadini hanno telefonato e altri hanno mandato foto e video, definiti interessanti dalla polizia.
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