Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
I Marines che arrivano in Siria, i B 52 in volo verso la Corea del Sud, e il capo del Central Command che anticipa l'invio di più truppe in Afghanistan. A giudicare dalle notizie di cronaca, l'amministrazione Trump non ha perso tempo ad assumere un atteggiamento militare più aggressivo rispetto a quella di Obama. Le domande che ora si pongono gli analisti sono almeno due: quanti di questi movimenti sono nuovi e quanti erano già previsti? E cosa significano per la strategia di lungo termine del nuovo governo?
Non c'è dubbio che in generale Obama fosse più riluttante all'uso della forza: era stato eletto per chiudere le guerre in Iraq e Afghanistan, e quando le armi chimiche impiegate da Assad gli avevano offerto l'occasione per intervenire in Siria, lui l'aveva evitata.
Trump ha detto che gli Usa non possono fare i poliziotti del mondo, e ha criticato l'invasione dell' Iraq, ma ha promesso di aggiungere 54 miliardi di dollari al bilancio del Pentagono, e potenziare l'arsenale nucleare, perché è convinto che la pace si ottenga preparando la guerra, o quanto meno dando una proiezione di potenza che intimidisca gli avversari.
ventimila soldati usa feriti in afghanistan
Nel dettaglio, il Pentagono sostiene che i Marines inviati in Siria fanno parte della strategia pensata da tempo contro l'Isis, che ha portato prima all' offensiva su Mosul, e ora su Raqqa. Trump ha chiesto e ottenuto un nuovo piano per sradicare l' Isis, che tra le opzioni contiene anche un aumento delle truppe americane sul terreno, ma è appena arrivato sul suo tavolo e quindi le decisioni operative non sono ancora state prese. Di sicuro però c' è che ha dato luce verde a questo schieramento, così come aveva fatto procedere il raid contro al Qaeda nello Yemen in cui era morto Ryan Owens, pianificato prima della sua Inauguration.
Le forze americane schierate in questi giorni in Corea del Sud partecipano a Foal Eagle, un' esercitazione congiunta che gli Usa conducono da circa 40 anni. Però i B 52 sono anche un avvertimento a Kim Jong-un dopo il lancio dei suoi missili, e l' ambasciatrice all' Onu Haley ha detto che Washington sta rivedendo la sua strategia verso Pyongyang, senza escludere l' uso della forza. La richiesta del generale Joseph Votel per più truppe in Afghanistan, infine, circolava da tempo, ma ha la certezza di essere ascoltata ora da Trump.
VLADIMIR PUTIN CON LA PISTOLA jpeg
Nel lungo termine il discorso è più complesso. Durante la Guerra Fredda l' idea dei conflitti tra potenze era stata archiviata, in particolare quelli nucleari, perché nessuno poteva aspettarsi di vincerli, e la successiva sfida del terrorismo aveva costretto i militari a tattiche più agili per affrontare questi scontri asimmetrici.
Trump invece sembra intenzionato a rafforzare le forze armate secondo logiche che sembrano più adatte a guerre campali contro rivali tipo la Cina, o la stessa Russia. I bombardieri nucleari e le portaerei, in altre parole, non sono la risposta all' Isis. La nuova amministrazione però sembra decisa ad usare di più i muscoli contro il terrorismo, e mostrarli alle grandi potenze nella speranza di convincerle ad evitare scontri.