Alfredo Spalla per “il Messaggero”
Lula deve andare in carcere il prima possibile. Lo ha deciso la Corte Suprema brasiliana (Stf) respingendo la sua richiesta di habeas corpus preventivo, uno strumento giuridico che determina l'inviolabilità delle libertà personali. L'ex presidente è stato condannato, in secondo grado, a 12 anni di detenzione per corruzione passiva e riciclaggio di denaro. Secondo l'accusa, Lula avrebbe ottenuto un appartamento di lusso da un'impresa edile in cambio di favori negli appalti pubblici.
Considerata l'assenza di un rischio di fuga o di inquinamento di prove, i suoi legali avevano chiesto alla Corte che potesse attendere in libertà il terzo grado di giudizio. La decisione, arrivata dopo dieci ore di confronto, è stata serrata: 6 a 5 a sfavore del leader di sinistra. Nella bilancia della Corte, che si sta occupando anche del caso dell'ex terrorista Cesare Battisti, ha pesato il voto contrario di Rosa Weber, nominata giudice dal governo amico di Dilma Rousseff nel 2011.
Ora Lula prepara la strategia mediatica per il suo arresto, che dovrebbe avvenire a breve ma dopo il 10 aprile. La difesa ha qualche giorno di margine per sbrigare le ultime formalità dei ricorsi, ma quasi nessuna possibilità di sovvertire il risultato. Cristiano Zanin e Valeska Martins - gli avvocati del leader del Partido dos Trabalhadores - hanno annunciato che prenderanno «tutte le misure legalmente previste», accusando che la decisione presa «viola la dignità dell'essere umano».
UN PRECEDENTE STORICO
Sergio Moro, il giudice più famoso della operazione Lava-Jato che dice di ispirarsi alla Mani Pulite italiana, ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Lula, da eseguirsi entro oggi. Nel condannare Lula al carcere già dal secondo grado, la Corte ha creato un precedente storico: adesso tutti i brasiliani già condannati in appello dovranno cominciare a scontare la pena senza aspettare il ricorso in libertà.
La decisione è stata presa, ma non è detto che Lula dovrà scontare l'intera pena. In terzo grado, benché non si entri nel merito delle prove ma solo nei vizi di forma, l'esito del processo potrebbe essere differente. La difesa può inoltre sperare che la Corte accolga una nuova richiesta di habeas corpus.
LE PROTESTE
In queste ore la polizia comincia a discutere delle possibili misure di ordine pubblico per l'arresto. Lula è ancora il politico più popolare nel Paese. Se riuscisse a candidarsi alle presidenziali di ottobre, prenderebbe il 37% dei voti al primo turno. Al ballottaggio vincerebbe contro qualsiasi avversario. Gode inoltre delle simpatie dei sindacati e dei movimenti di agricoltori senza terra. «Non è più tempo di valzer! Adesso si va allo scontro!
È guerra! È lotta», ha promesso Alexandre Conceição, il leader dei Sem Terra, invitando a occupare i terreni del Brasile per sconfiggere «il potere giudiziario e finanziario». Lula ha dunque due possibilità: costituirsi pacificamente o farsi scortare dalla folla, rischiando di causare scontri in tutto il Paese. Dal punto di vista elettorale, invece, la situazione è ancora caotica. Il partito continua a sostenere Lula «come il candidato della speranza», ma entro agosto dovrà registrarne la candidatura.
Il tribunale elettorale giudicherà poi l'ammissibilità della candidatura. In questo scenario, il favorito per la presidenza è adesso Jair Bolsonaro. È un militare in riserva con idee di estrema destra, già imputato per apologia allo stupro, molto duro contro le minoranze e favorevole al possesso di armi. Secondo gli ultimi sondaggi Datofolha, prenderebbe il 18% dei voti al primo turno. Adesso, però, lo scenario della sinistra muta. Il Pt, al governo dal 2003 al 2011 con Lula e poi con Dilma dal 2011 al 2016, dovrà decidere se seguire Lula fino alla morte o indicare candidati esterni al partito.