Elisa Calessi per “Libero Quotidiano”
La minoranza dem ha già in mente come muoversi rispetto a quella che, per Matteo Renzi, è la madre di tutte le battaglie, cioè il referendum costituzionale. Aspetteranno le elezioni amministrative per dirlo, non volendo compromettere partite già molto difficili. Ma la strategia è decisa. Primo: con buona pace del premier, che ha invitato tutto il partito a una «mobilitazione straordinaria», con tanto di banchetti in spiaggia, non intendono aderire ad alcun comitato per il sì. Non a questi, che a loro dire altro non sono se non embrioni del partito della Nazione.
Secondo (ed è la richiesta più esplosiva): chiederanno a Renzi che «nel Pd possano nascere anche comitati per il no», che la posizione del no alla riforma Renzi-Boschi possa avere spazio anche nel partito. «Sarebbe un segno di autorevolezza», spiega a Libero un importante esponente della minoranza. «Ci possono essere elettori che votano Pd, ma vogliono votare no al referendum costituzionale: sarebbe auspicabile che Renzi lo accettasse».
A promuovere questi comitati dem per il no potrebbero non essere direttamente parlamentari della minoranza, anche perché nella stragrande maggioranza hanno votato a favore nelle varie letture parlamentari. Ma, dall' esterno, sosterranno chi voglia promuoverli. Se i big si asterranno (Bersani, Speranza), c' è qualche parlamentare che ha votato no in Parlamento e potrebbe impegnarsi direttamente.
Continua la nostra fonte: «Se ci sono iscritti del Pd o aree diffuse del Pd che sono orientati per il no, perché dobbiamo cacciarli o alzare dei muri? Lasciare che pezzi dei nostri possano fare campagna per il no significa mantenerci in rapporto con con iscritti, eletti». È lo stesso argomento usato nel referendum sulle trivelle, dove, infatti, un pezzo del Pd, a cominciare dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha fatto campagna contro la posizione decisa dal segretario.
Il ministro Maria Elena Boschi e il presidente del Consiglio Matteo Renzi
Quanto alla minaccia, riportata da Libero, per cui chi fa campagna per il no, non sarà messo in lista alle prossime elezioni politiche, si replica sarcasticamente: «È un argomento molto utile».
Sul referendum no-triv Renzi, pur con fastidio, ha accettato il fuoco amico. Ma stavolta le cose sono diverse. «Intanto non possiamo presentarci come un partito che dice sì, ma anche no alla riforma della Costituzione. Sarebbe schizofrenico», spiegano i fedelissimi del premier. Ma la differenza più importante è un' altra: «A questo referendum è legata la sopravvivenza del governo». Come si può, quindi, accettare che parte del Pd faccia campagna contro il proprio governo?
La verità, si dice tra i renziani, è che la minoranza vuole cogliere l' occasione del referendum per «dare la spallata» a Renzi.
«Non aspettano altro».
Se la consultazione si è caricata di un valore che va oltre il merito, si obietta nella minoranza, è per scelta di Renzi.
«Stiamo ereditando dal ventennio berlusconiano la contrapposizione berlusconiani/anti-berlusconiani, trasformandola in renziani e anti-renziani. Con il risultato di dividere il Paese».
Comitati a parte, la minoranza non dà per scontato nemmeno di votare a favore della riforma. Il loro "sì", spiegano, è legato a tre condizioni. Primo: approvare una legge che stabilisca come eleggere i futuri senatori. Secondo: modificare l' Italicum, trasformando il premio di lista in premio di coalizione (e si fa notare che Bersani, Letta ed Epifani hanno votato no all' Italicum, nonostante fosse un voto di fiducia). Terzo: non trasformare il referendum in un plebiscito.
Del resto, a chiedere che non si parli di referendum fino alle Amministrative non è solo la minoranza. Piero Fassino ha fatto sapere di essere preoccupato dalla scelta di partire subito con la campagna referendaria.
Spiega a Libero Giacomo Portas, fondatore dei Moderati che a Torino hanno ottenuto percentuali a due cifre e ora sostengono il sindaco dem: «Tanta gente vota Fassino, ma la pensa diversamente sul referendum. È assurdo parlarne ora, quando dovremmo pensare a vincere il Comune».
Tutti nodi che verranno al pettine molto presto. Renzi ha convocato per martedì una riunione dei parlamentari. Obiettivo, «stringere i bulloni» in vista della campagna referendaria.
Ieri, nella sua e-news, si è appellato al popolo: «Alla fine vedremo chi sta con il popolo e chi nuota nell' acquario della politica politicante, fatta di talk, tv e autoreferenzialità». La gente, è convinto, sta con lui. «La sovranità appartiene al popolo. Il referendum ci dirà se la gente vuole cambiare davvero o si accontenta di un sistema istituzionale bloccato di questi anni».