Tommaso Labate per il Corriere della Sera
berlusconi con gli amministratori di forza italia 6
«Le mie fonti nel Pd mi dicono che, tra i suoi, Renzi ha molti problemi. Stiamo attenti alle ricadute che potrebbero esserci sulla legge elettorale, anche perché comincio ad avere i miei dubbi che questo Rosatellum possa andare in porto». Stavolta non è tanto la voglia di ribadire, come ha fatto parlando con la sua cerchia ristretta, che di contatti all' interno del Pd ne ha ancora parecchi e che le linee telefoniche col «nemico» sono sempre molto attive.
Stavolta il messaggio che Silvio Berlusconi vuole indirizzare ai suoi rappresenta, se non un cambio di linea, quantomeno un invito alla prudenza. Sull' ultima versione del Rosatellum, che comunque continua a convincerlo nei principi generali («quantomeno non ci fa perdere seggi») anche se non nella scelta del nome («ma si può chiamare una riforma elettorale Rosatellum?»), bisogna muoversi con prudenza. Anche perché il rischio di rimanere col cerino in mano, per giunta nel momento in cui la Lega ostenta più disinteresse che altro, è alto. Altissimo, se si considera che «la nostra sicura vittoria in Sicilia - ripete l' ex premier - può far deflagrare la segreteria del Pd».
matteo salvini giovanni toti al papeete di milano marittima 2
Non tira il freno, Berlusconi. Almeno non per ora. Ma vuole vederci chiaro. E così, dal Senato, parte la carica dei forzisti che alzano il tiro sul testo. Basti pensare alla dichiarazione messa a verbale ieri da Francesco Giro, non certo un eterodosso rispetto alla liturgia di Arcore, che avverte: «Si togliessero tutti dalla testa che la legge elettorale che uscirà dalla Camera arriverà blindata per il voto al Senato. Al contrario, noi senatori avremo il compito preciso di verificare nel dettaglio il testo uscito da Montecitorio. E, se necessario, di migliorarlo».
Detto dal responsabile nazionale dei dipartimenti di Forza Italia, che con una nota manda alle ortiche l' ipotesi di approvare la riforma in due colpi secchi (se Palazzo Madama modifica anche mezza virgola, il testo dovrebbe tornare alla Camera), non è un dettaglio da poco.
E così, assieme alle tensioni sulle regole del gioco, ritornano come un fiume carsico le tensioni all' interno di Forza Italia sugli assetti. Per una volta la questione principale non è il rapporto tra Berlusconi e Salvini, che nonostante le profonde divergenze strategiche sembrano riusciti a dare un senso (per ora) al loro stare insieme. Quanto gli equilibri in vista della composizione futura delle liste, che a legge elettorale vigente produrrebbero tra gli azzurri giusto l' elezione dei capilista bloccati.
In questo senso va letta la bufera che si è scatenata ieri attorno alle parole affidate da Giovanni Toti al Messaggero . Il governatore, che difende il modello della sua Liguria, denuncia la debolezza di FI al Sud. «Mi preoccupa l' incapacità nostra di creare consenso e di fare squadra. Al Sud la Lega è più debole, ma lo siamo anche noi () e fatichiamo a far sentire la nostra voce. Prima di accusare la legge elettorale farei un po' di autocritica».
Una presa di posizione che ha causato l' uscita anti-Toti di Renato Brunetta («FI è forte in tutta Italia») e anche l' intasamento dei centralini di Arcore guidato dal pacchetto di mischia composto da Mara Carfagna, Nunzia De Girolamo, Luigi Cesaro e Domenico De Siano, reduci da un accordo a quattro per la gestione del partito in Campania. Per tutta risposta, la pattuglia sta per organizzare la Festa del Sud di Forza Italia, a Ischia, per metà mese.
È prevista la presenza dell' ex premier che, a breve, scioglierà il nodo dei nomi del direttorio a tre che sarà chiamato a gestire la delicata faccenda delle candidature alle politiche. E che sarà composto da Gianni Letta, Niccolò Ghedini e da Berlusconi stesso. Un modo per provare a spegnere l' incendio prima che torni a divampare.