Emanuele Buzzi per il “Corriere della sera”
Vertici sotto accusa, parlamentari in fibrillazione e un orizzonte incerto: l' esito del voto su Rousseau dà il quadro di una situazione complessa con aneddoti, punti di vista e giustificazioni che si rincorrono nel Movimento. Il 70% dei voti degli attivisti a favore della corsa in Emilia Romagna e Calabria suona come una sconfessione della linea di Luigi Di Maio e dei big M5S, che fino all' ultimo hanno cercato un piano per «desistere».
Lunedì sera si sono visti a Roma i principali esponenti del Movimento, dal capo politico a Roberto Fico. Con loro anche Paola Taverna, i ministri Bonafede, Fraccaro, Spadafora, Patuanelli, il capogruppo al Senato Gianluca Perilli, il vice alla Camera Francesco Silvestri, Max Bugani e il viceministro Giancarlo Cancelleri. In contatto telefonico - come riporta l'Adnkronos - con Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
Nel pomeriggio c'era stato il passaggio a vuoto tra Di Maio e gli eletti delle Regioni. Al summit regna incertezza: la volontà generale è quella di stoppare la corsa, ma nessuno se ne assume la paternità. Il no di Di Maio alle alleanze pesa. Arriva la decisione salomonica di tentare la mediazione con il quesito su Rousseau, una scelta «calata» come una carta della disperazione. Si lavora al post, ma non tutti gli esponenti - specie quelli dell'area ortodossa- condividono la modalità e la formulazione.
L'esito del voto è una doccia fredda attesa (troppo forte il battage sui territori di consiglieri, parlamentari e militanti) , ma una sconfitta per tutti. Di Maio incassa e cerca di difendersi. «Adesso serve avere senso di responsabilità da parte di tutti», dice ai suoi, lasciando intendere che le eventuali ricadute delle elezioni saranno da addossare a chi ha spinto per il voto. Casaleggio prende atto della drastica riduzione dei votanti: poco più di un quinto del totale, meno di metà rispetto al quesito sull'asse giallorosso, per una decisione a dir poco delicata.
Grillo, chiuso nel suo silenzio, vede all'orizzonte nubi più fitte su quell'alleanza Pd-M5s che ha sostenuto a chiara voce. E anche gli ortodossi non possono gioire. «Siamo a un passo dal baratro», dice uno di loro. «Questo voto è un suicidio: perderemo, andremo alle urne e il M5S sparirà, commenta a freddo un Cinque Stelle. I parlamentari, dopo una giornata di tensione, festeggiano in chat. E pensano già alla campagna elettorale. Sanno che la responsabilità dei prossimi mesi è sulle loro spalle.
Eppure c' è ottimismo. I destini di Emilia-Romagna e Calabria - tenuti insieme dal quesito - si dividono. A Bologna e dintorni, nella partita più importante, i deputati e la base sono pronti alle barricate: in pole position per la sfida a Bonaccini ci sono Andrea Bertani e Michele Dell'Orco.
beppe grillo davide casaleggio 9
In Calabria continuano i veleni interni: Dalila Nesci rispolvera la sua disponibilità a candidarsi, ma trova diversi veti. Il docente Francesco Aiello - accreditato come il nome più probabile - viene giudicato da alcuni non adatto: nel 2015 si era proposto come assessore regionale per la giunta dem. Il rapporto con i territori rischia di essere la spina nel fianco che accompagnerà i vertici in questi ultimi mesi del 2019. I consiglieri regionali, un centinaio, premono per avere un incontro. Dieci giorni fa hanno dato mandato a Roberta Lombardi di fissarne uno collettivo con Di Maio, ma per ora all' orizzonte non c'è una data.