Glauco Maggi per “Libero Quotidiano”
Eccole, finalmente, le foto che Obama sognava per l' album dei suoi successi diplomatici. La prima è la stretta di mano con Raul Castro, nel Palazzo della Rivoluzione all' Havana. Il presidente comunista, nella conferenza stampa congiunta, gli ha chiesto di togliere l' embargo («Passo essenziale»);
e lui ha risposto ringraziando la Chiesa e papa Francesco e assicurando il suo pressing sul Congresso contro il blocco. Ma il clou dello spettacolo si è avuto alla domanda di una giornalista straniera sui prigionieri politici.
La risposta di Raul, alla presenza di Obama, è da guinness della faccia di bronzo: a brutto muso chiede alla cronista: «Mi dica chi sono. Mi fornisca i nomi di chi è in prigione per motivi politici. Se me li darà, se mi dimostrerà che esistono, li libererò subito».
O forse intendeva: me ne libererò subito... Non contento, il leader comunista ha rincarato la dose: «I diritti umani non vanno politicizzati», ha detto, sottolineando come nessun paese rispetti al 100% i diritti umani, compresi gli Usa dove le paghe, tra uomini e donne, divergono.
Cuba e Stati Uniti «devono accettare le loro differenze e non farne il perno del loro confronto», ha rimarcato Castro, «che deve basarsi invece sugli elementi comuni».
Dal 1928 nessun presidente Usa, dopo il repubblicano Calvin Coolidge, aveva toccato il suolo dell' isola, e i tre giorni di Obama a Cuba, con al seguito le figlie, la moglie, e la suocera, entrano quindi di diritto nella Storia.
Ma è impossibile prevedere la portata strategica dell' impegno Usa in questo disgelo, se non con l' atto di fede secondo cui, quando alla fine cesserà l' embargo con un voto del Congresso, i dollari faranno il miracolo della «controrivoluzione democratica».
Per ora, Starwood Hotels & Resorts è stata la prima società a firmare un accordo con Cuba, dove gestirà due alberghi, con opzione per un terzo: ma i cubani che ci lavoreranno saranno dipendenti statali a 20 dollari al mese, e la differenza della paga che l' azienda Usa pagherà, secondo il contratto, finirà nella casse del governo.
In un' intervista alla ABC prima di incontrare Raul, Obama ha anche annunciato che Google ha firmato un' intesa per sviluppare banda larga e wifi nell' isola. Alla domanda sui tempi della diffusione del web a Cuba, ora accessibile al 5% della popolazione, Obama ha risposto che il presidente Raul «capisce che i cambiamenti ci saranno. Ma sta a loro controllarne la velocità».
Di concreto, insomma, c'è la pia speranza nella tecnologia «cavallo di Troia della democrazia». L' esperienza della Cina comunista ha dimostrato finora il contrario: sviluppo del mercato e informatica hanno creato un «capitalismo comunista» senza libertà politica, anche se è vero che gli imprenditori e i produttori americani traggono profitti dalle normalizzazioni.
Quanto ai lavoratori cubani, stipendi da fame e niente diritti sindacali. La visita di Obama è materia caldissima nelle presidenziali Usa. Donald Trump ha irriso il presidente per non essere stato accolto all' aeroporto da Raul: «Wow, il presidente Obama è atterrato a Cuba», ha twittato domenica.
«Un affare importante, e Raul non era neppure lì a riceverlo. Lo aveva fatto per il Papa e per altri. Nessun rispetto». Ted Cruz, figlio di un immigrato cubano, ha condannato il viaggio con un editoriale sul WSJ, accusando Obama di aver dimenticato «i prigionieri politici nelle celle cubane».
In effetti, Obama si era vantato di aver fatto liberare 53 dissidenti quando concordò la normalizzazione con Castro nel 2014, ma da allora più della metà sono stati re-incarcerati.
E come schiaffo diretto a Barack, poche ore prima del suo arrivo, la polizia di Raul ha messo in cella una cinquantina di «Dame in Bianco», il movimento di dissidenti che sfilavano per protestare contro il regime che nega i diritti umani e civili. Anche in conferenza stampa congiunta.
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