Federico Capurso per “la Stampa”
Il nome di Massimo Garavaglia, viceministro dell' Economia, è finito sulla lista nera di Luigi Di Maio. Leghista da una vita, bocconiano come il potente sottosegretario Giancarlo Giorgetti e suo uomo di fiducia per i dossier economici più importanti, Garavaglia «forse già in primavera potrebbe finire sotto processo», ragiona con i suoi uomini più vicini il leader del Movimento 5 stelle.
E l' accusa è pesante: turbativa d' asta nell' inchiesta sulla sanità lombarda che nel 2015 ha portato all' arresto del vicepresidente della Regione Mario Mantovani. Più del processo e dei suoi sviluppi, però, a irritare Di Maio e i vertici del Movimento è il forte interesse che Garavaglia, da viceministro, continua a manifestare per il mondo della sanità regionale.
In almeno due occasioni - prima nel decreto Dignità, poi nel cantiere ancora aperto del decreto Milleproroghe - il viceministro leghista ha provato infatti a infilare un suo emendamento con cui incidere sulla spesa delle regioni in ambito sanitario. Il desiderio di Garavaglia è di cambiare la legge che chiede alle regioni di provvedere a un taglio annuale dell' 1,4 per cento sul costo del personale, fino al 2020.
Ecco, il viceministro leghista vorrebbe congelare quest' obbligo di taglio, ma solo per quelle regioni che «certificano bilanci in equilibrio», si legge nel testo dell' emendamento. Un premio alle regioni virtuose, dunque, che avrebbe avuto però come effetto indiretto - sostengono i vertici del Movimento - quello di rendere ancora più profonde le differenze tra la sanità del Nord e quella del Sud. In sostanza, «un regalo alle regioni a trazione leghista», è la sintesi arrivata sul tavolo di Di Maio.
Entrambi i tentativi di Garavaglia vengono bloccati dagli uomini del Movimento, che riescono a sfilare l' emendamento dal testo dei due provvedimenti di governo prima dell' arrivo in Aula. Resta, però, una forte e diffusa sensazione di disagio.
«Garavaglia sta continuando a occuparsi di sanità nonostante il rischio di essere condannato proprio in un processo che riguarda quell' argomento - accusa la fronda più dura dei colonnelli pentastellati -. Non può più ricoprire questo ruolo».
Prova invece a mediare l' ala dialogante del M5S: «Sarebbe meglio evitare suoi ulteriori interessamenti nel mondo della sanità, ma aspettiamo di vedere come si conclude il processo». Di Maio, tra le due opzioni, preferisce prendere tempo; impegnato in queste settimane da altre e ben più difficili trattative con Matteo Salvini.
Il clima di tensione, all' interno del ministero di via XX settembre, viene alimentato anche dalla lentezza con cui il ministro dell' Economia Giovanni Tria sta affrontando la questione «deleghe».
Nessuno dei due viceministri ha ancora un ambito di competenza. E una voce preoccupante ha iniziato a circolare nelle stanze dei vertici M5S: Giorgetti avrebbe convinto Tria ad affidare il capitolo dei «piani di rientro» delle regioni proprio a Garavaglia. «Una persona molto competente», riconoscono i Cinque stelle, «ma qui c' è una semplice questione di opportunità politica, difficile da non vedere».