Giacomo Amadori per la Verità
Nelle relazioni finali della Commissione d' inchiesta sul settore bancario il nome della famiglia Boschi è entrato quasi en passant. Le conclusioni si sono concentrate sugli errori del sistema di vigilanza e hanno praticamente tralasciato i conflitti d' interesse dell' ex ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, e le presunte responsabilità dei suoi parenti nella vicenda del crac di Banca Etruria.
Sono quindi risultate quasi pleonastiche le carte che con somma urgenza erano state richieste alla Procura di Arezzo dopo l' audizione del procuratore Roberto Rossi e gli scoop della Verità sul coinvolgimento nelle indagini di Pier Luigi Boschi, già vicepresidente della banca. Il babbo di Maria Elena è sotto inchiesta insieme con gli altri membri del consiglio d' amministrazione per falso in prospetto (il bugiardino di presentazione al mercato delle obbligazioni subordinate) e ricorso abusivo al credito, ma anche per bancarotta. In particolare per il filone d' inchiesta che riguarda le consulenze milionarie pagate dall' istituto nel biennio 2013-2014.
Ebbene i membri della commissione, con il senatore di Idea Andrea Augello in testa (che anche per questa sua testardaggine ha perso il posto nelle liste del centrodestra), su quel fascicolo hanno chiesto documentazione alla Procura di Arezzo. Carte che però alla fine non sono entrate nelle relazioni finali dei diversi gruppi della commissione.
Pier Francesco e Maria Elena Boschi
«Non abbiamo potuto citarle perché sono atti che riguardano inchieste in corso e per cui c' è il segreto istruttorio», spiega Augello. Che aggiunge: «Le carte ci servivano per mandare alla Procura richieste di chiarimento e sollecitazioni». Per esempio i membri della commissione hanno voluto esaminare meglio le accuse per il falso in prospetto.
«Se gli inquirenti scagioneranno, come sembra, il consiglio d' amministrazione sulla base del fatto che non ha votato il prospetto, ma ha solo dato una delega, sarebbero dei somari. Nel prospetto ci sono il piano industriale, gli ultimi due bilanci , l' ultima nota semestrale, tutti atti approvati dal cda».
maria elena boschi con il fratello pier francesco
Chi scrive ha potuto esaminare alcuni dei documenti trasmessi in commissione dalla Procura di Arezzo e ha scoperto che nelle indagini sulle consulenze e in particolare sui pagamenti alla Bain & Co di Milano non compare solo il nome di Pier Luigi Boschi, ma anche quello di suo figlio Emanuele Boschi, sino al 2015 dipendente dell' istituto. Ora il contenuto di questi incartamenti è stato ricostruito nel libro I segreti di Renzi 2 e della Boschi del direttore Maurizio Belpietro, in libreria a partire dal 13 febbraio.
Dal fascicolo aretino emerge il documento che potrebbe definitivamente affondare la vulgata del babbo all' oscuro di tutte le operazioni contestate nel procedimento per bancarotta. Nel maggio 2014 il direttore generale Luca Bronchi (in quel momento dimissionario) manda al cda una proposta di delibera per il pagamento di due fatture del valore di circa 400.000 euro di importo totale. Il riferimento è a un contratto firmato dallo stesso Bronchi con la società Bain & Co il 2 aprile 2014 in relazione al progetto «Sviluppare i risultati commerciali e creditizi del 2014».
La proposta ha la durata di due mesi (aprile e maggio) e ha un costo forfettario (da addebitare sul budget della direzione generale) di 145.000 euro al mese più Iva e spese per gli onorari professionali, in tutto 194.590 euro al mese.
Ricordiamo che quelli sono mesi perigliosi per la Popolare dell' Etruria. I vertici stanno cercando un partner di elevato standing (che non verrà mai individuato) e la banca, sull' orlo del crac, è sotto osservazione da parte della Banca d' Italia (che a febbraio 2015 ne otterrà il commissariamento). Eppure i manager trovano utile spendere altre centinaia di migliaia di euro per una consulenza apparentemente fumosa, volta a «supportare la Banca e il top management per assicurare il presidio delle attività e delle iniziative chiave nell' ottica di garantire la massima attenzione alle attività di natura ordinaria; affiancare il percorso di integrazione; favorire il posizionamento negoziale della banca».
lorenzo rosi pier luigi boschi
Sulla proposta di delibera, in alto a destra, c' è un' annotazione manoscritta che ha calamitato l' attenzione degli investigatori: «Non inserita in procedura come da accordi con Boschi e Cuccaro». Nel libro di Belpietro si legge: «Il senso è: vanno saldate su indicazione di Boschi e Cuccaro (all' epoca vicedirettore generale e per alcuni mesi sostituto dello stesso Bronchi) anche se non rispettano le procedure interne. Ma chi annotò quell' appunto a margine?
Secondo gli investigatori l' autore potrebbe essere lo stesso Emanuele, che all' epoca dirigeva l' ufficio di controllo sulle spese, il servizio cost management. E che questa sia un' ipotesi investigativa si deduce anche dal fatto che agli atti siano state allegate alcune mail scambiate tra il fratello di Maria Elena e alcuni colleghi, messaggi di posta riguardanti i pagamenti alla Bain».
Giovedì 2 ottobre 2014 Emanuele scrive a Enzo Bondi, del servizio amministrazione fornitori, e inserisce in copia il vicedirettore generale Emanuele Cuccaro e Chiara Di Grillo: «Enzo per le fatture Bain puoi procedere come detto per telefono. Grazie» digita Emanuele. La risposta arriva circa un' ora dopo: «Ok procediamo a sbloccare ed effettuare il pagamento delle due fatture a oggi sospese. Grazie. Saluti».
Il giorno dopo Bondi invia un' altra mail alla Memar servizi contabili con questo ordine: «Si richiede di procedere, secondo quanto richiesto nel messaggio di seguito riportato, allo sblocco delle fatture del fornitore Bain che al momento risultano sospese e, in caso di maturata scadenza, al loro pagamento». Gli investigatori hanno però dei dubbi sul lavoro della Bain. In totale Banca Etruria ha pagato alla società milanese oltre 2 milioni di euro di consulenze riferibili agli anni 2013 e 2014. In cambio di che cosa? La struttura ispettiva della stessa banca (l' audit interna) ha riferito che «relativamente ai riscontri sulle attività svolte, è stato possibile acquisire solamente slide di presentazione dell' attività». In pratica Bpel avrebbe pagato 2 milioni per semplici presentazioni.
MARIA ELENA BOSCHI CON IL FRATELLO PIER FRANCESCO
I documenti di cui vi abbiamo parlato, confermerebbero, a livello investigativo, che Pier Luigi Boschi nel maggio 2014 aveva un ruolo decisionale dentro la banca e che non può essere liquidato come un semplice consigliere senza delega. Ma significa che anche il figlio ebbe una parte nel pagamento delle consulenze sotto osservazione.
A onor del vero, secondo gli ispettori di Banca d' Italia, nel gennaio 2015, pure «il "Servizio program e cost management"» di Boschi junior, «espresse riserve sull' opportunità del conferimento» di quegli incarichi. Una segnalazione che arrivò però fuori tempo massimo, visto che dopo pochi giorni la banca venne commissariata.