Fabio Cavalera per il “Corriere della Sera”
«Ministri di ogni estrazione e talento». David Cameron presenta la nuova squadra di Downing Street, con più donne — sono nove, un record per il governo britannico — ed un esercito di euroscettici e addirittura eurofobici.
C’è chi sostiene che abbia compiuto un capolavoro di equilibrismo politico e chi, invece, che abbia accontentato le mille lobby del partito conservatore. In effetti, c’è di tutto: nostalgici di Margaret Thatcher e cauti modernizzatori, garantisti e partigiani della pena di morte, amici dell’impero Sky-Murdoch e amici della Bbc, oxoniani «posh» (laurea a Oxford e Cambridge) e umili ex lavoratori «working class», fedeli anglicani, cattolici e musulmani. Ma che cosa poteva fare? Meglio coinvolgere l’intera famiglia tory piuttosto che trovarsi il fuoco amico alla Camera dei Comuni.
Primo dato, le donne. David Cameron chiama al governo una discreta rappresentanza rosa (considerando le ministre e le viceministre). Ai tempi della Thatcher ve ne era una, oltre alla stessa Lady di Ferro. Con Tony Blair erano cinque. L’asticella si alza. Gli incarichi sono importanti: Interno, Istruzione, Energia, Ambiente, Cooperazione, Irlanda del Nord. Signore, quarantenni e cinquantenni, con storie e idee che magari hanno poco in comune. Theresa May (Interno) è contro l’Europa. Amber Rudd (Energia) è stata manager di banca e, pur dovendo gestire l’agenda del nucleare, è verde (Greenpeace giudica bene la nomina) e non completamente anti-europeista.
Poi c’è la baronessa Tina Stowell, con la carica di leader alla Camera dei Lord, figlia di un imbianchino e mai laureata, ex segretaria d’ufficio, che ha sostenuto i matrimoni gay. L’esatto contrario della collega Nicky Morgan (Istruzione) che inorridita votò contro. E Priti Patel (vice ministra all’Occupazione), figlia di genitori emigrati dall’Uganda, che sostiene la pena di morte ed è considerata vicina a una delle multinazionali del tabacco.
Donne divise. I maschi persino di più. Intanto sull’Europa, con gli euroscettici capitanati da David Cameron il quale ha messo in chiaro «che l’offensiva partirà subito perché questo è il mandato che abbiamo» (lo affiancano il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne e il ministro degli Esteri Phillip Hammond), con gli eurofobici che uscirebbero domani mattina dalla Ue (Iain Duncan Smith, il ministro del Welfare che taglierà 12 miliardi di spesa, Michael Fallon, ministro della Difesa e «orfano» della Thatcher, Michael Gove, il ministro della Giustizia), con i più aperti (Sajid Javid, genitori pachistani, ministro delle Attività produttive, sensibile alla voce di Confindustria britannica che reclama la permanenza in Europa).
Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte. Bravo Cameron, l’equilibrista. Al tavolo di Downing Street ha un ministro della Giustizia, Gove, che ha intenzione di stracciare lo «Human Right Act» (l’atto parlamentare che accoglie la Convenzione dei diritti umani), che adora Antonio Gramsci («il mio ispiratore della riforma scolastica», quando era all’Istruzione) ma che, pure lui, approverebbe l’introduzione della pena di morte mediante impiccagione.
Poi un ministro, Sajid David, che è musulmano ma dovesse scegliere vivrebbe in Israele e un ministro della Cultura, John Wittingdale, amico di Rupert Murdoch, che intende abolire il canone Bbc («un balzello vergognoso»). C’è anche spazio per Boris Johnson. Non ha deleghe essendo ancora sindaco di Londra. Scalderà la poltrona e i motori per la corsa a Downing Street fra cinque anni. Cameron accontenta tutti e comanda.