GRILLO SUONA E CANTA AL CIRCO MASSIMO
1. IL CASO M5S RIVENDICA IN RIMA BACIATA LA DERIVA KITSCH DEGLI INNI POLITICI
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Non c’eravamo ancora ripresi dal terribile spot in cui i Cinquestelle immaginavano come sarebbe stata la nostra vita se al posto dell’Euro fosse tornata la vecchia Lira, che già irrompe l’inno del Movimento, giusto in tempo per il grande raduno di Imola (evocato dal wroom, wroom iniziale) in programma per domani e dopodomani.
Si intitola «Lo facciamo solo noi» ed è una sorta di programma elettorale in musica che contiene tutti i grandi temi dei Cinquestelle: non prendere rimborsi, dare i soldi per costruire le strade, niente autoblù, la difesa dell’ambiente. E alla fine arriva la stoccata alla «casta»: «Accidenti a ‘ste marionette, fan più danni delle sigarette».
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Se la politica è anche rappresentazione qui siamo al grado zero della scrittura. Non che altrove vada meglio (gli inni, di solito, sono tremendi, ricordate quello di Forza Italia «Meno male che Silvio c’è?»); non che il precedente inno («Ognuno vale uno») fosse migliore; non che la semplificazione puerile non sia ormai un’arma comune del fare politica, ma qui le vette del kitsch sono da brivido.
Il kitsch (da tempo questa parola era finita nel dimenticatoio ma qui si affaccia con prepotenza) è un ideale estetico a portata di mano che se ne frega della metrica, preferendole la facile rima baciata («Noi diamo i soldi per fare le strade / loro distruggono la scuola pubblica / noi finanziamo le piccole imprese / loro le fottono con la politica / le autoblù le lasciamo alla casta / guadagniamo quel tanto che basta / per fortuna che qui prima o poi / governiamo noi»).
BEPPE GRILLO SUONA E CANTA AL CIRCO MASSIMO
Il kitsch, come dice Milan Kundera, è «il bisogno di guardarsi allo specchio della menzogna che abbellisce e di riconoscervisi con commossa soddisfazione» e allora giù con brutte immagini di una ragazza che corre felice in mezzo ai prati a leggere cartelli segnaletici (i famosi paletti piantati dai grillini). Il kitsch sono le belle parole e i manti da parata, sono i binocoli con cui la ragazza guarda un futuro pieno di stampanti 3D, auto a guida autonoma ed energie verdi.
BEPPE GRILLO SUONA IL PIANO PER IL FOTOGRAFO DI BILD jpeg
«Lo facciamo solo noi» è scritto da Simone Pennino e Andrea Tosatto (già autore dell’indimenticabile «In mille giorni si vedrà»). Tosatto, questo Apicella dei pentastellati, questa versione neomelodica di Luigi Di Maio, ne è anche l’interprete, il cantore immor(t)ale. Ogni inno non è mai innocente.
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2. CANTA CHE TI PASSA. ANCHE I CINQUE STELLE SI ADEGUANO MA GLI INNI DEI PARTITI SONO UNA VERA SCIAGURA
Alberto Di Majo per Il Tempo
L’inno più famoso è quello di Forza Italia, scritto da Silvio Berlusconi, con la musica di Renato Serio. È risuonato in tutte le manifestazioni del partito, dal 1993 fino alla nascita del Pdl, nel 2009. «Forza alziamoci/ il futuro è aperto/ entriamoci/ e le tue mani unite alle mie/ energie per sentirci più grandi/...E Forza Italia per essere liberi/ e Forza Italia per fare per crescere». Il movimento giovanile non è stato da meno e ha cantato «Azzurra libertà»: «Dammi la mano, dai/ e canta insieme a me/ il cielo è dentro noi azzurro più che mai/ e questa forza grande è così grande ormai dentro me, dentro te/ più grande che mai/ è come un fuoco acceso, dentro il cuore/ Azzurra libertà è il sogno che c’è in noi».
Come dimenticare, poi, nell’era dei partiti personali, «Meno male che Silvio c’è»: «Siamo la gente che ama e che crede/ che vuol trasformare il sogno in realtà/ Presidente siamo con te/ Meno male che Silvio c’è».
Il Partito democratico ha preferito invece puntare su grandi successi. Dalla «Canzone popolare» di Fossati, lanciata al tempo della premiership di Romano Prodi, a «Mi fido di te» di Jovanotti, canzone scelta dall’allora segretario e candidato a Palazzo Chigi Walter Veltroni.
Anche l’Udc ha un inno. Si chiama «Pace e libertà» ed è cantato da Luca Sardella (proprio lui): «Se restiamo uniti noi avanzeremo di più/ stringiamo le nostre mani giù dal cielo/ una gran pioggia di serenità. Un futuro migliore/ e batte forte il cuore/ e nasce un grande amore».
Non è ufficiale, invece, la canzone dell’Italia dei Valori, il partito fondato (e poi abbandonato) da Di Pietro: «Viva l’Italia dei Valori/ non vi sentirete soli se la notte arriverà».
Accuse di plagio sono state scagliate, invece, contro l’inno dell’Udeur, che sarebbe uguale a «Bambina impertinente» di Carmen Consoli. La canzone del partito di Mastella ha strofe più semplici: «Al centro del Paese/ nei cuori della gente/ per ridare serenità. Sì verrà/ sì verrà/ presto verrà/ Udeur verrà». Più solenni le noti de La Destra: «Siamo figli dell’Italia e serviamo il tricolore».
Clemente Mastella e Rita Caldana
Bisogna fare un passo indietro per ritrovare la canzone di Alleanza Nazionale: «Libertà di credere nel domani, nella nostra Italia che può crescere/ nella nostra buona volontà». Inneggia alla secessione e al popolo padano la canzone della (vecchia) Lega Nord che, almeno nelle grandi iniziative, ha sposato il «Va’, pensiero» di Verdi.
Ora in «classifica» arriva l’ultima canzone del MoVimento 5 Stelle, scritta da Simone Pennino e Andrea Tosatto per celebrare l’evento che si svolgerà a Imola tra un mese. «Lo facciamo solo noi/ di salire sopra il tetto/ di pretendere rispetto/ da chi proprio non ce n’ha». Il blog di Grillo non va per le lunghe. Un post, a firma del consigliere bolognese Bugani, prescrive: «Dobbiamo impararla a memoria prima del 17 e 18 ottobre perché a Imola dovremo cantarla tutti insieme».
Ovviamente il testo segna la differenza tra i pentastellati e gli altri partiti (vecchia tattica di comunicazione usata un po’ da tutti): «Noi diamo i soldi per fare le strade/ Loro fan fuori la salute pubblica/ noi lavoriamo anche quando è Natale/ a loro sembra che è sempre domenica/ accidenti a ’ste tre marionette/ fan più danni delle sigarette/ per fortuna che qui prima o poi/ governiamo noi».
A occhio e croce nessuno dei testi potrebbe sbarcare a Sanremo. Anche perché, si sa, non sempre i politici vogliono «cantare».