Giovanna Casadio per la Repubblica
«Chiusa la partita-governo, partirà l’operazione-partito ». Matteo Renzi lo va ripetendo nonostante le ore convulse a Palazzo Chigi. In un Pd lacerato e confuso, sotto schiaffo per le divisioni tra il Sì e il No sul referendum costituzionale, è saltato il gioco delle parti: non è la sinistra dem a fare pressing per una resa dei conti nel congresso anticipato, ma è lo stesso Renzi a giocare in contropiede.
E convoca l’Assemblea dei mille, il “parlamento” del partito, tra una settimana, il 18 dicembre. Lì Renzi si presenterà con una proposta per il congresso subito, a marzo-aprile. Si dichiarerà stabilmente in sella per traghettare il Pd a congresso.
Del resto il rimescolamento tra i democratici è totale. Decisivo per Renzi è il rapporto con Dario Franceschini, il ministro dei Beni culturali con cui i rapporti sono diventati tesi negli ultimi mesi, e che resta tuttavia l’azionista di maggioranza del cosiddetto PdR, il Pd di Renzi. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, un tempo lettiano («Ma le vecchie correnti non esistono più») fa partire il tam tam sul congresso senza porre tempo di mezzo: «Ce lo chiedono gli iscritti, i militanti, il congresso va fatto e subito: è l’unica chance in un Pd lacerato». Boccia si definisce un «apolide» che insieme agli altri «apolidi dem», cioè democratici senza corrente, è in cerca di un candidato per le primarie prossime.
francesco boccia antonio polito
Tutti a caccia dello sfidante di Renzi. Per gli “apolidi” come Boccia, in pole position c’è Michele Emiliano, governatore della Puglia, che al referendum ha votato No, ma non ha fatto campagna elettorale contro il Pd renziano: un candidato segretario gradito alla sinistra e che sfonda anche a destra. «I cavalli da corsa si schiereranno quando il congresso sarà fissato », è l’altra riflessione di Boccia. Emiliano ieri dichiara: «Se vuole gestire la transizione verso il congresso, Renzi dovrebbe dimettersi da segretario». Poi precisa che l’importante è avviare il congresso, se «Renzi vuole guidare la transizione fino al prossimo congresso lo fa, se no ci sono i due vice segretari, non cambia niente».
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Roberto Speranza, leader della sinistra bersaniana che si è impegnata per il No, è il candidato in pectore più quotato della sinistra dem. Non è ancora una candidatura ufficiale. Continua a non confermare: «Certo congresso presto, perché è urgente parlare del partito.
Ma noi siamo concentrati sull’iniziativa del 17 dicembre a Roma ». Argomento: «Un nuovo Pd per ricostruire il centrosinistra. E restiamo a questo». Il 19, poi, manifestazione dell’altra sinistra dem, quella di Gianni Cuperlo, reduce dal Sì al referendum, a Bologna: ci saranno il sindaco Virginio Merola, Andrea De Maria, Sandra Zampa e Giuliano Pisapia, l’ex sindaco di Milano che si propone di federare la sinistra.
Tempo di riposizionamenti. Ma anche gara tra “renziani” e “renzisti” - definizioni coniate da Arturo Parisi, il padre con Prodi dell’Ulivo - per distinguere tra i “ragionevoli” Graziano Delrio, Matteo Richetti (renziani) e gli “ultrà” Luca Lotti e Francesco Bonifazi.
A sorpresa una critica nei confronti di Renzi la fa Vincenzo De Luca, il governatore della Campania che ha sollevato un putiferio per l’invito agli amministratori dem di fare di tutto, «anche offrire una frittura», pur di convincere al Sì.
Dichiara ora, De Luca: «Un apprezzamento va a Agnese Renzi, è meglio del marito, senza che Renzi se la prenda: su di lui hanno pesato certi atteggiamenti di esuberanza e strafottenza giovanili ». Nelle grandi manovre verso il congresso in molti sondano lo spazio di una candidatura. Andrea Orlando è tentato, ma molti nella sua corrente, quella dei “turchi”, gli consigliano di trovare un accordo con Renzi.
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI