Salvo Palazzolo per “la Repubblica”
Annotava tutto con una precisione maniacale. Da una parte i nomi, dall’altra le cifre delle mazzette pagate per partecipare a tanti appalti a livello nazionale. L’imprenditore agrigentino Massimo Campione non si separava mai dalla sua lista. Quindici fogli. Dieci scritti a penna blu, su carta intestata “Edilmeccanica G. Campione srl”, altri cinque stampati al computer. Sono i quindici fogli che adesso fanno paura alla politica siciliana e nazionale. Perché Campione ha accettato di collaborare con la squadra mobile e con la procura di Palermo. E da dal 5 settembre ha già riempito pagine e pagine di verbali per dare un’identità chiara a quei nomi che aveva segnato.
Il presidente di Rfi, Dario Lo Bosco, era «albero» oppure «sottobosco ». Nel primo verbale davanti ai pm, dopo la scoperta del libro mastro nella sua auto, Campione aveva provato a depistare. «Quelli sono solo riferimenti a un vecchio amico con cui mi confido in certi momenti di subbuglio emotivo. Niente a che fare con il presidente di Rfi». Ma le indagini della squadra mobile diretta da Rodolfo Ruperti lo hanno convinto a cambiare linea. Da mesi, Campione era sotto controllo, rischiava pure lui di finire in manette per tangenti.
Nelle intercettazioni ci sono i suoi rapporti strettissimi con manager di Stato e politici siciliani impegnati a livello nazionale. Altro che compagni di scuola da cercare nei momenti di «subbuglio emotivo». Così scrivono i pm nel loro atto d’accusa: «Emerge la vicinanza e la confidenza di Campione con personaggi di alto profilo istituzionale in ambito aeroportuale, con scambi di notizie e consigli apertamente riferibili a lavori tecnici da compiersi in appalto». Campione parlava anche di Lo Bosco al telefono, alla sua segretaria diceva: «L’amico che abbiamo incontrato a Roma, lui ritiene che in questa attività ci sono 20 anni di lavoro».
C’è il cuore di tanti affari e tante relazioni in quelle quindici pagine. « Chi ci cuntu? — si dispera lui in auto, dopo che i poliziotti l’hanno fermato a un finto posto di blocco e gli hanno sequestrato il libro mastro — consumato sono». I suoi verbali sono adesso coperti da un rigido segreto istruttorio. Non si sa ancora chi siano «Peppe», «Salvatore », «Mario», «Crisene», «Sartorio », «Rino Gibilio». Si sa, invece, che «Lo Bello» è un geometra: «Non è l’assessore regionale Mariella Lo Bello», precisa Campione in un verbale contenuto nell’ordine di arresto per il presidente di Rfi.
Le parole dell’imprenditore che fa tremare la Sicilia sembrano adesso il manuale del perfetto tangentista. La richiesta della mazzetta può arrivare anche durante una passeggiata per le vie di Palermo, nel mezzo di un amarcord fra due ex compagni di scuola.
Lo Bosco chiede qualcosa per sé e per un suo amico, il professore Giovanni Tesoriere, preside della facoltà di Ingegneria della Kore di Enna. «Dagli una mano», dice il presidente di Rfi. E Campione non si tirò indietro. «Diverse tranche li ho pagati per strada a Lo Bosco, trentamila davanti alla sede dell’azienda siciliana trasporti, di cui è pure presidente. A Tesoriere ho pagato 37.500 euro in contanti, fra le barche del porticciolo della Cala».
Anche l’appalto per l’ammodernamento delle rete di comunicazione della Forestale siciliana porta presto Campione su un palcoscenico nazionale. Racconta: «Subito dopo l’aggiudicazione di quel lavoro da 25 milioni mi venne a trovare un politico del Nord, se non erro un ex repubblicano, dicendomi che agiva per conto dell’azienda Selex e che alcune forniture riguardanti i digital mobile radio le avrebbero fatte loro a tutti i costi ».
Anche uno dei dirigenti del Corpo forestale arrestati aveva sollecitato Campione a darsi da fare con i palazzi romani: «Marranca mi invitava a cercare appoggi politici per intervenire sul ministero dello Sviluppo Economico — spiega Campione — bisognava convincere Rai Way a concedere un diritto di passaggio sui loro terreni, per collocare dei tralicci».
Ma, questa volta, sostiene l’imprenditore, lui non si mosse con la politica. Anche se i dirigenti della Forestale continuavano a stressarlo per gestire l’appalto a modo loro. Ovvero, dietro pagamento di laute tangenti. «Devi uscire i soldi», diceva Quattrocchi. E insisteva: «Stai attento che sono un pazzo, vedi di darmi quello che mi spetta». Marranca non si accontentò dei soldi: «Ho bisogno che lavorino mia figlia e la mia compagna ». E Campione accontentò anche questa richiesta.